«Vostro figlio ha 8 anni. Lo volete?»

Antonella ha 43 anni. Assieme al marito Tiziano, di 44 anni, è partita in Bulgaria per adottare un bimbo di otto anni che, con un nome di fantasia, chiameremo Gabriel. «Ci siamo accorti molto presto che non potevamo avere figli – racconta Antonella, iniziando dal suo passato –, all’inizio della nostra convivenza. Così, dopo due anni trascorsi tra accertamenti e cure, abbiamo deciso: ci saremmo avvicinati all’adozione».

Il matrimonio. «La prima cosa che abbiamo fatto è stata sposarci, perché eravamo solo conviventi. Nel 2006 abbiamo iniziato a fare i nostri giri presso i vari Enti e alla fine abbiamo scelto Ai.Bi.: ci è sembrato l’Ente più serio e siamo rimasti colpiti dai corsi che ci ha proposto: siamo tornati a casa più motivati e pronti a intraprendere il lungo percorso che ci aspettava».

Dall’infertilità alla sterilità feconda, dunque. «La nostra è stata una lunghissima gravidanza, ma ne è valsa la pena. Siamo partiti per la Bulgaria un po’ confusi ma pieni di grinta e di speranza. Il mio primo forte ricordo, appena messo piede in Istituto, è quello di tantissimi bambini sorridenti che ci venivano incontro, accogliendoci calorosamente. Ma io con lo sguardo cercavo solo lui».

Il primo incontro. «All’inizio siamo saliti nell’ufficio della Direttrice dell’Istituto per sbrigare le prime pratiche per l’adozione. Che emozione. Dopo un po’ ci hanno portato il nostro bimbo. Non ho potuto farne a meno: subito i miei occhi si sono riempiti di lacrime. Avevo portato dei giochi per lui e delle caramelle. Gliele ho mostrate e le ha divorate in un momento».

Famiglia da subito. Con Gabriel, trascorsi i primi giorni di adattamento, Antonella e Tiziano sono ripartiti a casa. «Il ritorno in Italia è stato molto lungo. L’unico pensiero che ci incoraggiava era la felicità di portarlo a casa, tanto che, appena scesi dall’aereo, lui mi ha chiesto se eravamo in Italia. Ho visto il suo viso illuminarsi quando gli ho risposto di sì! Devo dire che il nostro è stato un ritorno particolare, abbiamo preferito che non ci fosse nessuno ad aspettarci a casa. Non volevamo che Gabriel, già stanco del viaggio, conoscesse tutta la nostra famiglia in un solo giorno. Ad attenderci però c’era un bellissimo cuscino con il disegno di un aereo e due bandiere, una dell’Italia e una della Bulgaria, e tanti dolci e confetti incorniciati da uno striscione di benvenuto al nostro Gabriel.
Il giorno successivo ha conosciuto i nonni e gli altri parenti. Si è dimostrato da subito un bambino vivacissimo, molto socievole, che ama stare con i coetanei. Anche se all’inizio io e mio marito eravamo titubanti, vista l’età già grande del bambino, ora siamo felici della nostra scelta e la rifaremmo mille volte. È vero, ci vuole del tempo per metabolizzare le novità. Ma ora che ci siamo riusciti siamo felicissimi. Viviamo come in una bolla di sapone: ci siamo solo noi tre. Se posso dare un consiglio a chi, come noi, vuole intraprendere questo percorso, posso dire solo una cosa: non abbiate paura. Io ci ho messo un po’ di tempo a sentirmi mamma ma ora so che ne è valsa la pena».