Adozioni in RDC. Appello delle famiglie a Renzi: “Dopo 26 mesi di attesa chiediamo un sensibile cambio di rotta all’interno della Commissione adozioni internazionali”

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Presidente Renzi, trovi Lei il modo affinché le giuste persone svolgano la corretta attività in seno alla Commissione adozioni internazionali. Dalla Cai si sentono tradite le 23 coppie di mamme e papà che giovedì 26 novembre, in una conferenza stampa alla Camera dei Deputati, con il sostegno di parlamentari di diversi schieramenti, hanno ripercorso le tappe del loro calvario. “La commissione tace, non ci spiega”, denunciano. E si chiedono: “A cosa ancora ci possiamo attaccare davanti a questa totale incertezza nella quale siamo costretti a vivere da oltre 2 anni?”

La disperazione delle famiglie in attesa di poter riabbracciare i loro figli adottivi bloccati da più di 2 anni nella Repubblica Democratica del Congo risuona nuovamente nelle aule di Montecitorio. Appellandosi direttamente al premier Matteo Renzi, queste 23 coppie chiedono un “sensibile cambio di rotta” nella gestione della situazione che li vede, loro malgrado, protagoniste insieme ai loro figli. La conferenza stampa arriva 3 mesi e mezzo dopo l’analoga iniziativa del 5 agosto. Da allora nulla di sostanziale è cambiato e la vita di queste famiglie continua a essere scandita “dai ritmi della quotidianità”, ma anche “dalle ansie, dalle paure, dal dolore di vedere crescere” i loro figli “senza avere la possibilità di abbracciarli”.

Nei 26 mesi trascorsi dal 25 settembre 2013, quando le autorità di Kinshasa hanno deciso il blocco del rilascio dei visti di uscita per tutti i bambini adottati, “due riunioni presso la Commissione Adozioni Internazionali e qualche mail – denunciano le 23 famiglie – sono francamente poche per esprimere soddisfazione”.

Le poche informazioni ottenute sono state “sudate”, attraverso manifestazioni pubbliche di protesta o grazie alla sensibilità dimostrata dal ministero degli Affari Esteri. Anche la notizia dello sblocco delle procedure per 69 bambini, 10 dei quali adottati da famiglie italiane, deciso da Kinshasa il 2 novembre è stata appresa solo attraverso i media, mentre i genitori interessati sono stati avvertiti dalla nostra Autorità Centrale solo 9 giorni dopo. Nonostante questo, “la Cai tace e dice di non credere a quanto pubblicato dai giornali.

Per il resto, solo illusioni. Negli incontri tra famiglie in attesa e Cai, tenutisi a novembre 2014 e tra settembre e ottobre 2015, “è stato detto che i dossier italiani erano perfetti e che le nostre istituzioni non avrebbero accettato rilasci parziali di bambini”. A novembre 2014, si è ricordato durante la conferenza stampa, “addirittura si parlò di aeroplani di Stato già in pista e in fase di rullaggio e menù speciali a bordo per i bimbi”. Si assicurò anche che “una volta ottenuto il visto della Direzione Generale della Migrazione congolese, la partenza sarebbe stata pressoché immediata”. Ma per le 10 coppie oggetto del provvedimento del 2 novembre sono già passati oltre 20 giorni senza che vi sia stata alcuna evoluzione positiva. Al contrario di quanto accaduto per altri Paesi, presentati come meno virtuosi del nostro, i cui bambini sono tutti o in parte già arrivati a destinazione. Nel frattempo sarebbero arrivati in Italia altri 7 bambini, non compresi nel gruppo dei 10 previsti dal provvedimento del 2 novembre, i cui dossier sarebbero stati depositati  preso l’ Ambasciata italiana a Kisnhasa.

La regolarità delle procedure italiane, quindi, non avrebbe sortito alcun effetto positivo. Di fronte all’incertezza più assoluta che continua a regnare, le 23 coppie evidenziano come “di questa regolarità non si sono saputi trarre i dovuti benefici”. “Dalle nostre istituzioni ci si aspettava un impegno diplomatico – affermano le famiglie – eppure dal maggio 2014 non ci risulta che qualcuno della Cai si sia recato nella Repubblica Democratica del Congo e nemmeno che la Commissione abbia contatti diretti con il nostro ambasciatore a Kinshasa”.

A 17 mesi dal maggio 2014, quando il governo attuale raccolse i frutti del lavoro del precedente esecutivo e portò a casa 31 bambini congolesi adottati, le famiglie si dicono “costrette con rammarico a palesare lo stato di totale abbandono e indifferenza nel quale (sono) costrette a dimenarci e a fronte del quale le rassicurazioni e le informazioni fornite sono state clamorosamente smentite dai fatti e riecheggiano profili evidentemente fallimentari dell’azione istituzionale”.

Invocando un netto cambio di rotta, quindi, le 23 famiglie si dicono non più disponibili a confrontarsi con un’istituzione che gestisce questo “dramma” “chiusa nel palazzo, senza aprirsi al dialogo”. Al contempo si chiede di poter collaborare con il ministero degli Esteri e con le istituzioni congolesi. Un appello viene rivolto infatti al presidente Kabila affinché, “in nome del diritto naturale”, voglia concedere a questi figli “di giungere finalmente nelle loro case”.  “Vogliamo sapere in modo chiaro che cosa accadrà a noi e al futuro dei nostri figli – concludono le 23 coppie -. Qualunque sia la verità”.

 

Fonte: Camera dei Deputati, Ansa, Adn Kronos