Adozioni internazionali. Il mistero dei dati non pubblicati dalla Cai. L’Aja bacchetta l’Italia e le famiglie si attivano da sole

adozioni 400 286

Lo scorso 12 ottobre nel corso della sua audizione alla Camera, la vicepresidente della Cai (Commissione Adozioni internazionali), Silvia Della Monica a proposito della mancata pubblicazione degli annuali report statistici sulle adozioni internazionali realizzate in Italia nel 2014 e 2015, ha dichiarato: “la tabella pubblicata sul sito della Cai è anche sul sito del segretariato de L’Aja, mi riesce difficile comprendere come sia possibile mettere in discussione dei dati che sono certificati da L’Aja”. 

Pochi minuti prima aveva precisato che “non c’è obbligo per la Cai di fornire i dati” e che quella sulla mancata pubblicazione degli stessi è “una polemica strumentale attorno a un falso problema che nulla ha a che fare con l’inadempienza” .

Bene tutte dichiarazioni facilmente smentibili. Il Permanent Bureau de L’Aja non ha fra i propri compiti quello di certificare, ma semplicemente quello di raccogliere e pubblicare sul proprio sito i dati inviati dalle varie Autorità Centrali. Come dimostra, infatti il sito ufficiale de L’Aja dove è pubblicato il rapporto statistico dal 2004 al 2014 dei principali Paesi di origine e di accoglienza dei minori adottati, realizzato da Peter Selman, dell’Università di Newcastle.

Quindi un ente esterno che si “limita” a raccogliere i dati forniti dalle Autorità centrali e/o competenti dei vari Paesi senza pretesa di totale esaustività tanto è vero che lo stesso Selman precisa “Comments, corrections and suggestions by e-mail are welcome”.

Nasce allora spontanea una domanda. Se fosse, come affermato da Della Monica, che L’Aja certifica i dati, che bisogno ci sarebbe da parte dell’Università di Newcastle nel precisare che sono ben accetti “commenti, correzioni e suggerimenti?”.

 Sulla situazione italiana, inoltre, nello specifico L’Aja rileva che i dati relativi al 2014 non sono completi: precisa infatti che “Detailed statistics for Italy (total only available) awaited’.

Evidentemente la CAI non ha fornito i numeri dei bambini adottati Paese per Paese limitandosi a fornire semplicemente e riduttivamente il dato complessivo dei minori accolti, pari a 2206.  Tanto è vero che nella seconda tabella una nota specifica “Based on 23 states (excluding Italy)

Che fare allora? Di fronte a questa situazione di totale mancanza di trasparenza e legalità, le famiglie italiane non hanno altra strada che attivarsi direttamente chiedendo di conoscere i dati che dovrebbero essere pubblici da tempo.

Da qui l’iniziativa di famiglie esasperate per la latitanza di un’istituzione come la CAI (anche la nuova presidente Maria Elena Boschi sembra essere scomparsa prima ancora di iniziare a lavorare) che si attivano divulgando via social dei moduli con cui chiedere l’accesso agli atti, ovvero di potere conoscere i dati relativi alle adozioni internazionali effettuate dall’Italia.

Questo nella speranza di ricevere un riscontro perché, come evidenziato nei tweet delle stesse coppie, #unpaesecivilerisponde.