“Aiutiamoli a casa loro”? Ecco cosa fare di concreto per i siriani

Siria AiBi consegna ciboOrmai è diventata una frase di rito, una sorta di mantra da ripetere ogni qualvolta assistiamo a una nuova tragedia del mare o si polemizza sull’accoglienza dei migranti in Italia: “aiutiamoli a casa loro”. Perché la nostra è piena, non c’è più spazio neanche per uno spillo, figurarsi per degli esseri umani che fuggono dalla guerra, dalle persecuzioni etnico-religiose o da chissà quale altra tragedia capace di sradicarli dalla loro terra.

È una specie di paravento morale, dietro il quale ci ripariamo, mentre sorseggiamo quieti un tè freddo in riva al mare: “aiutiamoli a casa loro”. E qui ci fermiamo, su questa frase di circostanza, perché oltre non possiamo andare: abbiamo fatto la nostra parte, abbiamo indicato la soluzione, abbiamo trovato la quadratura del cerchio. Se li aiutiamo a restare nel loro paese, facciamo felici loro e ci risparmiamo una convivenza indesiderata. Due piccioni con una fava.

In realtà, al netto dell’ironia e dell’approccio “solipsistico”, il ragionamento non solo ha una logica, ma è coerente con i principi internazionali dell’intervento umanitario. Intervenire sulle cause che producono il problema è sempre preferibile, rispetto a trattarne gli effetti.

Ma chi, esattamente, dovrebbe “aiutarli a casa loro”? In che modo? E soprattutto: cosa possiamo fare di concreto noi, per dare corpo e consistenza a parole che altrimenti rischiano di rimanere soltanto “flatus vocis”?

Perché in effetti, in assenza di soluzioni e di un impegno reale e fattivo, sarebbe più corretto e onesto dire: “Qualcuno li aiuti a casa loro”. E qui il ragionamento comincerebbe a scricchiolare sotto il peso dell’incoerenza.

Eppure, la possibilità di dare credibilità a quello che rischia di apparire come uno “slogan” di comodo, buono per fare propaganda politica o mettersi la coscienza in pace, ci sarebbe: basterebbe guardarsi intorno e informarsi, per scoprire che c’è un intero mondo di organizzazioni umanitarie impegnate in prima linea per arginare il fenomeno dell’emigrazione. A partire innanzitutto dai paesi di provenienza, per lo più Africa e Medio Oriente.

Tra queste c’è anche Amici dei Bambini, che da oltre un anno sta realizzando interventi di emergenza finalizzati proprio ad aiutare i siriani “a casa loro”. Come? Supportando le comunità locali colpite dal conflitto e fornendo alle famiglie più vulnerabili beni e servizi essenziali, senza i quali sarebbero costrette a spostarsi e a migrare. Che si tratti di farina per produrre il pane, di latte in polvere per i neonati, di spazi sicuri per donne e minori. Non a caso, la campagna di Sostegno a Distanza dedicata alla Siria s’intitola “Io non voglio andare via!”, e s’inserisce nel più ampio progetto denominato “Bambini in Alto Mare”, che fra gli obiettivi principali ha quello di contenere i flussi migratori.

I programmi di assistenza umanitaria realizzati finora da Ai.Bi. nella provincia di Idlib non avranno impedito a milioni di famiglie di rifugiare all’estero, ma di certo hanno dato a centinaia di esse una possibilità in più di scegliere. E di rimanere, laddove le condizioni di sicurezza lo hanno permesso.  Si tratta di una risposta concreta a quanti si sentono minacciati dall’arrivo di nuovi barconi e vanno ripetendo “aiutiamoli a casa loro”; è una soluzione credibile, perchè poggia su risultati oggettivi e verificabili.

La Siria, infatti, è uno dei principali paesi di provenienza dei rifugiati che approdano sulle coste italiane. In questo senso, è vero: aiutando i siriani a rimanere nel loro paese, non solo rispondiamo a una loro precisa esigenza, ma contribuiamo a prevenire lo sfollamento e i rischi connessi, specie quelli legati ai cosiddetti “viaggi della disperazione”.

Quale migliore occasione, dunque, di trasformare le parole in azione, se non dimostrare un po’ di solidarietà verso le sofferenze del popolo siriano?

 

Luigi Mariani
Country coordinator di Ai.Bi. in Siria

 

Ai.Bi. ha lanciato la prima campagna di Sostegno a Distanza per aiutare le famiglie siriane a restare nel proprio paese e continuare a crescere i propri figli in condizioni dignitose, nonostante la grave crisi. Cibo, salute, scuola, casa, gioco: queste le cinque aree d’intervento. Per avere maggiori informazioni sull’iniziativa e per dare il tuo contributo, visita il sito dedicato.