André e Sara dal Brasile: farsi carico a 20 anni del futuro dell’adozione

André e Sara. Un avvocato e una giornalista. Hanno 22 e 27 anni, sono laureati in giurisprudenza e in giornalismo. Entrambi hanno origini italiane. Il 18 gennaio sono atterrati in Italia, a Milano, assieme a una delegazione di altri 8 giovani laureati o studenti universitari, per seguire un corso di formazione alla cooperazione finanziato dal programma intergovernativo Italia/Brasile Giovani Altrove.

Entusiasti dell’interscambio culturale e perplessi per la nevicata di quest’anno: ecco il ritratto dei due giovani André e Sara, provenienti da storie familiari vicine al mondo dell’adozione e del sostegno a distanza. Li intervistiamo. Tra qualche timidezza iniziale e qualche difficoltà di lingua, alla fine ci mettiamo d’accordo: loro parleranno un poco di italiano e noi un poco di brasiliano, e ci capiremo. Iniziamo a conoscerli. «Ho fatto l’iscrizione per entrare nel Consiglio degli Avvocati, il nostro albo professionale – dice André –. Tornato in Brasile sosterrò l’esame. Mi piacerebbe lavorare da legale nel ramo adozioni. Nel 2009 il Brasile ha migliorato la legislazione sull’adozione, adesso è estremamente più specifica. Eppure manca personale legale che sappia occuparsene». Come ti vedi un domani? «Mi piacerebbe fare un concorso pubblico da procuratore della Repubblica, in Brasile, oppure diventare difensore pubblico, a disposizione di persone che non possono permettersi il pagamento di un avvocato». Quando aveva 12 anni André accompagnava la nonna, italiana di nascita, che svolgeva lavori di traduzione per Ai.Bi. e da allora il mondo dell’adozione ha iniziato a piacergli. Così lo scorso anno ha colto la palla al balzo ed è entrato nel progetto Giovani Altrove.

Sara invece ha madre brasiliana e padre italiano di origini venete. A Milano svolge un breve stage di giornalismo e comunicazione. Sua madre ha lavorato a contatto con Ai.Bi. a Senhor de Bonfim, Bahia e così Sara è stata attratta dalla prospettiva di lavorare per i bambini. Non ha mai lavorato finora con organizzazioni no-profit ma, incuriosita dalla nuova esperienza, ha lasciato il vecchio lavoro di ufficio stampa per un’azienda brasiliana («Non mi piaceva più», ha confidato) ed è partita per l’Italia. «Mai lavorato prima d’ora per i bambini, ma è interessante, soprattutto è importante – dice –.È il potere della parola. Credo che sia molto importante comunicare al cuore e alla testa delle persone una realtà come quella dell’abbandono e dell’adozione. Far conoscere agli altri: è il primo passo per cambiare le cose, no?». Che giornalista vorresti essere un giorno? «Vorrei lavorare con gli immigrati. Mi interessa molto quell’argomento: non so bene ancora in quale settore, ma mi piace lavorare con le diversità culturali».