Attacchi chimici a Binnish: non lasciamo che agisca su di noi il “gas” dell’indifferenza

Bambini attacco chimico Binnish«Speriamo che il mondo si svegli presto e che non si ripeta un altro 21 agosto 2013.» Così mi ha scritto ieri un mio collega siriano di Binnish, con riferimento ai recenti attacchi chimici avvenuti a nord di Idlib.

21 agosto 2013: una data che a molti non dirà nulla, ma che per i siriani rappresenta una ferita profonda, ancora aperta. Quel giorno, a Ghouta, un sobborgo a est di Damasco, centinaia di persone – tra cui molte donne e bambini – persero la vita a seguito del lancio di alcuni razzi contenenti gas sarin. Le immagini strazianti dei corpi allineati per terra fecero il giro del mondo, e per poco non provocarono l’intervento militare degli Stati Uniti. Poi cominciarono i distinguo, i dubbi, i calcoli politici, e a tutt’oggi non sono stati individuati ufficialmente i responsabili della strage, né c’è una stima precisa delle vittime.

Lo scorso anno, poco dopo il mio arrivo in Turchia, ebbi modo di parlare con un medico siriano che si trovava a Damasco proprio il giorno dell’attacco; lavorava in uno degli ospedali che accolsero centinaia di intossicati in quelle ore frenetiche e convulse. «Ne arrivarono prima cinque, poi dieci, poi cento, fino a che non potevamo più contenerli e siamo stati costretti a trasportarli altrove.»

Mi descrisse i sintomi dell’intossicamento, le sofferenze atroci patite dai pazienti, il senso d’impotenza dei medici di fronte a una tragedia improvvisa e di così vaste proporzioni. Quando gli chiesi il suo parere su chi fosse dietro al massacro, facendogli presente i dubbi che circolavano a livello internazionale, mi disse: «Per noi è così evidente chi è stato, che le potrebbe rispondere anche un bambino

Io non so chi abbia lanciato quei razzi, forse non m’interessa nemmeno saperlo. Non è il mio lavoro, quello di definire responsabilità o perseguire i colpevoli dei crimini di guerra. Pretendo però che si faccia il possibile, a qualsiasi livello, per evitare che si ripetano episodi del genere e che altri innocenti paghino per l’inerzia della politica e della diplomazia internazionale.

Ora, a essere colpite sono proprio le famiglie che da mesi, con Amici dei Bambini, stiamo cercando di aiutare, non senza difficoltà. A distanza di quasi due anni dall’attacco di Ghouta, infatti, l’utilizzo di armi chimiche è ripreso con una certa intensità, proprio nelle zone dove Ai.Bi. è presente con i suoi progetti di assistenza umanitaria. Si parla di cloro, questa volta, un agente chimico meno potente del gas sarin, ma che si è rivelato comunque letale.

Ai.Bi. ha denunciato pubblicamente l’uso di armi chimiche a Binnish e Sarmin, con un comunicato ufficiale che potete leggere qui.

Diffondete, se potete. Aiutateci a rompere il silenzio su quanto sta accadendo in questa zona della Siria. Non lasciamo che agisca anche su di noi il “gas” soporifero e letale dell’indifferenza.

 

Luigi Mariani
Country coordinator di Ai.Bi. in Siria

 

Ai.Bi. ha lanciato la prima campagna di Sostegno a Distanza per aiutare le famiglie siriane a restare nel proprio paese e continuare a crescere i propri figli in condizioni dignitose, nonostante la grave crisi. Cibo, salute, scuola, casa, gioco: queste le cinque aree d’intervento. Per avere maggiori informazioni sull’iniziativa e per dare il tuo contributo, visita il sito dedicato.