Australia, dall’utero in affitto può uscire il figlio “sbagliato”. O quello che non piace

utero in affittoA chi non è capitato almeno una volta, dopo aver fatto la spesa, di essersi trovati un prodotto diverso da quello desiderato? Se accade al supermercato, poco male. Ma quando il “supermercato” è quello dei bambini, le conseguenze sono drammatiche. Effetto della fecondazione eterologa e del mercato selvaggio degli uteri in affitto che, specie in alcuni Paesi poveri, diventa fonte di sostentamento per tante donne che prestano il proprio ventre e riservano brutte sospese ai “committenti”. Che spesso decidono di scartare il neonato non conforme alle proprie aspettative.

L’ultimo caso arriva dall’Australia. È quello di 2 aspiranti genitori che, dopo aver tentato in tutti modi di concepire un figlio, di sono affidati all’utero in affitto di una donna indiana. Dal quale, però, è uscito un bebè con un Dna che non corrispondeva affatto al loro.

Un rapporto sulla maternità surrogata, redatto dalla procura generale di Canberra, ha messo in luce anche altri casi analoghi. Dall’indagine, portata avanti dal 2012, emerge che l’episodio citato è tutt’altro che isolato e che molti sono i problemi irrisolvibili legati alla maternità surrogata. Emblematici altri 2 casi che hanno visto protagonisti cittadini australiani. Il primo è quello di un uomo che ha scoperto di non avere alcun legame genetico con le due gemelle ottenute tramite affitto dell’utero, sempre in India e sempre a causa di un errore nella procedura di fecondazione. L’altro episodio riguarda invece una coppia che ha preso in custodia un bambino nato in India da una mamma surrogata, scoprendo solo in un secondo momento che il suo patrimonio genetico era totalmente estraneo.

Oltre alle notizie di errori nella pratica di fecondazione in vitro, vi sono anche quelle di figli prima voluti, poi “prodotti” con l’eterologa e quindi scartati perché non più graditi. Qualche tempo fa, l’emittente televisiva Abc ha raccontato la storia di 2 coniugi che nel 2012 avevano avuto 2 gemelli, un maschio e una femmina, sempre da una madre surrogata indiana. Dopo il parto, però, la coppia avrebbe deciso di portare a casa solo la femmina. Motivo? Un figlio maschio lo avevano già. A niente sarebbero valsi gli sforzi dell’ambasciata di tentare di convincere i genitori ad accettare entrambi i neonati: alla fine, le istituzioni hanno dovuto registrare la cittadinanza australiana solo per la femmina.

Tutte storie, queste, che richiamano l’attenzione sul “commercio dei figli” in Australia, tornato alla ribalta a fine agosto 2014 con il caso del piccolo Gammy: concepito in Thailandia grazie all’utero di una ragazza 21enne, fu poi abbandonato perché affetto dalla sindrome di Down, mentre il suo gemello, sano, fu portato via dalla coppia “committente”.

Dopo anni di “incidenti” come questi, ora India e Thailandia, mete preferite del “turismo procreativo” australiano, tentano di arginare questo mercato incontrollato, proponendo regole più rigide.

 

Fonte: Tempi