La causa di Ai.Bi. contro il Ministero della Giustizia: la class action spiegata parola per parola

Una class action contro via Arenula. A scatenare l’inedita offensiva giudiziaria è Ai.Bi., l’Associazione Amici dei Bambini, che accusa il ministero della Giustizia di non aver ancora istituito la banca dati dei minori adottabili e delle coppie disponibili all’adozione, prevista da una legge del 2001, che archiviava la storia pluricentenaria degli orfanotrofi.

Tutti i soggetti danneggiati dalla mancata creazione della banca dati, «possono aderire alla causa mediante la procedura della class action e potranno intervenire nel giudizio per chiedere insieme la condanna del ministero» annuncia la ong, costituita da un movimento di famiglie adottive e affidatarie.

E il Tar Lazio ha fissato per il 4 luglio 2012 l’udienza pubblica durante la quale verrà discussa la causa. Ai.Bi. ha notificato il ricorso al ministero il 23 dicembre 2011, ai sensi del decreto  legislativo n. 198/2009.

Nel ricorso, in difesa dell’interesse dei minori adottabili, Ai.Bi. ha chiesto al Tar di obbligare l’Amministrazione del ministero a creare la banca dati entro un termine fissato dai giudici.

L’obbligo di istituire la banca dati è previsto per legge, dall’articolo 40 della legge n. 149 del 2001. «Lo scandaloso ritardo del ministero della Giustizia dura già da oltre 10 anni» attacca l’Associazione. Che chiede alle altre organizzazioni che hanno tra gli scopi statutari la difesa, anche in via giudiziale, del diritto dei minori a vivere in famiglia – o, più genericamente, dei diritti dei minori riconosciuti nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza –, di fare sentire la propria voce per questa battaglia e di unirsi ad Ai.Bi.

Anche le coppie che, nel corso degli ultimi tre anni, hanno presentato la propria domanda di adozione presso un tribunale per i minorenni, dichiarandosi disponibili ad adottare minori diversamente abili o gruppi di fratelli, «potranno intervenire nella causa» Inoltre gli stessi minori, dichiarati adottabili da almeno 6 mesi ma non ancora adottati, avranno facoltà di costituirsi in giudizio, tramite un loro rappresentante legale. Il ricorso è stato presentato in base ad una norma prevista dalla riforma Brunetta in materia di efficienza della pubblica amministrazione.

Il provvedimento intende realizzare un “controllo esterno” degli utenti nella valutazione dei prodotti resi dalle amministrazioni, consentendo loro di agire in giudizio anche nei confronti dei concessionari di servizi pubblici. La class action è attivabile in caso di lesione di interessi giuridicamente rilevanti per una pluralità degli stessi o consumatori, conseguente alla violazione di standard qualitativi ed economici o degli obblighi contenuti nelle Carte dei servizi, dall’omesso esercizio di poteri di vigilanza, di controllo o sanzionatori, dalla violazione dei termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali.

L’obiettivo della riforma è quello di garantire un’elevata performance delle pubbliche amministrazioni nei confronti della collettività, in termini di qualità, tempestività ed economicità dei servizi resi.

La legge prevede inoltre che le azioni siano pubblicizzate sul sito del Ministro per la pubblica amministrazione, nonché sul sito istituzionale dell’amministrazione o del concessionario intimati. La procedura impone una previa diffida ad adempiere all’ente interessato entro il termine di 90 giorni: se tale termine trascorre senza che l’ente provveda, o provveda in modo parziale, scatta la possibilità del ricorso. Ma al posto della diffida può essere promossa la risoluzione non giurisdizionale della controversia, che avviene entro i trenta giorni successivi alla richiesta. In caso di mancata conciliazione il ricorso è proponibile entro l’anno dall’esito di tale procedura.

(La Discussione: http://www.ladiscussione.com/component/content/article/49-societa/2454-allarme-adozioni.html)