La crisi si combatte con i figli. Ai.Bi. raccoglie l’appello della CEI: adozioni gratuite e a tempo zero

La crisi? Per i vescovi italiani è un problema di nascite, per Ai.Bi è un problema di stallo delle adozioni. Il dossier dal titolo “Il cambiamento demografico: rapporto-proposta sul futuro dell’Italia”, presentato in 215 pagine, lo scorso 5 ottobre, dal Comitato per il progetto culturale della Conferenza Episcopale Italiana, individua le cause dell’attuale congiuntura economica nel declino della famiglia e nella tipica denatalità italiana.

È stato il cardinale Angelo Bagnasco a introdurre il Rapporto – frutto di uno studio congiunto delle due università Milano Bicocca e La Sapienza di Roma – ripetendo che l’Italia s’incammina verso «un lento suicidio demografico» e invocando il nuovo «patto intergenerazionale». In sintesi, secondo il documento, crisi economica e crisi demografica tendono a cogenerarsi. La crisi della famiglia precede e produce la crisi dei consumi, che sta attualmente tenendo in piedi la grave crisi economica, esplosa per causa finanziaria. Più figli allora, per più consumi e soprattutto per una popolazione in crescita e più produttiva, contro l’illusoria equazione occidentale: “meno figli = meno costi = più benessere individuale”.

Ai.Bi. fa suo l’appello e coglie l’occasione per rilanciare: se solo i nostri figli potranno salvarci, per uscire dalla crisi demografica ci vogliono più figli adottivi. Pochi e in stasi sono, da ormai tre anni, le famiglie e i bambini che riescono a raggiungere la felicità dell’adozione. Le richieste delle coppie sono in calo. Nel 2007, le domande di disponibilità all’adozione internazionale crollarono dalle 7.652 unità dell’anno precedente a 6.867; nel 2008 scesero a 6.042, nel 2009 erano 5.604, nel 2010 sono state 5.576 (dati Centimetri-La Stampa). Eppure l’abbandono minorile non cala, ma cresce e acutizza i suoi effetti: contemporaneamente, aumenta la sterilità delle coppie italiane alle quali. Il rapporto è di 1 a 3: stiamo parlando di milioni di coppie italiane. Di questo passo e senza una decisiva sterzata amministrativa, non è irrealistico prevedere, per calcolo, l’anno in cui l’adozione internazionale minaccia di finire.

Di questo passo, l’adozione nazionale finirà nel 2016 e l’adozione internazionale nel 2021.

La colpa è dei costi dispersivi dell’iter adottivo italiano, sovrarticolato, responsabile di incomprensioni internazionali e cospicui ritardi. Da tempo Ai.Bi. si batte per sottolineare come la ripresa demografica e conseguentemente la rinascita dei consumi passino per un risanamento della procedura di adozione. Una procedura lenta, macchinosa, che ancora investe le Istituzioni italiane del compito di selezionare l’idoneità delle coppie, anziché accompagnarle lungo l’adozione. Unico caso nella civile Europa, l’Italia ancora oggi assegna alle coppie i Decreti di Idoneità per volontà dei Tribunali. Per Ai.Bi. questo metodo puzza ancora di medioevo: un metodo che finisce più che altro per compiacere la propria «garanzia di affidabilità», nelle parole del Ministro Giovanardi.

Il pensiero di Marco Griffini, presidente di Ai.Bi., è chiaro: le adozioni internazionali sono strumento imprescindibile per combattere la crisi. Serve svecchiare i principi alla base dell’adozione, ridurre all’essenziale i tempi d’attesa – giova ricordarlo: una coppia italiana, che aspiri ad adottare bambini stranieri, deve sottoporsi all’assurdo tour de force di ben 15 colloqui – e diffondere nella cultura dell’adozione il concetto e la prassi della gratuità.

Troppi ancora, in Italia, i nemici culturali dell’accoglienza. Fuori dai secoli bui dell’adozione internazionale, allora, verso un’adozione moderna, gratis e a tempo zero: via le competenze dal Tribunale dei Minori e razionalizzazione dell’iter procedurale, perché l’adozione diventi a misura di famiglia e a favore del diritto di ogni bambino a essere figlio. Questa è la strada.