Milano. Il progetto di formazione di Ai.Bi.: con il modello BIC l’Europa combatte il bullismo anche nei centri di accoglienza

bullismoTra i problemi che affliggono l’infanzia e l’adolescenza a livello europeo uno dei più sentiti è il bullismo. I modi per prevenirlo e contrastarlo ci sono, ma spesso restano buone intenzioni espresse a parole, senza trovare applicazione pratica. A concretizzare i presupposti teorici c’è ora il progetto BIC – Bullying in Institutional Care, finanziato nell’ambito del progetto Daphne, con Amici dei Bambini  come ente capofila. Il 19 e 20 ottobre, la sede nazionale di Ai.Bi., in provincia di Milano, ha ospitato la terza e la quarta giornata di formazione che vede coinvolti 5 esperti per ciascuno dei Paesi coinvolti nell’iniziativa: oltre all’Italia, anche Francia, Grecia, Bulgaria e Romania. Dopo il programma anti-bullismo “KiVa” applicato in Finlandia, e il modello “No Trap! più adatto agli adolescenti e ai pre-adolescenti, si approfondito in particolare il modello BIC.

“Si tratta di un progetto elaborato per la prevenzione e il contrasto del bullismo nelle case famiglia – spiega la professoressa Ersilia Menesini dell’Università di Firenze che ha tenuto la sessione di formazione di giovedì 20 -, ispirato al ‘No Trap!’ e applicato al particolare contesto delle strutture di accoglienza per minori in difficoltà”. L’aspetto concreto del modello è affidato a 4 workshop, tutti approfonditi nel corso della formazione organizzata da Ai.Bi. Gli argomenti trattati vanno da una panoramica generale sul bullismo e le modalità per contrastarlo alla regolazione delle emozioni e lo sviluppo dell’empatia verso le vittime di bullismo, dalle strategie per uscire dalle situazioni di vittimizzazione allo sviluppo di relazioni positive.  “I partecipanti al corso – conclude Menesini – si occuperanno poi di formare gli operatori che, nei rispettivi ambienti di lavoro, andranno ad applicare questo modello: come educatori nei confronti dei bambini della scuola primaria e in modo più coinvolgente con gli adolescenti”.

Interesse per i temi trattati ed entusiasmo per la possibilità di mettere in pratica quanto appreso si riscontra in generale in tutti i partecipanti. “I modelli analizzati coniugano bene la teoria con l’applicabilità alla realtà”, commenta Diana. Il suo Paese, la Romania, ha uno dei tassi di bullismo più alti in Europa, ma nonostante questo non ha ancora un vero programma contro il bullismo. “I modelli trattati – dice Diana – rappresentano una novità ben strutturata e interessante da applicare sia a scuola che nelle strutture di accoglienza”.

Sulla stessa linea anche Gabriella, italiana che lavora in Francia, dove il 10% dei minori dichiara di essere stato vittima di bullismo. “In Francia c’è un articolo di legge che punisce il bullismo – spiega -, ma non esiste ancora una vera giurisprudenza a riguardo. E in ogni collège è previsto un insegnante referente sul tema, ma non c’è chiarezza su quali debbano essere i suoi compiti. Educatori e psicologi hanno bisogno di strumenti per comprendere la differenza tra bullismo e violenza ordinaria. I modelli sperimentati durante questa formazione rappresentano una sicurezza per il futuro, grazie anche agli scambi interculturali avvenuti che permettono di aprirsi alla conoscenza del funzionamento delle strutture di accoglienza di altri Paesi.