MariaElena Boschi, neo-Presidente della CAI: “Occorre riprendere i rapporti di collaborazione con gli enti e le associazioni familiari, ripristinare l’interlocuzione costante con le famiglie, velocizzare le procedure adottive e superare le disfunzioni e carenze organizzative dell’ ultimo periodo”

boschiIl cambio al vertice della CAI (21 giugno 2016) che ha portato il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi ad assumere la presidenza della CAI (Commissione adozioni internazionali) sta dando già i suoi positivi frutti.

Un vento positivo confermato anche da quanto affermato dalla Boschi oggi, 20 luglio, in audizione in commissione Giustizia alla Camera, nel suo primo intervento in qualità di presidente della CAI, che non perde occasione per mettere i puntini sulle “I” indicando le urgenze da affrontare per tornare a dare una speranza alle adozioni internazionali.

Ho intenzione di convocare già a settembre la Commissione per le adozioni internazionali che nei due precedenti anni non è stata riunita – ha spiegato, sottolineando l’opportunità di – “ripristinare rapporti di maggiore collaborazione e periodicità con gli enti impegnati nel settore”.

Credo che d’accordo con gli enti quindi in un’interlocuzione con loro – ha aggiunto –,  che deve essere ripresa con regolarità, si debba anche valutare forme di aggregazione e  di coesione”

Ma l’azione di recupero di rapporti con i vari attori delle adozioni internazionali non riguarda solo gli enti.

La Boschi intende, infatti, fare ripristinare un accesso diretto, “un numero a disposizione delle famiglie – ha detto –per potere avere un’interlocuzione costante sia nella fase precedente l’adozione che nella fase successiva. E quindi potere avere anche un confronto, un’assistenza non solo di carattere legale o giuridico”.

Altro punto affrontato dalla Presidente della CAI è la necessità di “velocizzare le procedure salvaguardando le buone pratiche, che hanno reso l’Italia un punto di riferimento sul fronte delle adozioni internazionali”.

Ma anche un confronto più serrato con le regioni – ha aggiunto Boschi –, per realizzare delle linee guida che consentano di operare allo stesso modo, evitando disparità a seconda di dove si vive per le coppie che desiderano adottare“.

La ministra ha anche riconosciuto che “abbiamo delle procedure che comportano tempi molto lunghi, e questa è un’innegabile criticità. Ci sono poi differenze sul territorio, con regioni che vantano tempi più rapidi e altre con attese prolungate“. Di fatto, “non rispettiamo la tempistica prevista dalla legge, e dobbiamo intervenire per essere più rispettosi“.

“Sappiamo – ha riconosciuto la ministra – che l’attesa spesso è frustante, provando uno stress psicologico per la coppia che decide di intraprendere questo percorso. Bisogna garantire la fase che precede l’adozione, ma rafforzare e lavorare anche sul post adozione“. Anche perché “il percorso non finisce con l’adozione, ma a partire da qui inizia un nuovo cammino, spesso più complicato“.

La neo presidente della Commissione ha così concluso il suo intervento facendo esplicito riferimento alle “disfunzioni e carenze organizzative che ci sono state oggettivamente” dichiarando che sia volontà di tutti quella di superarle.