Mario Sberna: “Altro che IMU! Il problema urgente è trovare una famiglia ad ogni bambino solo!”

 

sbernaDella centralità della famiglia e dei bisogni dei bambini, Mario Sberna, neoparlamentare eletto per Scelta Civica, ha fatto non una bandiera o uno slogan astratto, ma uno stile di vita, portato avanti nel quotidiano. Non solo ha cinque figli, di cui due adottivi, e due esperienze di affido alle spalle, non solo è stato presidente dell’Associazione Famiglie Numerose, ma il primo atto che ha fatto da parlamentare è stato ridursi lo stipendio a 2500 euro e rendere disponibile il resto per sostenere le famiglie indigenti, raccogliendo le richieste sul suo sito.

Altro che grillini! Non parole, ma fatti concreti. Per questo motivo, la redazione di “AiBi News” lo ha intervistato per capire il suo punto di vista nel merito delle battaglie che Ai.Bi. ha portato Parlamento .

Che cosa pensa del Manifesto di Ai.Bi. per una nuova legge dell’Adozione Internazionale?

“Faccio una premessa: il fatto stesso che questa proposta arrivi dall’associazionismo, da chi questi problemi li segue e li vive da dentro e da moltissimi anni, è una garanzia di qualità. Ai.Bi. ha un tale livello di esperienza diretta e una tale specificità di impegno su questi temi, che nessun politico può competere: nessuno mai potrà raggiungere lo stesso grado di competenza. Detto questo, il mio punto di vista è che tutto quel che può facilitare e aiutare concretamente a dare una famiglia a un bambino è non solo benvenuto, ma necessario. C’è di più: la questione è urgente, occorrono risposte immediate a un bisogno immediato”.

Uno dei punti centrali della riforma è lo spostamento ai Servizi Sociali della responsabilità e della facoltà di dichiarare l’idoneità degli adottanti e togliendola ai Tribunali per i minorenni. E’ d’accordo?

Sono perfettamente d’accordo! E’ un modo per snellire le pratiche: la lunghezza dell’iter adottivo in Italia è scandalosa!. In più, nessun giudice di nessun Tribunale può essere così addentro alle singole storie di vita delle famiglie e dei bambini quanto i servizi sociali. Un giudice è, di necessità, più attento alle norme e alle regole, ma in questa materia occorrono cuore e anima, giudizio e lucidità, ma anche partecipazione e discernimento.

Non è solo un problema di tempo, ma anche di costi. Un altro punto cardine del manifesto è la gratuità.

Per come stanno le cose oggi, l’adozione rischia di essere un privilegio che pochi possono concedersi, un iter che solo le famiglie con una buona disponibilità economica possono affrontare. E’ una doppia ingiustizia: primo, perché tutti devono avere gli stessi diritti; secondo, perché, sotto sotto, passa un messaggio culturale scandaloso e cioè che il benessere di un bambino dipenda principalmente dal benessere economico. Non c’è niente di più falso.

Lei ne sa qualcosa, vista la sua esperienza…

Io sono un genitore adottivo e sono passato attraverso le “forche caudine” dell’attesa infinita e del conto corrente che si abbassava vorticosamente. Lo ricordo come se fosse oggi: c’era ancora la lira, era il 1994, e alla fine delle pratiche, fra viaggi, avvocati, traduzioni, l’investimento fu di quasi 18 milioni di lire: come una macchina extralusso! Che errore tragico è mai questo? E’ un pensiero agghiacciante e che io rifiuto in modo categorico che un figlio vada “comprato” a caro prezzo!

Altro tema scottante è il riconoscimento della kafala, senza il quale adottare gli orfani dei paesi di legge coranica continua ad essere impossibile.

Io credo che, a questo proposito, le resistenze del nostro Parlamento siano legate a un pregiudizio arcaico. Siamo rimasti ai tempi del feroce Saladino! Tutto quello che attiene al diritto islamico viene guardato con sospetto. E’ un problema culturale. Ho sentito con le mie orecchie dei politici, che non avevano la più pallida idea di che cosa stessero parlando, equiparare la kafala all’infibulazione. Ma ci rendiamo conto dell’ignoranza?

Veniamo al Manifesto per una nuova legge dell’Accoglienza Temporanea Familiare. Quello che Ai.Bi. propone è di limitare la durata dell’affido a 2 anni, prorogabili al massimo di altri 2. Ci vuole un forte cambiamento culturale, passare dal “sine die” alla vera “temporaneità”. Qual è la sua esperienza in proposito?

Su questo io non mi sentirei di essere così preciso. Le storie sono diverse una dall’altra e, in certi casi, quattro anni possono essere anche troppi, in altri non sono, invece, sufficienti per capire. E’ una materia delicata, dove ogni bambino va valutato nella sua soggettività e in relazione alla sua situazione familiare.Io ho avuto un affido di otto anni e un altro di tre: so bene cosa significhi. Entrambi i bambini sono stati reinseriti nel loro contesto familiare, ma paradossalmente, proprio quello che è stato con noi più a lungo avrebbe avuto bisogno di ancora un po’ di tempo, prima di tornare con la sua mamma. Davvero non c’è la soluzione ideale per tutti i casi.

Il manifesto propone un affidamento familiare “alla portata di tutti”, contemplando anche forme brevi, di due ore, accanto a quella residenziale full-time. Secondo lei, possono funzionare?

Io sto vivendo, in prima persona, una specie di affido diurno. Da più di un anno, un bimbo che fa la terza elementare e che i genitori non possono seguire, viene da noi, tutti i pomeriggi, a fare i compiti e la merenda. Ma è un’iniziativa personale e privata, mentre invece una regolamentazione è indispensabile. Va bene la buona volontà di dare una mano nella cura e nell’assistenza a un bambino, ma è necessario un controllo ufficiale delle famiglie disponibili, a tutela della sicurezza del minore

Ai.Bi auspica la chiusura delle Comunità educative entro il 31 dicembre 2017. Un obiettivo raggiungibile?

Sarebbe bello, ma mi sembra un sogno, se non un’utopia. Non si tratta solo di un problema culturale. La verità è che non c’è mai stato un investimento pubblico importante in questa direzione. Molti italiani non sanno neppure precisamente che cosa sia l’affido. Bisognerebbe – e questo è solo la politica che può farlo – destinare delle risorse, stanziare una parte dei fondi alla famiglia ad associazioni come Ai.Bi. perché moltiplichino gli interventi di sensibilizzazione sull’affido su tutto il territorio.

Al di là del suo impegno come politico e parlamentare per sostenere e promuovere una nuova legge su questa materia, l’uomo e il papà Mario Sberna si sentirebbe di consigliare agli italiani l’esperienza dell’affido?

E’ una scelta che io ho fatto due volte. Se ho deciso di ripeterla, è evidente che l’ho trovata importante e positiva, per me e per tutta la mia famiglia. Bisogna affrontarla con slancio e col cuore, ma non a occhi chiusi e senza razionalità. Occorre mettere in conto anche tutte le difficoltà e poi quel nodo indissolubile di sofferenza e di gioia che si prova quando il bambino, che hai seguito, amato, tenuto in casa per tanti anni, ritorna nella sua famiglia di origine e si separa da te. Se succede, è meraviglioso perché questo è il suo vero bene. Ma bisogna essere adulti maturi e consapevoli per non considerare mai “proprietà” i nostri figli, per proteggerli e contemporaneamente lasciarli liberi. Tanto più se sono con noi solo in affido, solo temporaneamente.