Colella (Arai) “La salvezza dell’adozione internazionale passa solo dal pubblico”. Ma proprio un ente pubblico ( Cai) ha paralizzato il sistema e una adozione con Arai costa 48 mila €

colella araiNei commenti seguiti alla notizia dell’apertura di un’inchiesta sull’ente autorizzato EnzoB, c’è stata anche la proposta, nel corso di una intervista rilasciata al quotidiano “la Repubblica”, da parte del direttore dell’Arai (Agenzia regionale per le adozioni internazionali, istituito nel 2002 in Piemonte), Anna Maria Colella, di fare dell’adozione internazionale un sistema interamente pubblico per meglio tutelare sia le coppie sia i minori in stato di abbandono.

In Italia si occuperebbero di adozioni internazionali un solo ente pubblico (l’Arai, appunto) e 63 enti privati, che, secondo Colella, creerebbero grande confusione e non sempre avrebbero comportamenti trasparenti e attenti alle esigenze delle coppie adottive e dei minori. “La cultura del servizio pubblico è molto diversa – ha detto Colella .-. Dico da tempo che l’intero sistema adozioni andrebbe riorganizzato”. In realtà, di enti pubblici che si occupano di adozioni internazionali in Italia, ce ne sono due: l’Arai e la Commissione Adozioni Internazionali presso la Presidenza del Consiglio. Se il primo può a ben diritto rivendicare il buon lavoro svolto, il secondo – che dovrebbe essere il controllore del sistema – è, come ben noto a tutti, semplicemente allo sfascio.

Quindi, riassumendo: dei due enti pubblici che si occupano di adozioni internazionali, uno, il più importante in quanto regolatore del sistema, ne ha provocato il disfacimento. Alla luce di questo, davvero sarebbe meglio rendere pubblico tutto il sistema?

Purtroppo il migliore o peggiore funzionamento di un sistema non dipende dalla sua natura pubblica o privata, ma, in primo luogo, da regole certe, note a tutti e sicuramente applicate e, in secondo luogo, da ruoli ben definiti per ognuno degli attori, che assicurino un adeguato sistema di pesi e contrappesi capace di impedire il sorgere di un “tiranno” del sistema, che finirebbe con il distruggerlo. Esattamente quanto sta accadendo, nell’impotenza generale e pure nel dispregio della legislazione vigente, con l’attuale CAI.

Regole chiare e trasparenti e rispetto dei ruoli sono dunque la cura urgente da somministrare all’adozione internazionale, sempre che la si voglia davvero salvare. Che poi gli attori siano pubblici o privati non è la questione centrale, anche se un po’ di concorrenza porta maggiore trasparenza ed efficienza, ingredienti che si presumono graditi a tutti.

Proprio a proposito di efficienza,  vale forse la pena di considerare da ultimo anche l’elemento economico.

L’adozione internazionale è, appunto dal punto di vista economico, un servizio, che naturalmente ha un costo. Questo costo è interamente sostenuto dalle aspiranti coppie adottive, ferma restando poi la possibilità di dedurre il 50% delle spese sostenute in sede di dichiarazione dei redditi.

Il costo sostenuto dalle coppie adottive rappresenta anche il vincolo economico che gli Enti autorizzati devono rispettare: se le coppie pagano 20mila euro per i servizi dell’Ente “X”, l’Ente medesimo non può mediamente spendere per la realizzazione delle adozioni che porta a termine più dei 20mila euro incassati, pena il fallimento.

C’è però un Ente che non soggiace a questo meccanismo ed è l’Arai, che può permettersi non solo costi più abbordabili per le coppie, ma anche qualche inefficienza in più proprio perché gode di una sorta di un rimborso pubblico a piè di lista da parte della Regione Piemonte per la parte dei suoi costi che eccede quanto incassato dalle coppie adottive. Ad esempio, prendendo i dati forniti dalla stessa Arai per il 2015 e dividendo i costi di bilancio (esclusi quelli relativi alla cooperazione) per le 34 adozioni concluse, se ne desume che ogni adozione è costata, tra contributi pubblici e privati, oltre 48mila euro, certamente di più di quanto le coppie pagano con gli Enti autorizzati privati.

Se quindi un’adozione con l’Arai finisce con il costare, tra contributi pubblici e pagamento delle coppie adottive, più di quanto costa con un Ente autorizzato privato, ovviamente a parità di requisiti qualitativi, tutto questo non può che essere chiamato per quello che è: un’altra inefficienza nell’uso di denaro anche pubblico. Che, date le condizioni delle finanze italiane, sarebbe forse bene non erigere a sistema.