Profughi dalla Siria . Aiutiamoli nel loro Paese: solo così i bambini come Aylan non saranno più costretti a morire annegati

Bambino SiriaLeggiamo in questi giorni dello scandalo e dell’orrore per le immagini delle ultime vittime dei naufragi. Tutti indistintamente abbiamo pensato che l’esibizione di quei corpi sui social netowork, quotidiani e media fosse oscena. Ma c’è da chiedersi che differenza ci sia tra queste immagini e quelle della Shoah che hanno segnato tutti da ragazzini: che differenza c’è tra la foto del bambino di 3 anni riverso sulla spiaggia di Bodrum e l’immagine delle fosse comuni, dei forni crematori, dei corpi ischeletriti fotografati dagli eserciti antinazisti ad Auschwitz, a Bergen Belsen, a Dachau e in tutti gli altri lager prosperati nel corso dell’era nazista?

Così, poiché oggi concordiamo sulla liceità di quelle vecchie immagini, che dicono di un dolore ancora condiviso (i nazisti negano quel dolore e anche per questo occorre pertanto non smettere di testimoniare che essi sono reali), è doveroso proprio per quel bambino siriano e per tanti come lui pubblicarne la foto.

Perché i morti di allora sono figli della stessa indifferenza di oggi. I perseguitati muoiono perché chi dovrebbe accoglierli e difenderli dai loro persecutori, finge di non sapere, volgendo altrove lo sguardo. Le fosse comuni di Auschwitz, Bergen Belsen e Dachau valgono come i morti annegati, i corpi riversi sulla spiaggia, i bimbi che non ce l’hanno fatta a superare il Mediterraneo. Guardatela, dunque, e sappiate che osceno è voltare altrove lo sguardo.

Piuttosto bisogna chiedersi che cosa si può e deve fare per evitare queste tragedie. Accoglierli in piccoli centri o in famiglia quando arrivano sulle nostre cose ma questo è un intervento “a posteriori”, la “gestione” corretta di un fatto.

Ma il vero quesito e dovere morale è cosa si può fare “prima”, come aiutarli a non cadere nella disperazione tale da abbandonare case e affetti e rischiare la morte in mare e nel deserto.

Aiutarli a casa loro, creare nel loro Paese le condizioni di una vita dignitosa e al sicuro. E’ l’unica risposta. Non con interventi sporadici o a pioggia ma con opere strutturali che siano la base per resistere e credere in un futuro nella propria terra. Rendendoglielo però possibile. E come? Realizzando forni, scuole, presidi medico-sanitari, ludoteche, laboratori artigianali, dove imparare un mestiere con il quale mantenere la propria famiglia : spazi sicuri dove vivere una quotidianità “normale”.

Per questo da oltre un anno Ai.Bi. è in Siria e lavora con l’Associazione Syrian Children Relief nella provincia di Idlib. Stiamo proteggendo bambini e famiglie e il loro desiderio di restare nella terra che amano, proprio per questo abbiamo lanciato la campagna “Io non voglio andare via!”. A Binnish abbiamo allestito una ludoteca sotterranea per 200 bambini, che dà loro la libertà di giocare e stare insieme, mentre fuori la guerra continua.

Sempre a Binnish, in uno spazio accanto alla ludoteca sotterranea abbiamo allestito un laboratorio di sartoria. Qui 40 mamme possono cucire abiti, fra cui i grembiulini per i bambini della ludoteca, e tessere maglioni e coperte per le loro famiglie, mentre i figli giocano protetti poco più in là. Abbiamo riattivato un forno in cui sono preparate quasi 4 tonnellate quotidiane di pane, alimento da sempre fondamentale in Siria e oggi più che mai. Oltre a dare ogni giorno assistenza sanitaria con la fornitura di medicinali, sostegno al personale insegnante, fornitura di combustibile per riscaldamento. Tutti interventi sempre più necessari e che non possono interrompersi. Per questo è utile anche il tuo aiuto: sei chiamato a restare al fianco di Ai.Bi in questa sua mission. A chiedertelo sono i bambini come Aylan, che non siano più costretti a sfidare il mare. Con l’epilogo noto a tutti.