Romania. L’incubo degli istituti di Ceausescu è ormai lontano, ma 58mila bambini attendono ancora una famiglia. Ora le adozioni internazionali sono più semplici

romaniaUn imponente edificio di 4 piani, costruito nel più freddo e brutale stile architettonico tipico dei regimi comunisti. Macerie sporche sparse sui pavimenti. Stanze piene di vecchi vestiti. Nessun vero giocattolo. L’esatta descrizione di un incubo per un bambino. Uno scenario più adatto a un film dell’orrore che a un luogo destinato a ospitare degli “ex-figli”, minori orfani o abbandonati, alla disperata ricerca di un po’ di affetto. Ma di affetto nell’orfanotrofio Camit Spital, nella remota città transilvana di Sighetu, non ce n’era neanche l’ombra. Erano così gli istituti della Romania sotto il regime di Ceausescu. I bambini che vi hanno vissuto ora sono tutti abbondantemente maggiorenni, ma al solo pensiero degli anni trascorsi tra le quelle gelide mura, sentono ancora i brividi freddi sulla schiena. “Ricordo i pasti, il cibo pessimo, solo pane e latte indurito – racconta Olga, oggi 22enne -. Ero come un automa, priva di sentimenti. Quando sono nata piangevo, come ogni bambino, chiedevo affetto. Ma quando ho visto che non me ne veniva offerto, ho imparato a non aspettarmelo. Non avevamo alcun tipo di relazione con gli adulti. Non provavamo sentimenti verso di loro e loro non ne provavano verso di noi”.

Fino al 2003 quel luogo da incubo è stato la casa di centinaia di bambini con disabilità fisiche e problemi di apprendimento. Causati anche dalla vita in istituto.

Il regime di Ceasusescu portò avanti per decenni una  serie  di politiche di coppia per forzare a fare figli. Queste, insieme alla povertà diffusa e all’idea secondo cui lo Stato sapesse occuparsi dei figli meglio delle famiglie, portarono le coppie a fare più bambini di quanti non potessero permettersene. Sotto il potere di Ceausescu almeno 100mila bambini furono abbandonati in istituti sovraffollati e nascosti.

La caduta del dittatore, nel dicembre 1989, portò alla luce le condizioni spaventose degli orfanotrofi rumeni. Il mondo rimase sconvolto dalle immagini dei bambini con le teste rasate che giocavano su pavimenti cosparsi di urina, privati di cibo e di affetto.

Negli ultimi 27 anni il governo di Bucarest ha cambiato approccio e creato diversi servizi di protezione dell’infanzia. In quasi 3 decenni la Romania ha percorso una strada lunga e costosa per chiudere gli istituti. Ma la piaga dell’abbandono non è ancora sconfitta. Ancora oggi, ogni 9 ore un bambino viene lasciato dai genitori in ospedale. In tutto il Paese esistono ancora 160 istituti che ospitano 58mila minori, 9mila dei quali vivono in grandi orfanotrofi. Questi ultimi, rispetto a quelli del 1989, sono più puliti e meno affollati, ma ancora privi di ciò di cui un bambino ha più bisogno: la cura e l’assistenza famigliare stabile.

Nonostante l’economia rumena sia in crescita, il 70% della popolazione rurale vive ancora in condizioni di povertà. È per questo che il 97% dei bambini sotto la tutela dello Stato non sono orfani biologici, ma “sociali”.

Consapevole anche di questo, la Romania ha recentemente semplificato le procedure per l’adozione internazionale: per tante famiglie che vivono all’estero ridare un papà e una mamma a un bambino rumeno ora è più semplice.

 

Fonte: News-hl-cm