Adozione internazionale. Il Tribunale di Taranto impone figli adottivi “sani, senza disabilità o patologia, neppure lieve”. I decreti vincolati erano stati dichiarati illegittimi dalla Cassazione

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Era il mese di giugno del 2010 quando la Corte di Cassazione, pronunciando a Sezioni Unite la sentenza n. 13332/2010, affermava l’importante principio di diritto secondo cui sono illegittimi i decreti di idoneità all’adozione internazionale vincolati con il riferimento a caratteristiche del minore.

Dopo quella sentenza sembrava ormai chiaro una volta per tutte che i decreti di idoneità per l’adozione di minori stranieri potessero semmai contenere caratteristiche sulla coppia che intende adottare, ma non sul minore e meno che mai vincoli che contrastino con leggi nazionali o convenzioni internazionali, come era stato il caso per le prescrizioni sulla nazionalità o sul colore della pelle dei bambini. Provvedimenti che non si possono non definire “decreti razzisti”. La stessa sentenza infatti rimarcava il “carattere solidaristico, e non egoistico, della scelta dell’adozione” e affermava chiaramente che “il principio di non discriminazione costituisce uno dei principi fondamentali dell’ordinamento, da cui, a norma degli articoli 1 e 35 della legge n.184 del 1983, l’intera procedura relativa all’adozione internazionale non può discortarsi”.

 

Sembrava fosse ormai pacifico che l’adozione internazionale è uno strumento di solidarietà che serve a dare una famiglia a bambini che non ne hanno una e non viceversa.

Sembrava… ma evidentemente non era così chiaro.

E infatti lo scorso giugno il Tribunale per i minorenni di Taranto ha dichiarato una coppia idonea ad adottare uno o due minori “purché sani senza disabilità o patologia alcuna, neppure lieve”.

Ora, si può sapere quale ragionevole operatore del settore possa immaginare bambini abbandonati in giro per il mondo, provenienti da un istituto e con un passato travagliato – quale è sempre quello che conduce alla dichiarazione di adottabilità -, “senza patologia alcuna, neppure lieve”?

E come mai, in un mondo che evolve – per fortuna e finalmente – inesorabilmente verso traguardi di uguaglianza sostanziale con riferimento alla disabilità, rappresentanti delle istituzioni nazionali si permettono di accogliere le limitanti (e limitate) disponibilità di persone che aspirano a fare i genitori senza tuttavia essere pronti alle certe difficoltà che ogni genitorialità, così come ogni vita in generale, comporta?

Oltre che alla luce della legge 184 del 1983, anche secondo la legge 18 del 2009 con cui l’Italia ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, decreti come quelli emessi dal Tribunale di Taranto devono considerarsi illegittimi.

Ancor più grave dunque, in quest’ottica, che il Tribunale per i minorenni abbia specificato che l’adottando o gli adottandi della coppia pugliese non debbano presentare alcuna disabilità o patologia neppure lieve, connotando l’intensità di caratteristiche del minore che per legge, come si è visto, non possono essere discriminate.

E’ evidente che la strada verso i decreti di idoneità all’adozione internazionale che non contengano alcun vincolo né caratteristica sui bambini “desiderati” è ancora in salita.  A quanto pare, infatti, la Cassazione ha lavorato e si è pronunciata inutilmente: il Tribunale di Taranto ha seguito una direzione opposta a quella stabilita dalla decisione della Suprema Corte. Ma a che cosa serve, allora, una sentenza della Cassazione, se poi questa può essere aggirata da qualsiasi giudice a seconda di quello che egli ritiene più opportuno?

Ai.Bi. non si tirerà certo indietro dinanzi a questa ennesima illegittimità e percorrerà volentieri questo cammino affinché tutti i bambini adottabili, a prescindere da età o altre condizioni, siano trattati in condizioni di uguaglianza e vengano accolti da famiglie davvero aperte a quello che la vita vorrà donare loro.