Russia. “Abbiamo imparato il russo per dire al giudice che Victor era il più bel dono della nostra vita: così è diventato nostro figlio! ”

bubbico2Vi raccontiamo una straordinaria storia di vita vera: quella di una ‘comune’ famiglia italiana che ha aperto il suo cuore e le porte di casa propria ad un dono speciale: un figlio adottivo che con il suo immenso amore sta stravolgendo la loro vita.  Questa è la storia della famiglia Bubbico, la prima di una serie: sono loro in prima persona a raccontare emozioni, sensazioni di una scelta unica nella vita. Racconti che testimoniano la bellezza dell’adozione: una bellezza a cui Ai.Bi. non ha voluto rinunciare e per questo ha preso la decisione di riaprire i mandati con la Campagna #iosonoundono. Perché la speranza non va mai persa e nel mondo ci sono 168 milioni di bambini per la quale bisogna tenerla accesa.

La prima parola che Victor ha imparato a dire è stata “Aiutami”. In italiano. Così come le prime che hanno imparato papà Lorenzo e mamma Mary in russo sono state “спасибо (spasibo/grazie)” e “чудо (chudo/miracolo)” e quelle poche ed essenziali per dire al giudice del Tribunale di Iževsk (Russia europea centro-orientale, capitale della Repubblica Autonoma dell’Udmurtia)  che quel bambino era “il più bel dono” che la vita potesse fare loro. Tanto da commuovere e convincere il giudice che loro erano i genitori adatti per il piccolo Victor. E così è stato e il 13 febbraio scorso mamma e papà Bubbico hanno fatto ritorno in Italia con il loro piccolo grande miracolo.

“Ci ha cambiato la vita – racconta Mary al telefono mentre sullo sfondo si sente la voce di Victor che ripete insistentemente ‘hello…hello’ – ha dato un senso alle nostre esistenze. E’ lui che ha adottato noi, è lui che ci ha salvato, è lui che si è donato a noi aprendoci la porta del suo cuore e fatto scoprire il vero senso della felicità”.

I Bubbico hanno conosciuto Victor, che ora ha 8 anni,  il 22 luglio del 2014  “era in istituto, teso e nervoso – ricorda mamma Mary – perché ci vedeva per la prima volta ed era circondato da assistenti sociali, psicologa e direttrice del centro. Ma è bastata quell’ora, che subito dopo le presentazioni abbiamo trascorso insieme, per innamorarci noi di lui e lui di noi”.

La prima parola che Victor ha imparato è stata “aiutami”: “è stato mio marito Lorenzo – continua Mary – a insegnargliela. Gli abbiamo detto che quando non riesce a fare una cosa, basta chiedere ‘aiutami’. E lui subito ci ha guardato, teso le braccia e detto ‘aiutami’ in italiano”.  E la commozione nel ricordare quei momenti è ancora viva nella voce di mamma Mary che non riesce a continuare a parlare e passa il telefono e le fila del racconto a papà Lorenzo.

“Sempre in quell’occasione abbiamo chiesto a Victor –continua papà Lorenzo – quanto sarebbe stato contento di rivederci l’indomani. Lui, pur sapendo contare solo fino a 10, ci ha però detto ‘100 volte!’”.

E cosi il giorno dopo mamma e papà Bubbico sono tornati in istituto “e lì prima ancora di salutarci – ricorda – ci ha guardato e chiesto ‘quando mi portate a casa?’”. A casa. Perché Victor ha sempre saputo nel suo cuore che quell’istituto non era la sua vera casa. Sapeva che casa è dove ci sono una mamma e un papà che ti amano incondizionatamente e che ti hanno aspettato e cercato fino a trovare proprio te.

“E’ un dono di Dio – precisa papà Lorenzo – : ogni giorno con il suo sguardo gioioso ci insegna cose nuove ma una su tutte: che si può crescere come persone nell’immenso amore che si può provare nei confronti di un figlio. E non importa quanto hai dovuto aspettare e patire: alla fine la gioia indescrivibile che provi nell’abbracciarlo e nel guardarlo dritto nei suoi occhietti, ti ripaga di tutto”.

Tra i ricordi più toccanti di mamma e papà Bubbico c’è anche un altro sguardo: quello soddisfatto del giudice del Tribunale di  Iževsk “la sera prima di ripartire per l’Italia, ci siamo incontrati casualmente in un ristorante. Noi eravamo seduti al nostro tavolo con Victor e il giudice in tavolo vicino. Ci ha osservato per tutta la cena: voleva capire se aveva preso la giusta decisione affidandoci il piccolo Victor. Il suo sguardo finale, prima di andare via, non lo dimenticheremo mai: era di conferma e di soddisfazione. Victor aveva trovato una famiglia che lo amava”.

Victor in 10 giorni ha già imparato qualche parola in italiano e va a scuola “ma anche noi non abbandoniamo il russo – continua Lorenzo – abbiamo imparato l’alfabeto cirillico e preso già una decina di lezioni. E’ importante non dimenticare le radici di tuo figlio: anche questo vuol dire aiutarlo nella crescita”

Ora esiste un NOI – precisa papà Lorenzo – e questo è il più bel dono che la vita potesse farci: un figlio adottivo. Lui è un dono per noi più di quello che possiamo essere noi per lui”.

L’ultimo pensiero di papà Lorenzo è per le coppie che si avvicinano all’adozione internazionale “ma che sono scoraggiate e impaurite dai tempi e dalle difficoltà – conclude Lorenzo – A loro  diciamo: non fatevi intimorire. La strada a volte è lunga e in salita. Ma avere in  casa un bambino adottivo è il miglior dono che lui può farvi. Non chiudetegli la porta: spalancatela all’amore”.

Questa è la storia della famiglia Bubbico: ma se avete anche voi delle belle storie e volete testimoniarlo con i vostri racconti, confidatecele così aiuterete altre coppie a continuare a sperare, a superare timori e paure. Vogliamo insieme alle meravigliose famiglie adottive salvare l’adozione internazionale