Ma che genitori
stiamo diventando?
La cronaca di questi giorni ci ha messo davanti storie estreme su cui sono in corso indagini da parte dei pm : una madre (nel reggiano) che fa prostituire la figlia di 14 anni per pagare i suoi debiti agli imprenditori della zona, una madre (a Corigliano Calabro) che si procura un aborto e lascia morire il feto per incassare 80.000 della assicurazione, un padre (a Torino) che umilia le figlie dicendo che sono grasse e le costringe a dieta macrobiotica e sport duri. Sul New York Times è appena uscita la storia di un incesto tra un giovane padre biologico e la figlia ritrovata su facebook , diciottenne che adesso chiede di poterlo sposare legalmente.
Storie estreme che secondo me ci pongono però una domanda quotidiana: che genitori stiamo diventando? Ormai da decenni, il ruolo sociale del genitore sta perdendo identità.
Il divorzio, la disoccupazione, la crisi del maschio, l’indipendenza femminile hanno creato una rivoluzione dentro i rapporti familiari. A questo, va aggiunto il valore fondante della nostra società privilegiata: il diritto alla felicità personale, che la morale comune identifica in una eterna giovinezza, di aspetto e di comportamenti. Il «genitore» è un ruolo biologico ma anche un concetto sociale.Ed è questo concetto che sta cambiando.
Quante bravissime e sollecite mamme single condividono con i figli i loro problemi sentimentali? Quanti bravissimi padri fanno sport con i figli battendosi alla morte per vincerli ? Quante famiglie oberate di lavoro delegano al figlio più grande la cura dei fratellini, dall’aiuto per i compiti alla preparazione della cena? Quanti «genitori» si comportano, si vestono come i figli ? Quanti genitori hanno le stesse inconsulte adolescenziali pretese di avere tutto senza pagare alcun prezzo, non si occupano che di se stessi, condividono con i figli le pene d’amore e economiche, usano i figli per raggiungere, attraverso di loro, obbiettivi personali di successo e gratificazione e guadagno economico ?
Quanti genitori identificano il loro ruolo nel chiedere «come è andata a scuola» e accettare un «bene» come unica e secca risposta? Quanti genitori hanno il coraggio di bussare alla porta chiusa della camera dei figli? di frugare nei cassetti per scoprire eventuali droghe ? Quanti controllano le uscite e le compagnie che i loro figli frequentano?
Quanti impongono regole, abitudini, orari?
La maggioranza, certamente, agisce da genitore responsabile. Ma a me sembra che cresca il numero dei genitori che proverei a chiamare «evanescenti». Ripiegati su se stessi pur amando profondamente i loro figli.
Il ruolo sociale del genitore è quello della cura e della responsabilità: il genitore deve avere cura del figlio, nutrirlo, vestirlo, educarlo, proteggerlo. Sfortunatamente, la responsabilità è uno dei primi valori che stiamo perdendo. Perfino nei confronti di noi stessi, figuriamoci nei confronti dei nostri figli che spesso trattiamo da adulti e che altrettanto spesso costringiamo a essere più adulti di noi.
La scala anagrafica stabiliva la differenza tra genitore adulto e figlio bambino/adolescente. Ma nella società di Peter Pan e di Alice, dei jeans e del botulino, la scala anagrafica esiste ancora?
E se fosse questo il plancton di normalità riconosciuta in cui cresce e si moltiplica l’idea velenosa del figlio come «oggetto» di proprietà di chi lo ha generato? La radice psichica che sta dietro le tragedie estreme dei suicidi/omicidi dei figli, alla loro vendita, all’abuso e alla violenza su di loro?
Io non ho risposte. Solo domande. E voi?
No, per quanti difetti si possa avere, sono convinta che i genitori di oggi di media siano migliori dei genitori di cent’annifa, perché come minimo sono più consapevoli, i figli li hanno voluti, non sono capitati.
Oggi facciamo tutti del nostro meglio, come anche una volta lo facevano, ma gli standard erano ben diversi