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A ogni situazione di bambino abbandonato corrisponde, in qualche parte del mondo, una vocazione alla accoglienza

6 settembre 2020. XXIII domenica del tempo ordinario. Cristina Riccardi e Paolo Pellini de “La Pietra Scartata” commentano il passo del Vangelo secondo Matteo 18,15-20

Mt 18,15-20


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Il brano odierno del Vangelo di Matteo riporta due importanti insegnamenti di Gesù, il primo sulla correzione fraterna, il secondo sulla preghiera.

Come commentare il detto di Gesù sulla correzione fraterna? Si evince chiaramente dalle parole del Maestro: la correzione fraterna è alla base della vita di ogni comunità che voglia essere autenticamente cristiana. L’amore reciproco che ci lega agli altri membri della comunità ci obbliga a intervenire per correggerci a vicenda, secondo le modalità indicate da Gesù. Ciò va fatto con dolcezza ma anche con fermezza. Se non interverremo saremo corresponsabili degli errori commessi dai fratelli e delle strade sbagliate che potrebbero imboccare. Il silenzio, oppure, ancor peggio, lo sparlare del fratello con altri membri della comunità non è un’opzione, ci sta dicendo Gesù.

Oggi, forse, occorre esercitare la correzione fraterna non solo con le parole di cui i nostri giorni sono pieni, a volte troppo, ma anche con la testimonianza, con i fatti. Le parole diventano spesso accuse e giudizi, le scelte di vita invece spesso sono provocazioni alla riflessione.

La comunità cristiana deve essere una comunità accogliente, ma a volte il fatto di poter vivere in una bella comunità, ricca di iniziative, dove ognuno ha un suo spazio in cui può realizzare la propria vocazione, inconsapevolmente porta alla chiusura. L’arrivo di qualcuno, sia esso un bambino in affido o un adulto migrante o semplicemente un possibile nuovo membro della comunità, a volte è accolto con freddezza. L’esempio, il fare il primo passo verso il nuovo arrivato, è una correzione possibile. Possono poi arrivare anche le parole che raccontano le motivazioni, la gioia e le fatiche dell’uscire dalla propria area di comfort per andare verso qualcuno.

In famiglia vale lo stesso: troppe parole con i figli non portano frutto, ma le parole seguite da un esempio coerente sono spesso fonte di riflessione e cambiamento.

L’esempio porta a correggere prima noi stessi, poi chi pensiamo stia commettendo un errore.

L’altro insegnamento contenuto nel brano di Vangelo di questa domenica, proveniente direttamente dalla bocca di Gesù, è quello sulla preghiera rivolta al Padre. È un insegnamento straordinariamente confortante per noi, che pensiamo sempre di non saper pregare e di non essere ascoltati. Il Maestro ci dice quindi anche che se preghiamo con insistenza per i bambini in difficoltà e gli abbandonati, rivolgendoci al nostro Padre comune, Lui stesso, il Cristo, unisce in quel momento la sua presenza orante, con tutta la Sua potenza di intercessione, alla nostra, per far sì che il Padre ascolti e intervenga.

Questo Padre che ci presenta Gesù è lo stesso Padre che ha detto, per bocca del profeta Isaia: “se anche una delle vostre madri si dimenticherà del proprio figlio, io non mi dimenticherò di lui”. In che modo possiamo sperare che interverrà il Padre? Facendo sì che a ogni situazione di bambino abbandonato, trascurato, solo, orfano, corrisponda una vocazione, anche in una parte molto lontana del mondo, di una persona, di una coppia, di una famiglia, che accolga in adozione o in affido o sostenga a distanza quel bambino.

Se il Padre, infinitamente potente e provvidente, ha a cuore tutti i suoi figli, in modo speciale i più piccoli, che bisogno c’è allora che noi, poveri uomini e donne, ci rivolgiamo a lui perché intervenga per sciogliere queste situazioni difficili e ricomporre come dei puzzle delle famiglie disperse? In realtà, se ci pensiamo bene, siamo noi che abbiamo bisogno di questa preghiera, affinché la Sua vocazione ci raggiunga proprio all’interno di un impegno alla preghiera. Se no, come potremmo percepire questa vocazione? Quindi possiamo dire che, indirettamente, anche il Padre ha bisogno di questa preghiera, perché ha bisogno che la Sua chiamata sia diretta a “recettori” attenti e disponibili.
Quindi, consci che niente di meno di tutto questo è la promessa che Gesù ci fa, e che Gesù le promesse le mantiene sempre, andiamo avanti con sempre maggior entusiasmo e desiderio di impegnarci nella preghiera e nell’azione per i nostri bambini.

Ti preghiamo Gesù, insegnaci a correggere i nostri fratelli con l’amabilità che tu ci hai insegnato. Spirito Santo, ti preghiamo, rendici assidui nel rivolgerci al Padre per le necessità dei nostri bambini e per tutti gli altri nostri bisogni, secondo l’insegnamento di Nostro Signore Gesù Cristo. Amen

Cristina Riccardi e Paolo Pellini

La Pietra Scartata



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


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