Saremo capaci di considerare la storia, i suoi sussulti di sapienza e le sue deludenti insipienze, così che ancora ci sorprenda e ci rallegri il giorno santo di Gesù? 


“Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio” (Salmo 90,12)

L’Avvento è uno dei tempi che la saggezza della Chiesa ci offre per imparare a “contare i giorni”. La sua stessa struttura, formulata sul modello della Quaresima, da cui prese anticamente avvio, è improntata a un “conto alla rovescia” verso il Natale di Cristo. Non si tratta, naturalmente, di un mero computo cronologico. “Contare i giorni” rappresenta per i cristiani la cifra simbolica del vivere il tempo con un senso profondo, con l’ago magnetico dell’esistenza, attratto insuperabilmente dalla presenza del Risorto, lasciandosi da Lui orientare in ogni passo del viaggio quotidiano.

L’Arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha recentemente commentato così il versetto del Salmo 90:

 “I cristiani guardano bene i giorni, precari e promettenti, opachi e gravidi di speranza, così che si ravvivi lo stupore per quel giorno benedetto che li illumina tutti. Saremo capaci di considerare la storia, i suoi sussulti di sapienza e le sue deludenti insipienze, così che ancora ci sorprenda e ci rallegri il giorno santo di Gesù, luce e riposo per tutti gli altri giorni, capace di offrire pace? L’Avvento e il Natale dunque ci portano a immergerci ancor più nella storia che viviamo, in nessun modo ci chiedono di eluderla. Suggerisco di leggere il bel Messaggio che i Vescovi italiani hanno rivolto ai credenti e “alle donne e uomini tutti di buona volontà” (22 novembre), per affrontare insieme la difficile situazione segnata dalla pandemia.

L’esortazione è quella di riconoscere “il tempo della tribolazione, rimanendo saldi nella fede, fissando lo sguardo su Cristo (cfr. Eb 12,2) per non lasciarci influenzare o, persino, deprimere dagli eventi”.

Un tempo difficile… un tempo di preghiera…

 Il desiderio è quello che “questo tempo difficile, che porta i segni profondi delle ferite ma anche delle guarigioni, sia soprattutto un tempo di preghiera. A volte potrà avere i connotati dello sfogo: «Fino a quando, Signore…?» (Sal 13). Altre volte d’invocazione della misericordia: «Pietà di me, Signore, sono sfinito, guariscimi, Signore, tremano le mie ossa» (Sal, 6,3). A volte prenderà la via della richiesta per noi stessi, per i nostri cari, per le persone a noi affidate, per quanti sono più esposti e vulnerabili: «Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio» (Sal 16,1). Altre volte, davanti al mistero della morte che tocca tanti fratelli e tante sorelle e i loro familiari, diventerà una professione di fede: «Tu sei la risurrezione e la vita. Chi crede in te, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in te, non morirà in eterno» (Gv 11,25-26). Altre, ancora, ritroverà la confidenza di sempre: «Signore, mia forza e mia difesa, mio rifugio nel giorno della tribolazione» (Ger 16,19)”.

 …Un tempo di speranza…

Il Messaggio continua con la convinzione “che questo sia un tempo di speranza. Non possiamo ritirarci e aspettare tempi migliori, ma continuiamo a testimoniare la risurrezione, camminando con la vita nuova che ci viene proprio dalla speranza cristiana. Al centro della nostra fede c’è la Pasqua, cioè l’esperienza che la sofferenza e la morte non sono l’ultima parola, ma sono trasfigurate dalla risurrezione di Gesù”; infine i Vescovi ci stimolano con un accorato appello a dimostrare “che stiamo vivendo un tempo di possibile rinascita sociale. È questo il migliore cattolicesimo italiano, radicato nella fede biblica e proiettato verso le periferie esistenziali, che certo non mancherà di chinarsi verso chi è nel bisogno, in unione con uomini e donne che vivono la solidarietà e la dedizione agli altri qualunque sia la loro appartenenza religiosa.

Dalla carità passa la prima e vera testimonianza del Vangelo

A ogni cristiano chiediamo un rinnovato impegno a favore della società lì dove è chiamato a operare, attraverso il proprio lavoro e le proprie responsabilità, e di non trascurare piccoli ma significativi gesti di amore, perché dalla carità passa la prima e vera testimonianza del Vangelo. È sulla concreta carità verso chi è affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato che tutti infatti verremo giudicati, come ci ricorda il Vangelo (cfr. Mt 25, 31-46). Ecco il senso dell’invito di Paolo: «Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera» (Rm 12,12). Questo è il contributo dei cattolici per la nostra società ferita ma desiderosa di rinascere. Per noi conta testimoniare che l’unico tesoro che non è destinato a perire e che va comunicato alle generazioni future è l’amore, che deriva dalla fede nel Risorto. Noi crediamo che questo amore venga dall’alto e attiri in una fraternità universale ogni donna e ogni uomo di buona volontà”.

Sono contenuti importanti quelli che ci porteranno al Natale, ma possiamo e dobbiamo accostarli con la profonda semplicità dell’infanzia. Ai ragazzi in questo periodo si regala il “Calendario di Avvento” con le finestrelle da aprire ogni giorno alla scoperta di un piccolo dono e di un impegno o di un messaggio, riflessi del Dono di Dio che si fa Uomo in mezzo agli uomini. Per tutti allora è il tempo di aprire, anzi spalancare, ogni giorno la finestra sulla concreta umanità che si affaccia nella nostra realtà, dove vivere solidali, oranti, fiduciosi, caritatevoli, operosi, lieti, fraterni. Impariamo così a “contare” i nostri giorni. E avremo in dono da Gesù Bambino un cuore saggio, come quello dei bambini.

 Don Massimiliano Sabbadini   

Consigliere spirituale della Comunità “La Pietra Scartata”

 

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