Salta al contenuto Skip to sidebar Skip to footer

I diari di un educatore. Della mia pietà temo che se ne possano fare ben poco, la loro vista è accecata da quella già non ricevuta (3)

Ammassati e affamati su un barcone nel Mediterraneo, a dialogare con una morte anonima, o d’innanzi ad un genitore in grado esclusivamente di ferire e mai di curare. Per loro la pietà non c’è stata.

 Continuano  le riflessioni di un educatore in un diario dei suoi primi mesi di esperienza in una comunità di accoglienza per minori. Per leggere la seconda puntata QUI:


Siamo giunti al 7 mese…

 Mese 7, Pietà

Sta finendo il settimo mese dall’inizio del mio lavoro come educatore di comunità di adolescenti.

Pietà, che non c’èPer il prossimo, per l’ultimo arrivato nel gruppo, per il più debole. Si distrugge senza pietà, a volte, soltanto per il desiderio di saltare sopra a delle rovine. Così fanno molti tra i nostri ragazzi.

Guardarli con i picconi in mano a picchiare così forte, e così a lungo, al punto da rovinarsi le mani nel dolore, mette a disagio. Fa rimanere male. Si aspetta di scorgere il sacro limite di questa fame distruttrice ma si viene delusi. Ogni immagine d’amore viene momentaneamente offuscata dalla loro foga. Tutto ciò che è stato costruito deve essere buttato giù, la misericordia non illumina ciò che si trova in mezzo alle fiamme.

A quale disperazione questi giovani hanno trovato consolazione?

Ammassati e affamati su un barcone nel Mediterraneo, a dialogare con una morte anonima, o d’innanzi ad un genitore in grado esclusivamente di ferire e mai di curare. Per loro la pietà non c’è stata, non hanno avuto la fortuna di potersi sciogliere dentro un abbraccio di consolazione. Farsi rigidi e tirare avanti, quella è stata la via.

La mancanza di protezione adulta è stata talmente brutale che sono convinti di non meritarsela.

Se non hanno trovato pietà negli occhi dello scafista che investiva sulle loro capacità di sopravvivenza, se non l’hanno trovata sulle labbra di loro madre, lei stessa troppo bisognosa di aiuto, dove possono averla sperimentata?

Della mia pietà temo che se ne possano fare ben poco, la loro vista è accecata da quella già non ricevuta.

Mese 8, E’ ormai l’autunno!

Sta finendo l’ottavo mese dall’inizio del mio lavoro come educatore di comunità di adolescenti.

È sabato mattina e la nebbia sembra risparmiare la pianura. Un sole frizzante, strano per le giornate tardo autunnali, ci illude, per due ore, che sia l’alba di una bella giornata estiva. Oggi pulizie in comunità: macello! E bene così, spesso i sabati di pulizia sono fin troppo tranquilli. I ragazzi, pur di non affaticarsi nelle faccende domestiche, usano inventare scuse, dalle più tradizionali, “ho mal di schiena”, alle più incredibili: “devo concentrarmi nella videolezione”. È chiaro, nella loro vita hanno visto talmente tanto sporco che la polvere della comunità gli sembra effettivamente di troppo.

Quest’oggi, invece, il sole, pare, aver svegliato proprio tutti.

La luce che entra abbondante dalle finestrone della cucina ben s’intona all’insieme di movimenti e frastuoni che si relazionano sinfonicamente tra di loro. Mi sento un direttore di orchestra, indico, correggo, aiuto, incoraggio. I feedback reciproci tra me e i ragazzi creano un ritmo che non lascia tempo alla ripetizione o all’incomprensione, tutto fila magicamente liscio. Un piccolo villaggio in miniatura al risveglio della bella stagione: chi fa colazione, chi scopa sulle scale, chi si prepara la sigaretta, chi disinfetta i sanitari, chi si gratta la schiena, chi ride, chi prepara la torta.

Ah già, la torta!

Oggi uno dei ragazzi compie gli anni. Lui ha chiesto di essere lasciato dormire qualche minuto extra, ci sta, al compleanno. Farlo alzare dal letto è stata dura, non che non fosse già sveglio ma con le sue prime parole sono usciti insulti che, di contrabbando, emergono dalle profondità degli oceani in cui pesca la randagia barca dei suoi sogni.

Calma e pazienza, è il suo compleanno.

Lui che non vuole neanche festeggiare questo giorno con noi: un po’ di capriccetto, molta verità. Il suo primo compleanno fuori da una famiglia e non il suo ultimo, purtroppo. Chi vorrebbe inaugurare con una festa l’inizio di una vita di affetti passeggeri, lontano dallo sguardo di chi darebbe via tutto quello che possiede per il tuo bene? Condannato ad una malcelata solitudine, lui lo sa e non ha voglia di celebrarlo. Dice di non aver voglia neanche di ricordarlo questo suo compleanno, nell’inutile tentativo di infliggere una damnatio memoriae alla sua esperienza in comunità ancora prima di concluderla.

Insomma, a fatica, si alza. Tre o quattro “tanti auguri”, un colpetto d’intesa sulla spalla, una sbirciata ad una torta con sopra il suo nome (che fa la sua porca figura) e anche lui si unisce all’insperata opera verdiana in corso questa mattina. A questo sole di oggi non si può proprio dire di no, è troppo bello. D’altra parte, tutti sappiamo che ci sta ingannando, questa luce che ricalca i ricordi estivi è l’eccezione in un nuovo e corto dì d’autunno.

Davide Pellini



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


Sostieni anche tu questa nostra testimonianza e specifica missione, Dona ora
inserendo la causale "sostegno vocazione all’accoglienza familiare"..