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Giuda, l’amico-nemico di Gesù: tre anni vissuti nel dubbio alla ricerca della verità

Il libro di Rino Cammilleri, nel proporre una lettura romanzata e approfondita della figura di Giuda Iscariota, rivela il dramma dell’uomo nell’incontro con il mistero del divino.

“Il mio nome è Giuda” bel libro, pubblicato nel 2017, scritto dal saggista e romanziere siciliano Rino Cammilleri,  propone una lettura romanzata e approfondita della figura di Giuda Iscariota.

Chi era Giuda Iscariota?

Giuda era sostanzialmente un fariseo, e come tale non riusciva minimamente a capire e tanto meno a fare proprio il messaggio di Gesù. In effetti Gesù è per certi versi l’esatto contrario del Messia atteso dai farisei che aspettavano un liberatore dal giogo dei Romani, mentre Gesù propone sì una liberazione, ma dalla schiavitù del peccato. Inoltre Gesù andava contro alcune di quelle regole che per i farisei erano fondamentali come ad esempio i riti di purificazione prima di mangiare, il divieto assoluto del lavoro di sabato, l’intrattenersi con esattori delle tasse, peccatori e prostitute.

Giuda e le ombre del dubbio

A Giuda la figura di Gesù, che pure l’aveva chiamato nel cerchio ristretto dei suoi discepoli più vicini, sembra proprio non riuscisse ad andare giù fino in fondo. L’ha visto fare prodigi pazzeschi: risuscitare morti, guarire ogni tipo di possessioni diaboliche e malattie, anche a distanza, persino camminare sul lago e placare le tempeste… eppure tutto questo, unito alla sua predicazione, al suo carisma e al suo pregare costantemente che ne faceva un esempio di orazione incessante, non è stato sufficiente a dissipare le ombre del dubbio che albergavano costantemente nel cuore dell’Iscariota.
Non poteva essere che così: Giuda era cresciuto alle scuole farisaiche ed era impregnato della loro cultura, del loro tipo di devozione e religiosità e della loro visione del mondo. Solo Gesù avrebbe potuto cambiarlo, ma questo avrebbe dovuto presuppore una volontà personale da parte di Giuda che lui stesso non aveva maturato.

I motivi del tradimento

Cammilleri propone un approfondimento della personalità di Giuda che dimostra tutto ciò. Ma l’autore mostra che c’è anche qualcosa in più in lui: la sua intraprendenza. Sembra che Giuda si sentisse chiamato a dirimere la questione se Gesù fosse o no il Messia, l’Atteso da Israele. E pensava di doverlo fare proprio consegnando Gesù al sinedrio, il consesso religioso più alto di Israele e quindi, ai suoi occhi, l’unico che potesse (e che dovesse) decidere in merito, dopo aver attentamente ascoltato la dottrina di quel rabbi. Questo era per Cammilleri il motivo del tradimento. Giuda scoprirà poi amaramente che il sinedrio non aveva alcuna intenzione di ascoltare attentamente Gesù e di esprimere, dopo aver a lungo meditato e soppesato le Sue parole, come in teoria avrebbe dovuto fare, una decisione ponderata. Al contrario il sacro consesso aveva già deciso di consegnare Gesù ai Romani perché lo eliminassero. Questa scoperta ha provocato in Giuda un’ansia e un senso di colpa insopportabili che lo hanno spinto al suicidio.

Giuda e gli altri apostoli

Il testo propone indirettamente un paragone tra l’atteggiamento di Giuda nei confronti del Maestro e quello degli altri apostoli. Anche gli altri apostoli capivano poco delle dottrine del loro rabbi, ma essendo gente semplice che non aveva studiato, erano anche liberi da tutti gli schemi mentali e le precomprensioni che al contrario caratterizzano Giuda, l’unico del gruppo dei dodici acculturato (oltre a essere l’unico giudeo in un gruppo di galilei). Agli altri undici non sarebbe mai venuto in mente di consegnare Gesù al sinedrio per saggiarne la veridicità! Oltretutto Gesù è sempre stato in polemica con tutte le varie componenti del sinedrio, a cominciare dai farisei e dagli scribi, che aveva sempre criticato, per proseguire con i vari dottori della legge, anziani del popolo e con i sadducei. Gli unici componenti del sinedrio che avevano dimostrato una certa vicinanza a Gesù erano 3 su 71: Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo e Gamaliele, un’esigua minoranza che difficilmente avrebbe potuto far valere il proprio parere in caso di un processo a Gesù (come in effetti avvenne), visto che il sinedrio procedeva per votazioni. Alla luce dell’atteggiamento di Gesù verso la stragrande maggioranza dei componenti del sinedrio, gli undici sicuramente vedevano con sospetto il sinedrio a partire proprio dalle persone che lo costituivano.

Giuda invece era granitico nelle proprie convinzioni

Anni di discepolato, prima con Giovanni Battista poi con Gesù non avevano minimamente scalfito la sua formazione farisaica e questo dimostra quanto fosse radicato il male in queste scuole farisaiche del tempo di Gesù le quali, partendo dalla Torah, quindi dalla Parola di Dio, arrivavano a costruire una religione totalmente estranea a Dio stesso. Al Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe che aveva incominciato a rivelarsi nella Torah, negli Scritti e nei Profeti. Di fronte a questo male così radicato, per la conversione di Giuda non sono bastati tre anni di sequela del Maestro, vivere costantemente a suo fianco, mangiare insieme a lui, pregare insieme a lui, ascoltare i suoi insegnamenti parabolici, vedere i suoi prodigi, ammirarne il carisma. Cammilleri descrive Giuda come una specie di quinta colonna, di talpa, dei farisei all’interno del consesso apostolico.

La forza del perdono

Questa ipotesi porta a riflettere sul mistero del male: se il male può essere così radicato e apparentemente impossibile da sradicare (ma nulla è impossibile a Dio!), non dobbiamo meravigliarci se quando cerchiamo di metterci alla sequela di Gesù, al servizio dei bambini abbandonati e dimenticati, il male cerchi di fermarci in mille modi attraverso quanti ci ostacolano, cercano di demotivarci, ci calunniano…
Ricordiamoci sempre che Gesù ci invita a perdonare settanta volte sette, ed è bello pensare che anche Giuda Iscariota sia stato perdonato da Dio, nella sua grande misericordia. Perdoniamo quindi chi ci ostacola e preghiamo per i nostri “nemici”. Anche per i nostri Giuda.
Paolo Pellini


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