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Nonni benedetti. Una società che sa accogliere la debolezza degli anziani è capace di offrire a tutti, specialmente ai più giovani, una speranza per il futuro

Privarsi della vicinanza dei nonni vuol dire privare i giovani del contatto con le loro radici, con la maturità, con la saggezza e lasciarli senza la possibilità  del confronto anche con la loro stessa fragilità.

Durante il lungo percorso della vita, se la giovinezza viene spesso paragonata al vigore, all’energia, al dinamismo, la vecchiaia viene invece dipinta, in una società sempre protesa al profitto, al giovanilismo e all’apparente perfezione, con colori scuri e opachi,  che ne vogliono rappresentare solitudine, fragilità e marginalità.

La pandemia ha nuovamente svelato, ad una società intenta a “produrre”, l’importanza e la ricchezza rappresentata dai nostri nonni. Quanti di loro, a causa del coronavirus si sono spenti all’interno delle RSA, quanti se ne sono andati soli, senza ricevere il conforto dell’abbraccio dei propri cari. Con loro se ne sono andate anche parte delle nostre radici, dei nostri affetti e  della nostra memoria.

 Nel mese di febbraio, la Pontificia Accademia per la Vita ha pubblicato un documento dal titolo “La vecchiaia: il nostro futuro. La condizione degli anziani dopo la pandemia” in cui dichiara con forza la necessità di un radicale cambio culturale che metta al centro l’anziano come persona, la sua storia, le sue esigenze, per fuggire, riprendendo le parole di Papa Francesco dalla tentazione della “cultura dello scarto”.

Abbiamo ancora negli occhi le immagini di quelle carovane che si allontanavano da Bergamo trasportando i corpi dei nostri cari caduti sotto il peso di un virus che ci ha colti impreparati e che non ha lasciato scampo. Molti di loro erano anziani, erano i nostri nonni.

“Il capo dell’Ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che nella primavera del 2020 fino alla metà dei decessi per coronavirus nella regione sono avvenuti nelle case di cura: una “tragedia inimmaginabile”, ha commentato. Dai calcoli comparati dei dati si rileva che la “famiglia”, invece, a parità di condizioni, ha protetto molto di più gli anziani”.

 Ecco che ritorna, anche nel documento redatto dalla Pontificia Accademia per la Vita, l’importanza dei legami, degli affetti, della famiglia, degli amici.

Uno dei più grandi drammi che coinvolge l’anziano è infatti la solitudine, la mancanza di supporto e di sostegno non solo fisico ma soprattutto del cuore, della mente e dello spirito.

“Il documento che il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita ha pubblicato il 7 aprile 2020, poche settimane dopo l’inizio del lockdown in alcuni Paesi europei, si sofferma sulla difficile situazione degli anziani e individua nella solitudine e nell’isolamento uno dei principali motivi per cui il virus si sta abbattendo così duramente su questa generazione”. 

 L’anziano, la sua fragilità, non è compresa né valorizzata dalla società di oggi. Privarsi della vicinanza dei nonni vuol dire privare i giovani del contatto con le loro radici, con la maturità, con la saggezza e privarli del confronto anche con la stessa fragilità.

Eppure “Una società che sa accogliere la debolezza degli anziani è capace di offrire a tutti una speranza per il futuro. Togliere il diritto alla vita di chi è fragile significa invece rubare la speranza, soprattutto ai giovani… Ecco perché scartare gli anziani – anche con il linguaggio – è un grave problema per tutti. Implica un messaggio chiaro di esclusione, che sta alla base di tanta mancata accoglienza: dalla persona concepita a quella con disabilità, dall’emigrato a colui che vive per strada. La vita non viene accolta se troppo debole e bisognosa di cura, non amata nel suo modificarsi, non accettata nel suo infragilirsi”.

I nonni e la fede

Con la pandemia abbiamo invece compreso forse un po’ di più la ricchezza che rappresentano gli anziani. Pensiamo solo alla nostra società così secolarizzata dove  i nostri nonni sono rimasti gli unici a trasmettere la fede ai propri nipoti. “Nelle società secolarizzate di molti Paesi, – ha rimarcato Papa Francesco – le attuali generazioni di genitori non hanno, per lo più, quella formazione cristiana e quella fede viva, che invece i nonni possono trasmettere ai loro nipoti. Sono loro l’anello indispensabile per educare alla fede i piccoli e i giovani”. 

Papa Francesco nell’ enciclica Fratelli tutti. Sulla fraternità e l’amicizia sociale, ha sottolineato come “isolare le persone anziane e abbandonarle a carico di altri senza un adeguato e premuroso accompagnamento della famiglia, mutila e impoverisce la famiglia stessa. Inoltre, finisce per privare i giovani del necessario contatto con le loro radici e con una saggezza che la gioventù da sola non può raggiungere” .

L’importanza di creare una rete di solidarietà più ampia

Certo a volte non è semplice. Vi possono essere numerose questioni di ordine sanitario, economico, lavorativo, che impediscono ad una famiglia che desidererebbe farlo, di prendersi cura dei propri cari. E a volte, non nascondiamolo, la cura di un anziano malato se grava solo sulle spalle di uno o due familiari può divenire davvero complicata.

Ecco perché occorre ricostituire una rete di solidarietà più ampia, “non necessariamente ed esclusivamente fondata su vincoli di sangue, ma articolata secondo le appartenenze, le amicizie, il comune sentire, la reciproca generosità nel rispondere ai bisogni degli altri”.

 Occorrerebbe, suggerisce la Pontificia Accademia per la Vita, impiegare maggiori risorse per consentire ai nostri anziani, qualora possibile, di rimanere nei luoghi a loro cari, in ambienti a loro familiari, ricevendo allo stesso tempo cure sanitarie adeguate. Sostenendo e permettendo alle famiglie di prendersi cura di loro.

C’è bisogno di un cambio di marcia, di una nuova visione, per il bene dell’anziano ma anche per il bene dei giovani e della società tutta.

“Tutto ciò richiede un processo di conversione sociale, civile, culturale e morale. Poiché solo così è possibile rispondere in maniera adeguata alla domanda di prossimità degli anziani, soprattutto dei più deboli ed esposti”.

 Un’alleanza attenta e creativa tra famiglie, sistema socio-sanitario, volontariato e tutti gli attori in campo… In tale orizzonte vanno promosse con creatività e intelligenza l’independent living, l’assisted living, il co-housing e tutte quelle esperienze che si ispirano al concetto-valore dell’assistenza reciproca, pur consentendo alla persona di mantenere una propria vita autonoma”.

 In tal modo sarebbe possibile godere della propria indipendenza e allo stesso tempo della tranquillità e del sostegno di una vita comunitaria, dove ci si possa aiutare reciprocamente “con un sistema di gestione del quotidiano totalmente condiviso e alcuni servizi garantiti, come l’infermiere di quartiere. Ispirandosi al tradizionale vicinato, contrastano molti dei disagi delle città moderne: la solitudine, i problemi economici, la carenza di legami affettivi, il semplice bisogno di aiuto”.

L’essenzialità di questo cambio di marcia si rende veramente necessario soprattutto se si pensa che  “secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2050 nel mondo ci saranno due miliardi di ultrasessantenni: dunque, una persona su cinque sarà anziana”.

Onora tuo padre e tua madre

“C’è un comandamento molto bello nelle Tavole della Legge, “onora tuo padre e tua madre”. Onore in ebraico significa “peso”, valore; onorare vuol dire riconoscere il valore di una presenza: quella di coloro che ci hanno generato alla vita e alla fede… La realizzazione di una vita piena e di società più giuste per le nuove generazioni dipende dal riconoscimento della presenza e della ricchezza che costituiscono per noi i nonni e gli anziani…E tale riconoscimento ha il suo corollario nel rispetto, che è tale se si esprime nell’accoglienza, nell’assistenza e nella valorizzazione delle loro qualità e dei loro bisogni”.

 

 

 

 



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


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