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“Perché diciamo ‘no’ a genitore 1 e genitore 2?” Rispondono i bambini abbandonati.

Sostenere oggi la famiglia autentica è fuori moda e un rischio: si è subito tacciati per retrogradi, medioevali e anacronistici. Ma se abbiamo attraversato positive stagioni di sviluppo civile anche nel nostro Paese è stato quando non abbiamo preteso di affermare un diritto a scapito di un altro.

Quello della formula “genitore 1 e genitore 2” è un tema che colpisce particolarmente e divide l’opinione pubblica, suscitando diverse reazioni e stimolando il confronto, esibendo talvolta il volto della ideologica contrapposizione; noi non abbiamo mai nascosto le nostre preoccupazioni ogni volta che è stato posto in discussione il diritto di ogni bambino ad essere figlio, accolto ed amato da un papà e da una mamma, i quali sono costituiti genitori proprio in virtù di tale gesto: i figli non si “fanno” e non si pretendono come fossero un diritto, ma si accolgono come figli, ovvero un dono di cui non si è mai dispoticamente proprietari anche se tanto desiderati.


Dalla parte dei bambini

È nota la nostra posizione, estremamente laica (anche se non nascondiamo la nostra ispirazione cattolica), nello schieramento e lontana da ogni gratuito pregiudizio ideologico: stiamo dalla parte dei bambini, in particolar modo di quelli abbandonati o in difficoltà familiare (siamo infatti consapevoli che non tutte le famiglie sono tali solo per come risultano in un certificato dell’anagrafe e molti sono i bambini che devono essere protetti e tutelati proprio per le difficoltà presenti nelle proprie famiglie di origine).

Con lo sguardo sempre rivolto ai bambini abbandonati e al loro desiderio di tornare ad essere figli, accompagniamo e sosteniamo volentieri quei coniugi che nella loro storia d’amore colgono nell’accoglienza della vita, anche per via adottiva, non un limite alla loro relazione affettiva ma il compimento della sua preziosa ed ampia fecondità.

Sulla identità della famiglia, dei soggetti che la costituiscono, dei relativi diritti e doveri, del ruolo e delle funzioni sociali, siamo da sempre fiduciosamente ancorati alla nostra Costituzione della Repubblica italiana e grati ai legislatori che nel corso del tempo hanno adeguato e migliorato l’apparato normativo a tutela e promozione di tutti i componenti della famiglia.

Certo, non tutte le leggi e norme applicative sono sempre condivise, alcune paiono decisamente ambigue e sembrano solo rispondere a tensioni ideologiche (non sarebbe, ahinoi, la prima volta).

Due mamme sono sufficienti a sostituire la presenza di un papà (e viceversa)?

La così denominata “famiglia tradizionale” è talvolta ironicamente menzionata da chi desidera banalizzare l’autentica identità della famiglia, sciogliendo o sostituendo la specificità della famiglia in altri e diversi sistemi sociali di relazione che, seppur legittimi, sono e restano “altro”.

Consapevole di esprimermi un po’ frettolosamente ritengo che due mamme non siano sufficienti per sostituire la presenza di un papà e due papà non siano in grado di sostituire una mamma: non è una questione di formazione o di preparazione, e neppure di percezione, ma di identità (posso sentirmi mamma, ma non basta per esserlo).

Qualcuno ritiene sia del tutto indifferente o ininfluente crescere dei figli in un contesto familiare o in uno monosessuale o caratterizzato da fluidità di genere; siamo invece convinti che a nessun bambino dovrà essere pregiudizialmente e artificiosamente tolto il diritto di essere figlio di una mamma e di un papà; riteniamo che i bambini non debbano mai essere semplicemente l’esito di una procreazione manipolata per essere ridotti ad oggetto del desiderio: i figli sono sempre soggetti, mai oggetto (su alcuni di questi temi suggerisco la lettura dei contributi pubblicati nel fascicolo n. 15 della nostra rivista “Lemà sabactàni?” dedicato al tema “il desiderio di un figlio. Adozione ed eterologa a confronto”).

I bambini e la legge… tanto è stato fatto, ma molta strada resta ancora da percorrere…

Pare che nella storia del nostro Paese alcune leggi non siano sempre ispirate alla tutela e promozione della dignità di tutti i soggetti coinvolti e considerati: i bambini sono spesso tra i più trascurati. Poco importa se devono restare sequestrati per anni tra le infinite controversie dei loro genitori; poco importa se devono diventare oggetto di diritto di chiunque esprima un desiderio nei loro confronti; poco importa se devono restare abbandonati per anni poiché i loro possibili genitori, aspiranti mamme e papà adottivi, vengono scoraggiati, ostacolati e selezionati come mai nessun altro genitore al mondo.

Anche sul fronte legislativo, ci siamo sempre spesi a favore dell’infanzia abbandonata e molte iniziative poi intraprese dal parlamento a tutela e protezione dei bambini e degli adolescenti sono anche il frutto di tanto nostro impegno e lavoro, molte volte condividendo proposte e progetti con il Forum delle Associazioni familiari di cui siamo soci sin dalla sua costituzione: molta strada resta ancora da fare…

“Genitore 1 e 2”: una formula per rispondere al bene dei bambini o ai desideri degli adulti?

Se con l’introduzione della formula “genitore 1 e 2” in alternativa a mamma e papà  – quindi non semplicemente un’estensione della formula “il genitore (che era ovviamente o la mamma o il papà) o chi ne fa le veci (in caso di assenza od impedimento di mamma o papà)” – si intende sostenere che non sussiste alcuna differenza nella responsabilità genitoriale tra mamma e papà, nessun problema; se invece si intende sostenere che le genitorialità vissute da “mamma e papà” possono essere sostituite senza alcuna differenza da “mamma e pseudomamma” o da “papà e pseudopapà”, occorre interrogarsi se questa operazione non risponda più ai desideri degli adulti che alle istanze dei figli: ancora una volta, noi stiamo dalla parte dei bambini. 

Esemplare e riteniamo condivisibile, su questa specifica questione, il commento di Luciano Moia, che, sulle pagine di Avvenire ha così commentato la decisione di introdurre nuovamente la formula “genitore 1 o 2”:

«Ridicolo se non offensivo pensare che il concetto e la sostanza di maternità e di paternità possano essere ridimensionati sulla base di una nuova nomenclatura amministrativa. Ma, allo stesso tempo, demagogico illudersi che sia sufficiente allargare il concetto di genitorialità per farvi rientrare chi, almeno sotto l’aspetto giuridico, non può esserlo.

 In ogni caso una questione complessa, dal punto di vista antropologico e sostanziale, che non è giusto risolvere con un decreto del Viminale. Né per i genitori biologici, né per chi lo è diventato grazie alla sentenza di un tribunale e avverte, con altrettanta intensità, che la sua maternità o paternità può comunque risultare preziosa. In entrambi i casi quell’uno e quel due appaiono riduttivi e paradossali. 

La ministra Lamorgese ha spiegato che l’iniziativa sarebbe importante “per garantire conformità al quadro normativo introdotto dal regolamento Ue e per superare le problematiche applicative segnalate dal Garante della privacy” sul decreto del 2019 e che “il nuovo schema di decreto ha già ottenuto il concerto dei ministri di Economia e della pubblica amministrazione ed è in attesa del parere del Garante, a seguito del quale sarà sottoposto alla Conferenza Stato-Città”.

Inoltre l’intervento si sarebbe reso necessario perché “il garante della privacy ha rilevato che la dicitura padre e madre nella carta d’identità digitale ha comportato forti criticità, dal punto di vista della di protezione dei dati e della tutela dei minori, nei casi in cui i soggetti che esercitano la responsabilità genitoriale non siano riconducibili alla figura materna o paterna».

Insieme a Moia riteniamo che anche questa spiegazione nasca da un grosso equivoco:

 «Difficile pensare che l’eventuale tutore si possa sentire offeso da diciture simili al tradizionale “chi ne fa le veci”. E, per quanto riguarda i nuclei “arcobaleno”, perché parole come “madre” e “padre” che vanno al cuore dell’identità e dell’umanità di ciascuno, al di là degli orientamenti sessuali, dovrebbero risultare problematiche e imbarazzanti? 

Difficile, se non impossibile, concretizzare un desiderio di genitorialità senza esprimerlo attraverso codici affettivi, educativi, spirituali che rimandano alla maternità o alla paternità. Una “via mediana” è antropologicamente impercorribile. 

Dal punto di vista giuridico il quadro, anche per le coppie omosessuali, è abbastanza chiaro. Può esistere un genitore biologico, che la legge naturalmente riconosce. E un altro genitore, padre o madre, che può diventare tale solo in forza dell’articolo 44 dell’attuale legge “184” del 1983, la cosiddetta adozione in casi speciali. Nel caso di un figlio nato all’estero con la fecondazione eterologa, la Consulta, nella sentenza del 2 ottobre scorso, ha chiarito che soltanto il genitore biologico ha il diritto di essere iscritto all’anagrafe come tale, mentre il cosiddetto “genitore intenzionale” – in quel caso la compagna della madre – non ha alcuna prerogativa costituzionale per pretendere di essere messa sullo stesso piano. E, finché il legislatore non deciderà se e come intervenire sulla questione la questione sembra essere chiara».

Si accampano, dunque, frettolosi giudizi e stereotipi sulla famiglia qualcuno la riduce ad una distorta e superata struttura “tradizionale”, citando strumentalmente stagioni felicemente superate della realtà familiare di decenni o secoli fa  per sostenere esclusivamente diritti individuali, sempre più letali per le relazioni interpersonali, sociali e la solidarietà: sempre più diritti e tutele che non generano al contempo doveri e solidale corresponsabilità, con uno Stato ridotto ad erogatore di prestazioni e sempre meno cifra identificativa di una comunità.

Fluidità nelle identità e nelle relazioni che hanno trasformato persone e società, ormai sempre più vulnerabili e manipolabili:

laicamente riteniamo che nessuna libera autodeterminazione di ogni persona potrà realizzarsi in assenza di una sua identità, ambiguamente e perennemente sospesa tra un profilo e la sua sempre possibile smentita, come opzione perennemente fluida e così letale. La società liquida, ben descritta da Z. Bauman, è forse ora pronta per evaporare. Una libertà che riesce sempre solo a sperimentarsi senza cimentarsi nel tempo (fedeltà non è rinuncia a infinite possibilità, ma il coraggio di decidersi definitivamente nel tempo), è una libertà inceppata non una libertà compiuta e realizzata.

Alla famiglia autentica (che ha il coraggio di essere non solo una scelta di vita “privata”, ma un bene sociale da condividere, che si caratterizza per essere luogo di reciproca dedizione incondizionata, di solidarietà intergenerazionale, di condivisione ed aiuto reciproco, di rispetto, di perdono e riconciliazione, …), cui dovrebbero essere dedicate straordinarie attenzioni e sostegni pubblici (non solo economici, come peraltro sembra talvolta ingenuamente emergere), possono affiancarsi altre stupende relazioni, senza necessariamente demolirne identità e importanza, senza presunzione di sostituirla o congedarla. Abbiamo anche sostenuto diverse forme di accoglienza raccogliendo preziose e speciali disponibilità di singole persone (come le accoglienze in casi speciali o gli affidi), senza pretendere di trasformarle automaticamente in forme di genitorialità alternativa o paritetica.

Sostenere la famiglia autentica oggi è diventato fuori moda…

Sostenere oggi la famiglia autentica è fuori moda e certo un rischio: si è subito manipolati e tacciati per retrogradi, medioevali e anacronistici.

Lasciamo ai nuovi illuminati dogmatici l’imbarazzante stagione ideologica, ma se abbiamo attraversato positive stagioni di sviluppo civile anche nel nostro Paese è quando non abbiamo preteso di affermare un diritto a scapito di un altro, quando abbiamo rispettato identità e dignità di ogni persona (senza discriminazione o privilegio alcuno), senza trasformare ogni desiderio in diritto, subordinando qualcuno a qualcun altro, custodendo il buon senso delle relazioni e della società non ridotta a collettivo tra anonimi ed indipendenti.

Noi, comunque, restiamo ad esclusivo servizio dei bambini abbandonati o in difficoltà familiare e ci chiamiamo “amici dei bambini” poiché ci siamo aggregati (coniugi, single, nonni, persone di buona volontà, …) attorno a questo umile servizio, condividendone il senso: chiunque abbia a cuore il loro destino, oltre ogni speculazione ideologica, può trovare in noi un possibile, speriamo affidabile, compagno di viaggio affinché possano quanto prima tornare ad essere amati ed abbracciati come figli da una mamma e un papà.

Gianmario Fogliazza

Centro Studi La Pietra Scartata



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


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