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La più grande virtù per una coppia di coniugi? La pazienza

Amoris Laetitia (2). Nell’anno “Famiglia Amoris Laetitia” continua la rilettura della lettera apostolica di Papa Francesco. Nella seconda puntata riflettori puntati sulla  pazienza all’interno della coppia: senza di essa “la famiglia si trasforma in un campo di battaglia”.

 

2 puntata su Amoris Laetitia

Nel capitolo IV dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia, Papa Francesco ci guida a contemplare il mirabile “inno alla carità paolino”, che si trova in Cor. 13, 4-7, mettendolo in rapporto all’amore sponsale nella quotidianità della vita famigliare.

Nella famosissima pericope biblica dell’inno, Paolo loda la carità elencando le varie caratteristiche che la contraddistinguono e i frutti da essa prodotti.

Francesco dedica per ciascuna delle caratteristiche della carità indicate da Paolo un sotto-capitolo composto da un paio di numeri della sua esortazione (ma per alcune caratteristiche anche tre o quattro). Risultano così, presenti, alla fine, 13 sotto-capitoli dedicati a questo tema.

Il titolo del primo sotto-capitolo è “pazienza”.

Il Papa inizia considerando la parola greca originale del testo paolino che viene tradotta in italiano in “paziente”: macrothimei. Il significato preciso di questa parola sappiamo essere, dagli studi esegetici, “lento all’ira”, termine che è un attributo divino che compare nell’antico testamento (nei libri dell’Esodo e dei Numeri), nella traduzione greca dei Settanta (quella redatta ad Alessandria d’Egitto nell’ambito della diaspora ebraica).

Nel rapporto di coppia, la carità, che è l’amore di Dio suscitato nei cuori degli sposi dall’azione dello Spirito Santo, porta gli sposi a essere “lenti all’ira”, l’uno nei confronti dell’altro.

Questo significa che quando sorge un disaccordo, non compare subito l’ira nel cuore dei coniugi, ma viene donata dall’alto la capacità, per dirla con Francesco, di “non lasciarsi guidare dagli impulsi ed evitare di aggredire” l’altro (n. 91).

Non dimentichiamo che questo essere lenti all’ira è, come detto, una caratteristica del nostro Dio, come ci viene attestato nell’Antico Testamento. È quindi una caratteristica che viene estesa agli sposi cristiani in virtù dell’azione dello Spirito e della speciale grazia insita nel sacramento del matrimonio.

Stiamo parlando quindi di una virtù, quella della pazienza all’interno della coppia, che è fondante rispetto al rapporto matrimoniale. Senza di essa, estesa naturalmente ai figli, “la famiglia si trasforma in un campo di battaglia” (n. 92).

Un marito o una moglie riescono bene ad immaginare la potenza benefica nella vita di tutti giorni di un atteggiamento paziente.

Quante volte ci scontriamo con tutti quei piccoli comportamenti dei nostri famigliari che d’istinto ci fanno saltare i nervi?

Il disordine o l’ordine maniacale, il classico tubetto del dentifricio mal strizzato, il rumore molesto, e potremmo continuare all’infinito, sono tutte quelle cose che a volte ci rendono insofferenti, appunto irascibili. Ma nella relazione famigliare sembra che ogni volta si trovi la forza di andare oltre appellandosi alla cosiddetta “santa pazienza” che riesce addirittura a trasformarsi in autoironia quando il cuore rimane aperto all’azione dello Spirito, insita nella grazia del sacramento. A volte questa “santa pazienza” manca, allora le scarpe fuori posto che provocano litigate insuperabili, possono essere solo il sintomo della mancanza di carità.

La pazienza è guardare l’altro con lo sguardo di Cristo

La pazienza non è banale capacità di sopportare, non ha nulla a che vedere con il vittimismo o l’eroismo di chi tace di fronte alle offese, ai maltrattamenti, alle angherie, ma è qualcosa di molto più grande: è il guardare l’altro con lo sguardo di Cristo. È riconoscere la sacralità dell’altro, in quanto creatura. Riconoscere la sacralità significa fare sacrifici (sacer facere) per quell’altro che abbiamo al nostro fianco, ossia renderlo sacro. Quindi accettare i limiti dell’altro sapendo che è proprio il limite che tutti ci accomuna in quanto creature.

Francesco ci invita infatti a spazzare via un equivoco che può fare tanti danni. Essere pazienti non vuol dire lasciarsi fare qualsiasi cosa, subire, rimanere inermi di fronte ad ogni genere di soprusi e di cattiverie. Questo no. Abbiamo il dovere di difendere la nostra dignità di figli di Dio, di creature da rendere sacre. La pazienza non è un processo di perdita della propria dignità e della propria autostima che può avere conseguenze gravissime. La vera pazienza è un’altra cosa e abbiamo cercato di descriverla sopra, seguendo le indicazioni di Francesco.

L’impazienza

Il Papa ci ammonisce anche descrivendo che cos’è l’impazienza, cioè il contrario della pazienza. Essa sta in chi si sente al centro del mondo e ha la pretesa che tutto fili liscio ma soprattutto che le altre persone siano perfette, sempre all’altezza delle aspettative. Si verifica quindi una specie di cortocircuito per cui qualsiasi minimo contrattempo ci spazientisce ed è fonte di sfogo della nostra aggressività. Siamo quindi nel campo dell’individualismo e del narcisismo, mali terribili e difficili da debellare che, ci ha avvertito spesso Francesco, sono tipici della nostra epoca.

Quante volte vacilliamo tra il sentirci trascurati e il volerci imporre? Lo facciamo accusando nostro marito o nostra moglie di metterci in secondo piano rispetto ai figli o al lavoro. Nella richiesta di attenzione può esserci sia la richiesta di essere amati, con sacrificio, che la volontà di imporsi. L’ira anche non esplosiva, l’offesa, ci portano a tacere e a sopportare come vittime; ma questa non è pazienza, è al contrario impazienza, individualismo. Ma quanto è difficile trovare un equilibrio tra pazienza e impazienza, sacrificio ed egoismo! Occorre esercizio, l’amore che riceviamo come dono gratuito deve essere restituito per realizzarsi e ciò è possibile. L’amore chiede cura, attenzione, non è mai scontato.

I figli imparano da noi la lentezza all’ira

I figli, che già hanno ricevuto il dono dello Spirito con il Battesimo, imparano la lentezza all’ira dai genitori e saranno pronti ad esercitarla nelle future coppie di sposi che andranno a costituire (a meno che siano chiamati alla vita consacrata, ma anche in questa la pazienza è indispensabile!).

Francesco invita ad esercitare questa pazienza nei confronti di tutti i fratelli, quindi ancor più nei confronti dei figli, anche quando “alterano i loro piani (dei genitori), li molestano con il loro modo di essere o con le loro idee se non sono in tutto come loro li aspettavano” (n. 92).

Il pensiero del Papa, a questo proposito, si conclude con la frase: “L’amore comporta sempre un senso di profonda compassione, che porta ad accettare l’altro come parte di questo mondoanche quando agisce in modo diverso da quello che io avrei desiderato”.

La pazienza di Dio si esprime nell’essere lento all’ira e anche magnanimo nella misericordia nei confronti di noi peccatori. Qualità inscindibili.

La nostra pazienza, esercitata primariamente in famiglia, oltre ad essere ad immagine di quella di Dio, è un esercizio di misericordia nei confronti di quelle persone che, ai nostri occhi, sbagliano. È un modo di “misericordiarle”, secondo il neologismo caro a Francesco.

Secondo il libro della Sapienza, citato dal Papa al numero 91, la moderazione di Dio di fronte al peccatore dà il tempo al peccatore stesso di ravvedersi e di pentirsi del proprio peccato. E questo lo fa Dio, che sa con certezza cosa è giusto e cosa è sbagliato. A maggior ragione dobbiamo dunque farlo noi che molte volte non siamo in grado di affermare con certezza che il comportamento degli altri sia sbagliato, e se lo facciamo è a partire solo da un nostro comprensibile pregiudizio. Possiamo cambiare idea e comunque non avremo mai la certezza di essere nel giusto, visto come siamo spesso vittime, con il senno di poi, di veri e propri abbagli. Quindi questo trattenersi e moderarsi è anche il risultato della consapevolezza dei nostri limiti, un atteggiamento che attinge anche ad un’altra delle caratteristiche della carità individuate da San Paolo, che esamineremo in seguito, quella dell’umiltà.

Misericordia, umiltà e pazienza

Misericordia, umiltà, pazienza, sono queste le parole che ci devono accompagnare nel nostro rapporto con il coniuge e con i figli. Muovendoci nel perimetro definito da queste parole non sbaglieremo e sapremo costruire un legame matrimoniale solido e un legame con i figli indistruttibile.

Guardiamo quindi al Dio dell’Alleanza, quello mostratoci nell’antico testamento, la cui immagine si completa sì con le caratteristiche del Padre indicatoci da Gesù, ma si basa con verità anche sulle vicende del popolo prediletto narrate nelle eccezionali storie contenute nella prima parte della nostra Bibbia, l’antico testamento appunto. E prendiamolo come modello, questo Dio dei patriarchi. Come dice Francesco al n. 91 “Lui ci chiama ad imitarlo anche all’interno della vita famigliare”. Lento all’ira e ricco di misericordia con chi si pente. La sua misericordia è copiosa, eccede qualsiasi ottimistica previsione. Così possiamo essere anche noi con il nostro coniuge e con i nostri figli e così possono essere i nostri figli verso di noi.

Salmo 103 (8-10)

Misericordioso e pietoso è il Signore,

lento all’ira e grande nell’amore.

Non è in lite per sempre,

non rimane adirato in eterno.

Non ci tratta secondo i nostri peccati

e non ci ripaga secondo le nostre colpe.

 

Ti preghiamo Dio, immensa Trinità di darci la forza perché in famiglia siamo capaci di accettarci l’un l’altro. Infondi nei nostri cuori attraverso le tue vie misteriose, o Santo Spirito, la pazienza, affinché possiamo sperimentare nelle nostre vite quella lentezza all’ira che ci porta a evitare di aggredire il coniuge o il figlio ad ogni contrarietà, non lasciandoci guidare dagli impulsi immediati.

(Anno Amoris Laetitia – 2)

Cristina e Paolo Pellini

Comunità La Pietra Scartata

 

 

 



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


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