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Dopo il COVID come dovranno essere le s. Messe?

Disaffezione, pandemia, “culto dell’eterna giovinezza” stanno via via svuotando la partecipazione alla messa domenicale. Una sfida per la Chiesa, che passa anche per una “rivoluzione pastorale”


“Se non è una festa, perché andare a Messa la domenica?” A porsi la domanda, apparentemente provocatoria, è don Armando Matteo, neo sottosegretario aggiunto alla Dottrina della fede, intervistato da Avvenire. Tema della discussione è, per l’appunto, la partecipazione alla santa Messa, il cui calo, già in corso, ha subìto un ulteriore colpo dato dalla pendemia.


Il calo di partecipazione alla santa Messa domenicale

Il tema, dice don Armando, “è centrale per il futuro del cristianesimo”, e la chiave è recuperare la dimensione della domenica come festa di un popolo che canta al Signore, che si ritrova come comunità di fratelli per “interrompere il tempo feriale del lavoro e delle preoccupazioni e anticipare il tempo del paradiso”. Il rischio, altrimenti, è di “prendere sul serio le cose finite e arrivare allo sfinimento”.

Ecco, allora, che l’idea di pensare a una diminuzione del numero delle Messe attualmente previste ogni domenica, potrebbe realmente essere presa in considerazione.

La partecipazione alla masse si lega al problema, più volte sottolineato, di come siano soprattutto i giovani e le donne a essersi disaffezionati alla Chiesa. Il fatto, sottolinea don Armando è che “Gli adulti hanno il cuore votato al culto della giovinezza. Giovinezza come grande salute, potere, denaro, prestanza sessuale, libertà infinita, bisogno struggente di stare sempre in giro…” È qui che si gioca la sfida dell’evangelizzazione: nell’interruzione della trasmissione generazionale della fede. Gli adulti offrono un vuoto di testimonianza ai loro figli, i quali, invece, hanno bisogno di vivere la testimonianza della fede come un contagio, un riflesso… “Se riusciremo a trovare una parola per i quarantenni o cinquantenni di oggi – continua il neo sottosegretario – saremo in grado di riavere una nuova sintonia con il mondo dei giovani”.

È qui che si fa cruciale il ruolo della comunità e dei parroci chiamati a guidarle. Il consiglio di don Armando a questi ultimi è di agire sempre “in modo che chiunque si sia innamorato di Gesù possa davvero diventare santo e cioè donato agli altri”. Agire in modo da “spezzare quel vincolo tra depressione e fede che tanto spesso ci caratterizza. Come credenti, siamo memoria vivente del Crocifisso Risorto che ha vinto la morte e ci ha spalancato le porte della Gerusalemme celeste verso la quale, con inni e canti, procediamo. Di domenica in domenica”.

 



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