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Cassazione. Il Crocifisso in classe non è discriminatorio

Una sentenza della Cassazione stabilisce che l’esposizione del Crocifisso a scuola non limita la libertà di religione e di insegnamento, ma la decisione deve essere frutto di un dialogo della comunità scolastica

Esporre in un’aula di scuola il Crocifisso non è un atto discriminatorio. Allo stesso tempo, però, la decisione di appenderlo dev’essere frutto di un confronto della “comunità scolastica dialogante che ricerca una soluzione condivisa nel rispetto delle diverse sensibilità”.
Sono questi i punti essenziali della sentenza della Corte di Cassazione a sezioni riunite riguardo un caso risalente ormai al 2009 e 2010 in un istituto di Terni. Qui, il dirigente scolastico, seguendo la decisione presa a maggioranza dagli studenti, aveva ordinato l’esposizione del Crocifisso, trovando, però, l’opposizione di un docente fermamente contrario, che vedeva in questo fatto una limitazione della sua libertà di religione e di insegnamento.
La Suprema Corte ha deciso che non fosse legittima la sospensione di 30 giorni comminata al docente “dissenziente”, proprio perché non si può semplicemente ordinare l’esposizione del simbolo religioso senza tentare un “ragionevole accomodamento” con chi avesse convinzioni contrarie: alunni e insegnanti, in sostanza, possono appendere il Crocifisso, eventualmente accompagnato anche da simboli di altre religioni, quando “la comunità scolastica interessata valuti e decida in autonomia di esporlo”.


Crocifisso simbolo di un’esperienza e una tradizione della comunità

Allo tesso tempo, però, la Cassazione ha respinto la richiesta di riconoscimento danni del professore contrario, in quanto l’esposizione del Crocifisso “non costituisce un atto di discriminazione” in un Paese come l’Italia dove a questo simbolo si legano “l’esperienza vissuta di una comunità e la tradizione culturale di un popolo”.
Dunque, verrebbe da dire, tutti contenti: da un lato chi giustamente sostiene che la Croce non possa essere simbolo di divisione ma, anzi, come sottolineato dai vescovi in un virgolettato riportato da La Stampa,inviti al dialogo”; dall’altro i contrari, che vedono riconosciuta la laicità dello Stato per il fatto che non possa essere semplicemente “imposta” l’esposizione di un simbolo religioso.
Sostanzialmente, semplificando, la Cassazione ha ribadito quello che da sempre sostengono i più riguardo questa annosa questione che tante volte ha finito per trasformarsi in scontro ideologico e politico: è con il dialogo che si possono sistemare le cose. Tanto da una parte quanto dall’altra.



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