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Marco Griffini. Il grido del perdono: Ma Dio rimase con Lui! (4)

Cosa manca ai nostri figli? Hanno tutto, a volte anche di più. Allora, perché non cessa la loro inquietudine ma continua in uno stancante alternarsi di speranza e delusione?

Il fascicolo n. 12 della rivista “Lemà sabactàni?”, in continuità con la sequenza di incontri proposti nel cammino di esplorazione del mistero dell’abbandono e dell’accoglienza nella storia della salvezza, affronta la vicenda di Giuseppe, figlio di Giacobbe, narrata in uno dei racconti più affascinanti e coinvolgenti di tutta la Bibbia. Più ci si accosta alla storia di Giuseppe, più le identificazioni e le convergenze con le condizioni di abbandono e di accoglienza note nel percorso adottivo emergono e si attivano, suscitando ulteriore rielaborazione circa l’interpretazione di tali esperienze, rilette alla luce della Parola di Dio capace di svelarne l’autentico senso.


Griffini verificherà similitudini e analogie della storia di Giuseppe sia con la condizione di Gesù in croce, sia con le esperienze dei figli abbandonati e dei genitori che li hanno accolti.

Seguendo le orme di Giuseppe lungo un itinerario segnato da due grida, quello dell’abbandono e quello del perdono, Griffini si propone di indagare se anche dal grido di abbandono di Giuseppe trovi origine quel cammino che porta alla salvezza: “vogliamo, ancora una volta, comprendere se è vero che il Padre non ti abbandona ma, anzi, ti benedice”.

Il percorso è diviso in nove tappe. Questa la quarta.

(Per la terza tappa QUI)

QUARTA TAPPA

Ma Dio rimase con Lui!

“Ma il Signore fu con Giuseppe” (Gn 39,21). Giuseppe in carcere non è solo! Il Signore è con lui e “gli accordò benevolenza” (Gn 39,21). Nostro figlio non è più solo, come nel suo primo abbandono: ora ha noi al suo fianco. In quel carcere, saremo noi, i suoi genitori adottivi, i primi a tentare di vedere oltre l’abbandono per scorgere, proprio nel momento più difficile della nostra accoglienza, la presenza del Signore e il suo progetto su nostro figlio e su di noi.
Il cammino da noi compiuto di spiritualità dell’adozione, ci ha insegnato questa verità: è proprio quando crediamo che tutto sia finito che si scopre ciò che prima non si riusciva a vedere, “il disegno è proprio, e sempre, quello della Pasqua” (cfr M. I. Rupnik, Cerco i miei fratelli, Roma 2008, p. 59).

Giuseppe, in quel carcere, nonostante tutto quello che ha subìto (avete mai provato a subire una grave ingiustizia?) “non ha escluso Dio, affidandosi unicamente all’aiuto dello psicologo, perché lo aiutasse a cicatrizzare le ferite della vita; la sua medicina è Dio” (cfr C. Macías De Lara, Giuseppe e i suoi fratelli, Milano 2008, p. 81).
E la medicina fa effetto: Giuseppe in quel carcere inizia a fare del bene – aiutava gli altri prigionieri – cioè inizia a restituire il bene al male che ha ricevuto!

Questa è proprio l’esortazione di Paolo, che noi genitori adottivi dovremmo sempre tenere presente, specialmente nei momenti più drammatici della nostra accoglienza: “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male” (Rm 12,21).
Che significato può avere per noi questo passo di Paolo? Vuol dire che dobbiamo “adottare” i nostri figli ogni volta che riappare, in loro o in noi, il male dell’abbandono: al male che li agita, a volte li sconquassa, rispondiamo sempre con il nostro bene: “Ti accolgo, ancora, sempre, perché sei mio figlio”.

Alla fine, ma ci sono voluti ben due anni, il bene sembra prevalere: Giuseppe non solo viene riabilitato, ma nominato “governatore del Faraone”, l’uomo più potente d’Egitto (dopo il Faraone, ovviamente). A questo punto la storia di Giuseppe potrebbe finire qui: successo pieno! Giuseppe ha vinto su tutto, sui due tradimenti, sulla mancanza di speranza … ma perché la sua storia continua? Cosa gli manca? Cosa potrebbe volere ancora?
Cosa manca ai nostri figli? Hanno tutto, a volte anche di più, sia in termini materiali che spirituali. Allora, perché non cessa la loro inquietudine ma continua in uno stancante alternarsi di speranza e delusione, un uscire e poi rientrare in quel maledetto “carcere”? Cosa manca ancora a mio figlio? Perché non trova la sua pace?



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


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