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La spiritualità dell’adozione. Alberto Cozzi. Il senso e le dimensioni dell’abbandono: la dimensione redentrice (8)

Nell’abbandono, il Padre e il Figlio fanno una “nuova esperienza”: quella della dimensione redentrice dell’abbandono. Il Figlio “Unigenito” del Padre realizza per tutti i fratelli un’adozione che supera le fratture dell’abbandono

Sul numero 4 della rivista “Lemà sabactàni?”, il teologo Alberto Cozzi (vicepreside della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e preside dell’ISSR di Milano), ha dedicato un lungo contributo a una riflessione sul tema dell’abbandono, provando a porsi in ascolto di chi abbandona e indagando se possa essere considerato uno scandalo cercare e trovare un dono nell’abbandono.
Cozzi pone in evidenza come la vera sfida per la fede sia proprio cercare di scoprire il senso e le dimensioni dell’abbandono della croce, il luogo dove Dio Padre abbandona Gesù Figlio. Tale comprensione non si rende disponibile senza entrare nell’intimità delle relazioni trinitarie, tra Padre e Figlio nello Spirito del loro amore. Solo da questa prospettiva si possono sentire le armoniche della relazione di abbandono/consegna tra Padre e Figlio, fino a percepire un «dono nell’abbandono» che trasforma i legami e le relazioni tra figli di Dio in un processo di trasfigurazione della realtà.
Qui, proponiamo il contributo di Alberto Cozzi suddividendolo in 11 tappe, introdotte da una riflessione di Gianmario Fogliazza che si può leggere QUI.


Il percorso è diviso in undici tappe. Questa è l’ottava
(Per la settima, QUI)


Ottava Tappa
Il senso e le dimensioni dell’abbandono: la dimensione redentrice

Se l’abbandono segna la relazione del Padre col Figlio in modo tanto radicale, si deve dire che i due si incontrano ormai in modo nuovo, ovvero attraverso una nuova esperienza.
«Con il sacrificio del Figlio, il Padre è diventato “un altro” ed anche il Figlio è diventato “un altro” dopo la sua esperienza della passione in questo mondo. Nel suo amore per il Figlio, che nella morte in croce fa esperienza del peccato del mondo, Dio fa un’esperienza che è essenziale per la redenzione del mondo stesso. È l’esperienza del dolore… Bisogna aggiungere che Dio fa qui un’esperienza nuova, alla quale si era aperto e per la quale si era reso disponibile fin dall’eternità, nel suo amore e nella sua ricerca dell’uomo. Ma che Dio faccia esperienza della croce significa anche che Egli ha assunto questa morte nella vita eterna e che la sopporta per donare al mondo abbandonato la propria vita» (cf J. Moltmann, La Chiesa nella forza dello Spirito, Brescia 1976, p. 91).

Quest’idea di una “nuova esperienza” rimanda peraltro all’intuizione della mistica A. von Speyr, che attribuisce al Dio della croce un’esperienza nuova della morte, che dà alla morte stessa un nuovo significato per noi, in quanto la assume nella relazione trinitaria, ossia nel legame tra Padre e Figlio.
L’abbandono si inscrive ormai in questa trasformazione dell’esperienza, che Dio vuole realizzare nella Pasqua del Figlio. Tale novità deriva dall’assunzione nel loro legame del peccato, della sofferenza, del male del mondo.

Tale assunzione, che “ferisce” la relazione nell’abbandono, termina nell’“adozione”, attraverso la risurrezione e glorificazione del Figlio, di ogni uomo nella famiglia di Dio (Ef 2,19-20). Non più creature o servi o addirittura nemici, ma figli nel Figlio.
Il Figlio porta in sé una sorta di “adozione” che supera l’abbandono: in ciò è il “primogenito tra molti fratelli”. In quanto costituisce il fondamento di questo nuovo legame filiale è l’“Unigenito” del Padre, che ha una relazione singolare e unica con Dio. In quanto “primogenito tra molti fratelli” realizza per loro e in loro un’adozione che supera le fratture dell’abbandono.



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


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