GIOVEDÌ 14 APRILE. Giovedì Santo – “cena del Signore”. Don Massimiliano Sabbadini (Consigliere spirituale de La Pietra Scartata) commenta il passo del Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,1-15)
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,1-15)
Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri». Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».
Il commento di don Massimiliano
«NELLA NOTTE IN CUI VENIVA TRADITO» – Il titolo del commento che propongo è l’esatta citazione della Preghiera eucaristica III del Messale, che introduce il racconto dell’istituzione dell’Eucarestia riferendosi esplicitamente al testo del Vangelo odierno. L’evangelista è molto chiaro: “Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani …”. Tutto lo svolgersi della Passione, che da qui prende avvio, è messo sotto la sigla del tradimento, del quale il Signore è consapevole e al quale non si sottrae.
È notte, c’è il buio, che non è soltanto quello della sera quanto piuttosto quello delle tenebre interiori di chi non accoglie la Luce, la Vita, e sceglie la via che conduce alla morte in tutti i sensi: Giuda, soprattutto con il suo gesto estremo che compirà dopo essere stato pagato per la sua triste azione contro Gesù, rappresenta ogni oscurità che l’uomo ha in sé e che consegue alle ragioni e alle decisioni che non si lasciano illuminare dalla Verità.
Invece la lavanda dei piedi (che tiene il posto di ciò che nel racconto degli altri Vangeli è l’ultima cena con l’Eucarestia) attraversa come un fascio luminoso ogni notte dell’umanità. L’amore di chi “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” non è impedito da chi tradisce. Anzi, l’opposizione rivela ancor più l’amore che il Maestro aveva dichiarato grande nel dare la vita per gli amici, che aveva predicato anche per i nemici e che, dopo la cena, egli attua nel Getsemani chiamando Giuda “amico” nel momento della consegna ai persecutori.
Siamo noi, oggi, quelli ai quali il Signore lava i piedi indistintamente, sia che siamo Pietro o Giuda o qualcuno degli altri. Il tradimento è il nostro peccato, piccolo o grande che sia, la nostra ostinata presunzione di essere Dio a noi stessi e l’orgoglio di ritenerci la verità assoluta per noi e per gli altri. Spesso ciò avviene ingannandoci circa il bene che desideriamo e che vorremmo per i nostri cari: è sincero ma si confonde con la misura di noi stessi, delle nostre invincibili ragioni, con la persuasione di avere in noi tutto il bene e solo il bene. Invece Gesù ci riporta alla logica più profonda dell’amore vero facendosi nostro servo e insegnandoci a fare come lui. Lasciandoci amare da lui, proprio quando non lo meritiamo, impariamo ad amare, cioè a servire senza giudicare, senza pretendere, senza dover essere riconosciuti e ricambiati.
Quanto c’è bisogno di questo amore nelle famiglie, nei rapporti affettivi e in quelli sociali, nelle vicende interpersonali e in quelle ecclesiali. Amare quando è difficile, quando gli altri appaiono nemici, e forse lo sono realmente, ci è possibile solamente se prima siamo amati così, gratuitamente e ostinatamente. Da Dio.
Gli orribili fatti della guerra, di ogni guerra, spengono la civiltà e sembrano cancellare la possibilità stessa dell’amore. Portiamo umilmente una piccola luce, quella di chi si lascia perdonare, servire, amare sino alla fine. Per seguire poi l’esempio e fare come Gesù.
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