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Amoris Laetitia (13). La carità tutto spera

Di fronte a quelli che ci paiono errori, anche enormi, che nostra sorella o nostro fratello possono fare, noi cristiani abbiamo sempre la speranza che l’anima di quella persona possa cambiare


Il 19 marzo 2021 è cominciato l’anno “Famiglia Amoris Laetitia”, che si è concluso il 26 giugno 2022, a Roma, con l’Incontro Mondiale delle Famiglie, a dieci anni esatti di distanza da quello di Milano del 2012.

L’8 dicembre scorso, festa dell’Immacolata Concezione di Maria, Papa Francesco ha proclamato anche l’anno speciale di San Giuseppe. Abbiamo vissuto, quindi, un doppio “anno speciale”, che ha messo felicemente insieme, al centro, la famiglia e colui che, avendo saputo custodire la Sacra Famiglia, è un modello e un intercessore per tutti i papà (e tutte le mamme) di tutti i luoghi e di tutti i tempi.

Per aiutare ad approfondire i temi della famiglia e dell’amore coniugale, a cinque anni dalla pubblicazione di Amoris Laetitia, Papa Francesco ha invitato tutti i fedeli a “fare il punto della situazione”, donando un piccolo e prezioso vademecum sull’amore coniugale e familiare ed esortando a non considerarci mai arrivati all’obiettivo, ma a continuare a confrontarsi con il testo, per rimettersi in discussione e, se necessario, in cammino.

In particolare, il quarto capitolo è dedicato all’amore nel matrimonio, con un richiamo al famosissimo brano biblico, che nella tradizione cristiana viene chiamato “inno alla carità”. Proveremo ad approfondire la lettura che il Papa propone della carità e delle sue caratteristiche attraverso 16 contributi, coprendo così l’intero anno dedicato alla lettura, allo studio e all’approfondimento di Amoris Laetitia.

Puntata 13

(Per leggere la puntata 12 QUI)

Siamo giunti al tredicesimo e penultimo appuntamento, del nostro cammino di riflessione sulla prima parte del capitolo quarto dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia, pubblicata nel 2016, come raccolta e rilancio dei due sinodi dei vescovi sulla famiglia (tenutisi a Roma nel 2014 e nel 2015), che tratta di quello che la tradizione della Chiesa ha definito l’“Inno alla Carità paolino”, dalla prima lettera di San Paolo ai Corinzi (capitolo 13, versetti 4-7): “La carità è paziente, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”.

Ricordiamo che le prime undici caratteristiche e frutti maturi della carità, di cui abbiamo proposto un commento nei mesi scorsi sono quelli della pazienza, della benevolenza, della guarigione dall’invidia, dell’umiltà, dell’amabilità, del distacco generoso, dell’assenza di violenza interiore, del perdono, del rallegrarsi con gli altri, dello scusare tutto e dell’avere fiducia.

Questo mese rifletteremo insieme sui numeri dell’esortazione 116 e 117, dedicati dal Papa di Buenos Aires alla dodicesima caratteristica e frutto maturo della carità: la carità che tutto spera.

La carità tutto scusa, tutto crede, tutto spera e tutto sopporta

La carità che tutto spera fa parte dell’insieme di quattro espressioni che ricomprendono il concetto di “tutto” e che costituiscono nell’inno paolino le caratteristiche della carità dalla decima alla tredicesima ed ultima. Le quattro espressioni sono: la carità tutto scusa, tutto crede, tutto spera e tutto sopporta.

Come già abbiamo commentato il mese scorso, il “tutto”, nell’amore coniugale e familiare, esprime molto bene la totalità di questo amore che scusa, sopporta ma soprattutto crede e spera. Con questi presupposti nella relazione familiare sembra che non ci possano essere limiti alla serenità, alla pienezza di vita, alla fecondità, alla generatività e alla libertà di ognuno.

La carità tutto spera

“Tutto spera”, panta elpizei nel greco paolino, ci dice Francesco, indica la speranza, che è in noi grazie alla caritàdi chi sa che l’altro può cambiare. Di fronte a quelli che ci paiono errori, anche enormi, che nostra sorella o nostro fratello possono fare, noi cristiani abbiamo sempre la speranza che l’anima di quella persona possa cambiare.

Ci può essere sempre una “maturazione, un sorprendente sbocciare di bellezza” (AL 116) nel fratello. Può essere che “le potenzialità più nascoste del suo essere germoglino un giorno” (AL 116). E per questo bisogna saper aspettare. Aspettare e pregare. Bisogna pregare con insistenza. Come ci ha insegnato il Signore Gesù, nostro fratello maggiore e maestro, bisogna pregare anche per coloro che ci risultano difficili da sopportare se non addirittura ci appaiono come nemici.

In famiglia, ci possono essere alcuni lati oscuri del coniuge o dei figli che ci sembra continuino a riproporsi senza cambiare e che ci innervosiscono tanto da creare tensione. La speranza (della carità) ci dà la forza di avere sempre fiducia in un cambiamento e motiva a dare e ridare fiducia al nostro caro, in un ricominciare senza fine in vista di un eterno che verrà.

Occorre però sempre fare attenzione: sapere che l’altro può cambiare non significa che la persona che decidiamo di sposare, anche se non perfetta, lo diventerà solo per amore cambiando radicalmente ciò che a noi non piace. Non significa avere il diritto di sottolineare o rinfacciare in continuazione il limite all’altro perché se il cambiamento è possibile diventa quindi dovuto: “Non vuol dire che tutto cambierà in questa vita” (AL 116).

Francesco ci insegna che l’atteggiamento che nasce in noi da questa caratteristica della carità ci permette anche di apprezzare l’agire di Dio nel perdurare dei comportamenti sbagliati della sorella o del fratello. “Dio”, infatti “può scrivere dritto sulle righe storte di quella persona, e può trarre qualche bene dai mali che essa non riesce a superare in questa terra” (AL 116).

Dio è capace di ricavare da un male un bene molto più grande

 Il Santo Padre mostra uno dei tipici e meravigliosi modi di agire del nostro Dio: Lui è capace (e lo fa spesso e volentieri!) di ricavare da un male un bene molto più grande. L’esempio più eclatante di questa dinamica è la croce di Cristo. Da un male (il tradimento di Giuda) Dio ricava un bene immenso: addirittura la salvezza offerta a tutti gli uomini di tutti i luoghi e di tutti i tempi.

Riflettiamo però anche sul fatto che a volte le fatiche nella relazione matrimoniale sono proprio legate al motivo che vorremmo a tutti i costi vedere i cambiamenti, non necessariamente per proprio interesse, spesso perché siamo convinti che se nostro marito o nostra moglie cambiassero starebbero meglio, quindi anche per il loro bene. Da questo possono nascere i comportamenti insistenti, a volte logoranti, a volte addirittura mortiferi per la relazione.

Speranza è anche la certezza della vita oltre la morte

In AL 117 il Sommo Pontefice ci parla della vita eterna. Lo fa perché speranza è anche la certezza della vita oltre la morte, cioè una speranza che non è semplice attesa fiduciosa ma certezza in qualcosa che avverrà, è fiducia senza dubbi. È questo, infatti, uno dei dogmi della nostra fede che l’uomo occidentale di oggi, razionale e pragmatico, fa più fatica a vivere. Spesso anche noi che ci professiamo cristiani siamo colti dal dubbio: ci sarà davvero una vita oltre la vita terrena, oppure con la morte finiamo completamente? La mia anima sopravviverà al passaggio cruciale della morte? Papa Bergoglio ci ribadisce di sì! Ci annuncia nuovamente che Cristo ha sconfitto per sempre la morte e che in lui vivremo per sempre!

È la carità che ci mostra che anche quel nostro fratello che sbaglia è chiamato alla pienezza della vita eterna. In questa vita, che è la vita del Regno celeste saranno cancellate per sempre, grazie alla risurrezione di Cristo, “le sue fragilità, le sue oscurità, le sue patologie” (AL 117). “L’essere autentico di quella persona brillerà con tutta la sua potenza di bene e di bellezza” (AL 117). L’autenticità di una persona, ci dice Francesco a chiare lettere, è fatta dalla parte di bene che c’è in lei, non dalla parte di male. Noi siamo il nostro bene, sia quello che riusciamo a esprimere che quello che c’è potenzialmente in noi di bene.

In questo modo possiamo anche essere capaci di contemplare quel nostro fratello che fatichiamo ad accogliere, trasfigurandolo con uno “sguardo soprannaturale” (AL 117), consapevoli che nella vita eterna lui sarà svuotato di quella parte che oggi ci infastidisce e che riteniamo essere male e sarà reso integralmente bene. Per l’eternità.

Se quel nostro fratello è il nostro coniuge, ciò dovrebbe risultare più facile.

Questo “tutto spera” racchiude in sé la somma delle altre caratteristiche della carità: pazienzabenevolenzaguarigione dall’invidiaumiltàamabilità, distacco generosoassenza di violenza interioreperdonorallegrarsi cogli altricompiacersi del bene altruiscusare tuttoavere fiducia. Gradini della scala che fa salire sempre più in alto ed avvicinare all’Amore pieno, la Carità.

Ti preghiamo, Santissima Trinità, tu che sei circolarità eterna di amore tra Padre, Figlio e Spirito Paraclito, rendici capaci di guardare sempre ai nostri fratelli che ci sembrano erranti con quello “sguardo soprannaturale” che ci ha indicato il nostro Santo Padre Francesco. Amen

Cristina e Paolo Pellini – Comunità la Pietra Scartata



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


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