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Maurizio Chiodi. È così difficile imparare a pregare? (7)

Dai tempo al SignoreLui abiterà il tuo tempo, prenderà dimora in te, nei tuoi sentimenti, nei tuoi pensieri, nel tuo agire. Sarà Lui ad agire, in tutta la vita, con la libertà graziosa e abbondante dell’amore che salva

 Volentieri pubblichiamo on line il contributo di Maurizio Chiodi proposto nel corso di un incontro di spiritualità dedicato alle famiglie dell’Associazione “La Pietra scartata” e del movimento Ai.Bi. Amici dei Bambini e ripreso nel fascicolo n. 12 della rivista semestrale “Lemà sabactàni? – contributi per una cultura dell’accoglienza”.
Gli appunti proposti da don Maurizio Chiodi – docente di teologia morale presso il Pontificio Istituto “Giovanni Paolo II” di Roma e la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano, autore del libro Dramma, dono, accoglienza. Antropologia e teologia dell’adozione (Edizioni San Paolo, 2020), ispiratore dell’Associazione La Pietra Scartata e suo primo Consigliere Spirituale, nonché direttore editoriale della rivista “Lemà Sabactàni?” – hanno come unico intento quello di favorire e invitare ogni famiglia cristiana a vivere la ‘straordinaria’ esperienza della preghiera.
Con la preghiera non si tratta certo di caricare le famiglie di ulteriori incombenze, pesi da portare o obblighi da osservare. Al contrario – osserva Chiodi – «la preghiera è a monte e valle del dono dello Spirito: ‘a monte’, perché essa è come un luogo che predispone lo spazio e il tempo per accogliere il Soffio di Dio, che ci dona se stesso, e ‘a valle’ perché essa è il frutto di questa grazia che lentamente plasma e trasforma la nostra vita, rendendoci immagine del Figlio che è immagine del Padre», come dice l’apostolo Paolo «e noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore» (2Cor 3,18).


Le sette tappe in cui viene proposto il testo e che scandiranno la preziosa riflessione di don Maurizio Chiodi, mettono in luce il rapporto originario e costitutivo tra la preghiera e la fede, la famiglia come ‘luogo’ della preghiera e forma privilegiata dell’educazione alla fede, le resistenze e le obiezioni che si frappongono sul cammino di chi vuole introdursi alla preghiera, il legame tra famiglia e comunità cristiana, le forme concrete della preghiera.

 Settima ed ultima tappa (Per leggere la sesta QUI)

  1. La preghiera personale: come imparare a pregare?

Arriviamo al centro del ‘santuario’, cui aprono e conducono tutte le ‘porte di accesso’ finora considerate. La preghiera, infatti, è la forma necessaria e bella del nostro incontro con il Signore Gesù.

C’è un brano di Vangelo nel quale egli stesso ci parla della preghiera. Non è l’unico, ma è affascinante. È il Vangelo di Lc 18,1-8, che propone una bella pagina sulla preghiera cristiana. Una parola attuale anche se non facile, una pagina particolarmente illuminante per comprendere che cosa significa e come si possa pregare personalmente. In questa riflessione conclusiva vorrei sottolineare due aspetti di questa parabola: la sua ‘punta’ e il segreto che essa ci consegna.

Mettiamoci dunque in ascolto della ‘punta’ di questa parabola. L’evangelista Luca dice che Gesù ha raccontato «ai suoi discepoli – a noi – una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai» (v. 1). I protagonisti sono una vedova – una donna povera – e un giudice – un uomo senza fede, disonesto.

È evidente che qui non dobbiamo pensare che Gesù paragoni Dio a un giudice e tanto meno a un giudice disonesto! Le parabole sono dei racconti che hanno sempre una ‘punta’, proprio come una parabola geometrica, e dunque hanno un significato fondamentale, senza che dobbiamo, per forza, ricostruire il significato esatto di tutti gli elementi contenuti nella parabola: i personaggi, le situazioni, gli avvenimenti, le cose.

Il significato fondamentale è molto chiaro. C’è una donna povera, indifesa, senza diritti, senza aiuti, senza meriti, senza la forza di farsi valere – una povera vera, insomma – che va da un giudice, senza fede e disonesto, in continuazione e lo importuna con insistenza, con tenacia, quasi con invadenza e con sfacciataggine. Questa donna non ha altra forza se non la sua insistenza. E chiede … chiede … senza mai stancarsi. Alla fine, tanto chiede che il giudice, pur essendo senza fede e disonesto, finisce per ascoltarla: «le farò giustizia».

È chiaro il senso della parabola, come dice Gesù stesso: “se il giudice che è disonesto ed egoista finisce per ascoltare questa donna, allora non farà così anche Dio? E non lo farà ancor più verso chi Egli ama e chi grida a Lui «giorno e notte»?”.

Insomma, non si può pensare che Dio non ci ascolti.

Anche qui però non dobbiamo trasformare Dio in uno che a tutti i costi ci debba dare quello che vogliamo noi e che noi stessi gli chiediamo con insistenza. Se pensassimo così ci perderemmo alla superficie di questa parabola. Non è questo ciò che Gesù dice. L’essenziale, qui, è altro.

La caratteristica fondamentale che Gesù insegna sulla preghiera è la ‘insistenza’. Non c’è altro segreto (o formula) se non questo. Si impara a pregare – personalmente, in coppia, in famiglia, in comunità – solo pregando. Con umile insistenza (in questo senso è molto bella la cosiddetta ‘preghiera del cuore’: cfr. Anonimo, Racconti di un pellegrino russo, Milano 2003 e l’antica edizione a cura di C. Carretto, I racconti del pellegrino russo, Assisi 2000).

Ma, ovviamente, non insistiamo per piegare Dio a noi e ai nostri desideri. Al contrario, invece, nella preghiera noi entriamo, pian piano, nel pensiero e nel sentire di Dio. E questo stravolge le nostre domande. Spesso le rovescia. Addirittura, può succedere che nella preghiera finiamo per non chiedere nulla.

La preghiera – dice Gesù – è semplicemente ‘insistenza’. Che cosa significa insistere?

In questa piccola parola, ‘insistenza’, sta tutto il segreto della preghiera e dunque il segreto per imparare a pregare. Non c’è altro metodo per la preghiera. Non c’è formula magica che insegni a pregare se non questa: se vogliamo imparare a pregare dobbiamo solo perseverare, non lasciarci vincere dalla tentazione di lasciar perdere.

Nella preghiera occorre semplicemente ‘dare tempo’ a Dio. Perché la preghiera è questo: è dare tempo a Dio. Sì, perché questa è la ‘insistenza’ che caratterizza la preghiera. Devi solo insistere nel dare tempo a Dio, ogni giorno, magari anche solo dieci minuti, anche se ti pare di non ricevere nulla in cambio, anche se ti pare che sia un tempo inutile, sprecato, vissuto male, buttato via. Dai tempo al Signore. Lui abiterà il tuo tempo, prenderà dimora in te, nei tuoi sentimenti, nei tuoi pensieri, nel tuo agire. Sarà Lui ad agire, in tutta la vita, con la libertà graziosa e abbondante dell’amore che salva.

L’attesa

Allora capiamo la domanda finale di Gesù, nel Vangelo: «il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (v. 8). Quello che è difficile nella preghiera e, più in generale, nella fede, è proprio l’attesa. Tu preghi e non succede nulla. Non arriva nulla. Tu sei lì, magari in fondo alla chiesa e comunque dinnanzi a Lui, e ti sembra di non essere nemmeno lì, davanti a un Altro. Allora l’attesa diventa troppo lunga, insopportabile. La tentazione che ti prende è quella di fuggire, di smettere, di alzarti e andare via. Ecco, è proprio qui che Gesù mi dice: “Devi insistere”.

Non devi insistere, certo, per chiedere a Dio ciò che pretendi tu, ma devi insistere, anche contro te stesso, a rimanere lì, davanti a Lui. La tentazione più grande, infatti, è quella di abbandonare il campo e di lasciar perdere. Così è nella preghiera! Anche quando sei stanco devi solo insistere. Anche quando sei tentato di fuggire … Questa è la fede! Prima o poi la porta della preghiera anche per te, improvvisamente, si spalancherà. Prima o poi la bellissima relazione che Dio ha con te si aprirà davanti ai tuoi occhi e tu la scoprirai con meraviglia.

Però sono davvero pochi quelli che resistono. Tanti, ma proprio tanti, sono i cristiani che pregano male, che pregano poco, che non pregano affatto. Sono pochi quelli che osano restare lì, ai piedi di Gesù. Ma questa è la fede! Proprio questo dobbiamo chiedere, ogni volta che preghiamo: di non stancarci di pregare, di continuare a dare tempo a Lui. Anche in silenzio. Solo se lasciamo che il Signore operi nella nostra vita, noi potremo riconoscere la sua grazia.



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


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