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Storie di accoglienza: “Avete già due figli vostri, cosa vi salta in mente di adottare un bambino?”

I più entusiasti erano risultati proprio loro, i bio-figli a km 0, da subito elettrizzati dalla prospettiva dell’arrivo di un fratellino/sorellina, disponibili a condividere con questo Anonymous, mamma, papà, giochi e cameretta


“Sì, splendida cosa, complimenti, ma…CHI VE LO HA FATTO FARE? Avete già due figli vostri, cosa vi salta in mente di adottare un bambino? E FINO IN CINA?”

Questa è stata la reazione più frequente quando, l’anno scorso, abbiamo iniziato a comunicare ufficialmente ad amici e parenti la notizia di essere quasi in dirittura d’arrivo con la pratica di adozione internazionale, e che entro breve lo spazio virtuale che nei mesi precedenti avevamo creato nella nostra famiglia sarebbe stato riempito da un nome e un volto molto concreti.

Già… chi ce lo ha fatto fare?

Dopotutto Federico e Costanza erano ormai grandicelli (all’epoca 11 e 6 anni), ci si era stabilizzati su un ménage quotidiano (scuola/ sport/ compiti/ dentista/ oratorio/ …) faticoso ma tutto sommato sostenibile, gli impegni di lavoro e sociali non mancavano, le primavere anagrafiche cominciavano a farsi sentire… insomma, cosa ci aveva spinto a imbarcarci in questa avventura che prometteva di sconvolgere le nostre vite tranquille con l’impatto di un meteorite?

Beh, sicuramente era un pensiero che avevamo maturato dentro individualmente nel corso degli anni, pur senza mai dircelo esplicitamente. Così, un dopocena di tre anni fa, era bastato il tempo di sparecchiare tavola per renderci conto che in casa c’era ancora lo spazio affettivo per un terzo bambino, che sarebbe stato bello e giusto accogliere nella nostra famiglia un bimbo/a che non aveva avuto l’opportunità di crescere nella sua, e che avevamo quell’onesta dose di incoscienza sufficiente a non preoccuparci più di tanto (nell’immediato) di tutto quello che ne sarebbe conseguito.

“Si può fare… e allora facciamolo”.

Pronti e via, il giorno dopo compilavamo i moduli del Tribunale.

I più entusiasti erano risultati proprio loro, i bio-figli a km 0, da subito elettrizzati dalla prospettiva dell’arrivo di un fratellino/sorellina, disponibili a condividere con questo Anonymous, mamma, papà, giochi e cameretta, brillanti e motivati nei vari incontri con psicologi e assistenti sociali, impazienti e via via sempre più insofferenti a constatare che i tempi del cuore non collimano con quelli della burocrazia (alla fine a farne le spese era Cristina, ribattezzata da Costanza “la signora di Milano che non ci vuol dare il fratellino”).

Col procedere della trafila che chi legge conosce bene o addirittura sta vivendo in questo momento, la convinzione di aver fatto la scelta giusta (o forse l’incoscienza…) si è andata sempre più rinforzando, e il processo di gravidanza virtuale arrivava a farci avvertire fisicamente la presenza di quel figlio/a che il caso o il destino aveva fatto nascere per sbaglio a migliaia di chilometri di distanza, e che dovevamo solo andarci a riprendere.

Quella era proprio lei, la nostra bellissima bambina…

Così, quando alle 13.21 del 17 dicembre dell’anno scorso il maledetto telefono finalmente squillava, e dall’altra parte c’era Cristina che dopo un paio di frasi di circostanza ci invitava in sede per una proposta di abbinamento, era stato come se ci si fossero rotte le acque (sì, anche al papà, e allora?), e il viaggio a Milano di due giorni dopo lo abbiamo fatto con la stessa agitazione delle due ormai lontane corse notturne in ospedale (“Chi sarà? Come sarà? Speriamo che vada tutto bene…”).

La narrazione della storia di An San Yao, la vista delle foto non erano altro che la conferma definitiva: quella era proprio lei, la nostra bellissima bambina, carne della nostra carne e (soprattutto) ciccia della nostra ciccia tanto quanto Federico e Costanza.

Si parte in quattro si torna in cinque…

Da quel giorno partiva la magnifica avventura:

l’allestimento della cameretta, i preparativi del viaggio, la conoscenza degli splendidi amici della Compagnia del Dragone con i quali avremmo condiviso l’esperienza più esaltante della nostra vita (per approfondimenti cfr. ForumAibi/Asia/Cina/Viaggio della Vita). Tre settimane di cui non dimenticheremo mai neanche un minuto, vissute al motto di “Si parte in quattro si torna in cinque”.

Era il 6 aprile di quest’anno, esattamente tre anni dopo quella famosa sera dopocena, che sbarcavamo a Malpensa massacrati dal viaggio ma con lo stesso orgoglio con cui Cannavaro scendeva la scaletta dell’aereo con la Coppa del Mondo tra le braccia… con la differenza che la nostra Sanyao non la rimettiamo in palio tra quattro anni, è nostra per sempre (e se finora non tiraste ancora fuori il fazzoletto, direi che questo è il momento).

A partire dal giorno dopo, è successo quel fenomeno incredibile che ci era stato preannunciato, ma di cui avevamo ascoltato con molto ligure scetticismo: Sanyao è sbocciata. Lei, che ci era stata descritta come bimba chiusa e molto timorosa, nel giro di 12 ore dall’arrivo in Italia era già perfettamente a suo agio nella sua nuova casa, si abbuffava con entusiasmo di focaccia genovese e ravioli della nonna, salutava parenti e amici con la confidenza che si dà alle vecchie conoscenze, affrontava con entusiasmo e curiosità le innumerevoli novità quotidiane. Nel giro di una settimana era già diventata il personaggio più popolare del paese, grazie al notevole lavoro preparatorio dei fratelli e alla sua empatia innata.

Ora è passata la primavera, è passata l’estate ed è come se Sanyao fosse con noi da sempre.

Nessuno ci ha più fatto quella domanda, perché la risposta è davanti agli occhi di tutti.

In Cina ci siamo andati per adottare un figlio, non una patologia

PS: Sanyao soffre dalla nascita di un’atresia all’orecchio destro (ovvero l’orecchio interno con timpano e tutto il resto sono formati, ma il padiglione auricolare manca e anche il condotto uditivo è chiuso). È il motivo per cui è stata abbandonata a un mese di vita, ma ormai ce ne ricordiamo solo quando si deve decidere con le varie zie/amiche/image consultants il taglio di capelli.

PS 2: Per onestà, bisogna dire che il tema degli Special Needs e l’incognita sanitaria sono stati una bella fonte di ansia nei primi tempi, soprattutto nella fase della compilazione dell’orrenda check list con cui abbiamo dovuto dichiarare la nostra disponibilità rispetto a una serie di malattie misteriose e molto inquietanti.

I mesi successivi, sebbene interminabili, sono stati comunque un necessario periodo di sedimentazione, che ci è servito per mettere a fuoco un concetto fondamentale: che non ha senso stare ad arrovellarsi su che tipo di abbinamento ci sarebbe stato proposto e fino a che livello di “sfiga” eravamo disposti ad accettare, perché in Cina ci saremmo andati per adottare un figlio, non una patologia. Così è stato per noi, e mi sbilancerei di poterlo affermare anche per le altre sette famiglie della Compagnia del Dragone.

 



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


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