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Padre per sempre. La vocazione alla paternità adottiva

Tu non potrai mai sapere quel che ha dentro tuo figlio, non cercare risposte che non troverai mai, amalo e vai avanti. Un figlio si ama e basta


Una lettera di un papà adottivo sulla bellezza e l’importanza di essere padri. Tre figli, tre esperienze differenti, come unici e irripetibili sono ognuno di loro. A fare da guida alle sue riflessioni Papa Giovanni Paolo II. A fare da modello alla sua paternità, San Giuseppe, il papà “adottivo” di Gesù…

Ho tre figli, tre figli accolti in tempi e con età diverse. Virgina, Fabricio e Tatiana. Tre rapporti differenti, distinti e unici come sono loro. Da loro mi sono giunte tre consegne.

La prima, quella di Virginia, giuntami nel 2021 in occasione della Festa del Papà è stata una dichiarazione intima, tenera e affettuosa:

“… E amo ogni gesto che fai per me, come quando mi chiami solo perché hai voglia di sentirmi … anche se scleri, ed io non vorrei … sei sempre forte per proteggermi, sempre accorreresti per salvarmi … so che sei il mio porto sicuro e oggi è solo un’occasione per ricordarti che ti voglio bene papà!”

La seconda, quella di Fabricio, un’intima, lacerante sofferenza svelata, mi ha graffiato, nel 2011, in occasione di differenti rientri in comunità.

“… Papà perché mi hai tradito? … Papà se mi vieni a prendere rientro in comunità …”

La terza ed ultima è invece una profonda e matura riflessione confidatami da Tatiana, in occasione del viaggio con lei fatto in Bolivia, sua terra di origine.

“… È lì che sono nata e lì che è cominciato tutto, non so niente del mio abbandono, sicura e certa che quello non è l’importante, ciò che importa è l’avvenire e cioè la possibilità di sorridere con una famiglia e oggi qui con me c’è … il mio papà”.

Padre adottivo? Per sempre!

Tre confidenziali consegne, ineguali come lo sono loro, che hanno dato pieno riconoscimento alla mia identità di padre; calde, intime rivelazioni che da sole possono rispondere pienamente a quel: padre adottivo? Per sempre!

Io non so cosa significhi essere padre biologico, non l’ho provato. Valutando da questo punto di vista la mia esperienza di diversamente padre, non riesco a cogliere grandi differenze tra paternità adottiva e paternità biologica. È pur vero ed innegabile, che una diversità vi sia e sarebbe un colossale errore negarla. Un giornalista presente qualche anno fa a uno dei nostri incontri ci confidò:

Osservandovi non si riesce ad accostare padri e figli e figli con padri, sembrate interscambiabili, loro vi trattano tutti da padri voi li trattate tutti da figli.”

La figura paterna è cardine nella crescita di ogni uomo

Essere padre, adottivo o biologico, non cambia, è rispondere a una vocazione, la vocazione a esser padre e all’assunzione di responsabilità che implicitamente ne deriva.

 Giovanni Paolo II nella lettera alle famiglie del 1994 richiamava la responsabilità dei padri:

La paternità e la maternità rappresentano un compito di natura non semplicemente fisica, ma spirituale; attraverso di esse, infatti, passa la genealogia della persona, che ha il suo eterno inizio in Dio e che a Lui deve condurre” (LF, 10).

Perciò attraverso la paternità passa, cioè, cresce e si umanizza la genealogia della persona. La figura paterna è cardine nella crescita di ogni uomo; la presenza del padre, il suo compito e la sua responsabilità sono assicurazione di una sana e corretta crescita umana, spirituale e sociale.

 Ancora Giovanni Paolo II

Non abbiate paura di rispondere alla vostra vocazione! Gesù dice a ognuno di voi: “Vieni e seguimi”! Non abbiate paura a rispondere a questa chiamata, perché Egli è la vostra forza.

(Giovanni Paolo II, Discorso ai giovani di Terra Santa – 4 Marzo 2000)

Un figlio si ama e basta

Mio papà un giorno mi disse:

Tu non potrai mai sapere quel che ha dentro tuo figlio, non cercare risposte che non troverai mai, amalo e vai avanti. Un figlio si ama e basta!

In quel momento nel rimettermi questo incoraggiamento, mio padre mi ha fatto sentire quanto figlio fossi ed ero ancora per lui. Ed anche mio figlio nel consegnarmi tutta la sua intima, lacerante sofferenza mi ha fatto sentire quanto padre fossi ed ero per lui. Un figlio si ama e basta! Anche se talvolta l’amore è sofferenza, sacrificio.

Non abbiate paura della sofferenza

Non abbiate paura della sofferenza e della morte! Esortava Giovanni Paolo II,

Poiché la croce di Cristo è il segno d’amore e di salvezza, non deve sorprenderci che ogni amore autentico richiede sacrificio. Non abbiate paura allora quando l’amore è esigente. Non abbiate paura quando l’amore richiede sacrificio. Non abbiate paura della croce di Cristo. La croce è l’Albero della Vita. È sorgente di ogni gioia e di ogni pace. Era l’unico modo per Gesù di arrivare alla risurrezione e al trionfo. È l’unico modo per noi di partecipare alla sua vita, ora e sempre.

(Giovanni Paolo II, Discorso ai giovani di Auckland – 22 novembre 1986)

 La gioia di essere padre

Quelle parole erano tutt’altro che semplici da capire. Quante volte questa esortazione l’abbiamo ripresa e quanto mai più calzante riscontro alla nostra esperienza genitoriale. Oltre al grande conforto che mi generava, soprattutto mi accompagnava alla percezione di far parte di quel piano infinitamente più grande di salvezza offertomi che non soggiace al ragionamento umano, ma che nell’accogliere i miei figli vi avevo aderito. Ho richiamato l’assunzione di responsabilità a essere padre. Ma quanto di più bello e grande comporta esser padre. Quanto arricchimento per un padre, maturazione comune, gioia, scoperta, tenerezza, empatia, vicinanza fisica e mentale, calore, odore, incontri di sguardi e carezze.

“Abbiamo perduto il padre”

Purtroppo, oggi molti padri non riescono a scoprire tutto questo e rinunciano, abdicando al proprio ruolo generando una mancanza di paternità che inevitabilmente si riflette sulla società. Ho trovato calzante un’espressione di una scrittrice in cui rileva la crescente sensazione della società senza padri:

Adesso siamo tutti disperati, inseguiti come Caino, non tanto perché abbiamo ucciso Abele, ma perché abbiamo perduto il Padre”.

E più andiamo avanti la percezione diventa sempre più reale di una società che ha perso il riferimento al Padre e ai padri.

I figli hanno bisogno del padre non solo come persona da amare, ma anche come modello e controllo dello sviluppo. Essere padri e aggiungo madri, oggi non è facile. È una vera sfida; molti padri purtroppo la sfida l’hanno rifiutata e si sono adagiati conformandosi alla cultura individualista e narcisista dominante, altri cercano di capire e di darsi da fare. Quanti esempi, invece, a cui attingere, rifarsi, trarre forza, impulso. Uno su tutti San Giuseppe, padre adottivo per eccellenza.

 San Giuseppe: icona e modello di paternità

San Giuseppe è icona e modello di paternità, custode della possibilità di rigenerazione e di educazione, della trasformazione del mondo, di cui il Figlio è portatore.

Ho citato poc’anzi la figura materna; credo che si possa esser padri se oltre ad esser stati figli, si è mariti; solo se vi è unità dei due, come la chiamava Giovanni Paolo II:

Solo se vi è unità dei due. Soltanto le «persone» sono in grado di pronunciare queste parole; solo esse sono capaci di vivere «in comunione» sulla base della reciproca scelta, che è, o dovrebbe essere, pienamente consapevole e libera. Il Libro della Genesi, là dove riferisce dell’uomo che abbandona il padre e la madre per unirsi a sua moglie (cfr Gn 2, 24), mette in luce la scelta consapevole e libera che dà origine al matrimonio, rendendo marito un figlio e moglie una figlia.

Pertanto, solo se vi è unità dei due, solo se nel momento in cui ci vengono donati questi figli li sapremo accogliere totalmente ripristinandogli la dignità di figlio persa, solo allora saremo padri per sempre!

Giuseppe Salomoni

La Pietra Scartata

 



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


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