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Marco Griffini. Il grido del perdono: Un incontro inaspettato (5)

Ora, con nostro figlio, siamo di fronte alla madre che lo ha abbandonato. Non ci riconosce, neppure quel bambino partorito, magari allattato e poi abbandonato. Ma noi sì, eccome se la riconosciamo: come ci comporteremo in quel momento?

 Il fascicolo n. 12 della rivista “Lemà sabactàni?”, in continuità con la sequenza di incontri proposti nel cammino di esplorazione del mistero dell’abbandono e dell’accoglienza nella storia della salvezza, affronta la vicenda di Giuseppe, figlio di Giacobbe, narrata in uno dei racconti più affascinanti e coinvolgenti di tutta la Bibbia. Più ci si accosta alla storia di Giuseppe, più le identificazioni e le convergenze con le condizioni di abbandono e di accoglienza note nel percorso adottivo emergono e si attivano, suscitando ulteriore rielaborazione circa l’interpretazione di tali esperienze, rilette alla luce della Parola di Dio capace di svelarne l’autentico senso.
Griffini verificherà similitudini e analogie della storia di Giuseppe sia con la condizione di Gesù in croce, sia con le esperienze dei figli abbandonati e dei genitori che li hanno accolti.


Seguendo le orme di Giuseppe lungo un itinerario segnato da due grida, quello dell’abbandono e quello del perdono, Griffini si propone di indagare se anche dal grido di abbandono di Giuseppe trovi origine quel cammino che porta alla salvezza: “vogliamo, ancora una volta, comprendere se è vero che il Padre non ti abbandona ma, anzi, ti benedice”.

Il percorso è diviso in nove tappe. Questa la quinta.

(Per la quarta tappa QUI)

QUINTA TAPPA
Un incontro inaspettato

Manca un incontro inaspettato: l’incontro con il suo passato, con quella madre che lo ha abbandonato. Ma forse anche a noi, genitori di un figlio abbandonato, manca l’incontro con quella madre. Il passato di nostro figlio, il pensiero di quella madre, per molti genitori adottivi è un chiodo penetrato con forza nei meandri del cuore e fa male, tanto da farlo sanguinare.
Giuseppe incontra il suo passato: mai se lo sarebbe aspettato! Ora è di fronte ai suoi fratelli, quelli che lo hanno abbandonato. Ora anche noi, noi genitori, con nostro figlio, siamo di fronte alla madre che lo ha abbandonato; è stato un lungo percorso, ma quel giorno è arrivato: lei è lì di fronte a noi. E non ci riconosce, non riconosce quel bambino partorito, magari allattato e poi abbandonato. Ma noi sì, eccome se la riconosciamo: come ci comporteremo in quel momento?

Giuseppe è attonito: passa dalla commozione all’incredulità; ma non si svela. Perché? Ha forse paura di un passato che ancora gli brucia dentro, ora che è stato costretto a confrontarsi con lui?
Anche noi ora siamo costretti a prendere una decisione: oramai quel passato, quella donna, sta lì di fronte a noi! … E aspetta la nostra decisone.
Sembra quasi che il nostro passato, con tutto quello che vi sta dentro, sia nelle nostre mani e che, fatto persona, sia ora in nostro potere. Siamo noi che dobbiamo decidere quale sarà il destino di quella “donna” che è prostrata davanti a noi con la faccia a terra.
Che le diremo? Che faremo? Ci sono quattro risposte. In questa tappa ne accostiamo due.

a) La tentazione della vendetta

Far pagare a quella donna tutte le sfaccettature del dramma in cui mi/ci ha precipitato con il suo atto di abbandono. La vendetta si compie nei confronti della madre, chiunque oggi essa sia, senza alcuna distinzione fra la madre che ti ha generato e quella che poi ti ha adottato. “Ora” voglio distruggere il tuo mondo così come si è distrutto il mio.
Ecco le parole di un figlio adottivo, arrabbiato con tutto e con tutti, che invoca la sua vendetta:

“Se vuoi essere mia madre, entra dentro il pugnale che mi ha attraversato. Ti devi fondere con me, con chi mi ha fatto. Adesso tu devi provare… Non può esserci un idillio tra noi, tu cosa ne sai? Vuoi saperlo? Allora provalo! L’amore non è un idillio, mi vuoi davvero? Io non lo so, voglio vedere se c’è un fondo, voglio vedere se reggi il terremoto, io la terra la voglio far tremare, voglio far tremare quelle cose della coscienza tranquilla, voglio far tremare il tuo paese perché il mio me lo avete distrutto. Voi chi siete per poterci abitare così tranquilli e contenti, in giardini di fiori coltivati mentre il mio Paese (il Brasile ndr) è solo un immenso giardino? Voglio veder crescere le erbacce dei vostri prati rasatamente soppresse. Mi ami? Allora distruggi il tuo mondo così come si è distrutto il mio. Solo allora, forse, possiamo giocare una partita leale. Io lo so! Fino a che punto posso farmi distruggere per amore, e non so più come farai, come faremo? Non m’importa! Non potrai essere importante per me, se non mi ami sino all’infinito… Non sei mia madre. Punto. Non sei mia madre” [cfr D. Pezzoni, L’esperienza di abbandono nel profeta Isaia, in “Lemà sabactàni?” n. 3(2009), p. 78].

La vendetta è una grande tentazione e anche Giuseppe l’ha subita.

b) La Rimozione

La rimozione, rifiutare la persona/il passato, come se non fosse mai esistita o, comunque, come e non avesse inciso nella mia vita. Una sorta di buco nero, piantato lì, in qualche parte della memoria, ma dal quale fuggire appena la mente si avvicina nei suoi paraggi.
Un passato che, però, rimarrà sempre in bilico, fra il timore di un incontro inaspettato – e, a questo punto, drammatico – e il desiderio di negare ciò che in realtà è avvenuto: il mio abbandono! Non è possibile rimuovere un passato: o lo si accetta o lo si rifiuta, ma il nostro passato e quello dei nostri figli è lì ed è sempre stato lì!

Nelle prossime due tappe accosteremo le altre due risposte: il perdono e il ringraziamento.

Fine quinta tappa



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


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