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Maurizio Chiodi. Le formule che insegnano a pregare (6)

La formula non corrisponde alla preghiera in sé, ma aiuta a darle corpo e concretezza. Come nel “Ti adoro”, che suggerisce il sentimento dell’offerta, alla mattina, e del perdono invocato alla sera

Volentieri pubblichiamo on line il contributo di Maurizio Chiodi proposto nel corso di un incontro di spiritualità dedicato alle famiglie dell’Associazione “La Pietra scartata” e del movimento Ai.Bi. Amici dei Bambini e ripreso nel fascicolo n. 12 della rivista semestrale “Lemà sabactàni? – contributi per una cultura dell’accoglienza”.
Gli appunti proposti da don Maurizio Chiodi – docente di teologia morale presso il Pontificio Istituto “Giovanni Paolo II” di Roma e la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano, autore del libro Dramma, dono, accoglienza. Antropologia e teologia dell’adozione (Edizioni San Paolo, 2020), ispiratore dell’Associazione La Pietra Scartata e suo primo Consigliere Spirituale, nonché direttore editoriale della rivista “Lemà Sabactàni?” – hanno come unico intento quello di favorire e invitare ogni famiglia cristiana a vivere la ‘straordinaria’ esperienza della preghiera.
Con la preghiera non si tratta certo di caricare le famiglie di ulteriori incombenze, pesi da portare o obblighi da osservare. Al contrario – osserva Chiodi – «la preghiera è a monte e valle del dono dello Spirito: ‘a monte’, perché essa è come un luogo che predispone lo spazio e il tempo per accogliere il Soffio di Dio, che ci dona se stesso, e ‘a valle’ perché essa è il frutto di questa grazia che lentamente plasma e trasforma la nostra vita, rendendoci immagine del Figlio che è immagine del Padre», come dice l’apostolo Paolo «e noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore» (2Cor 3,18).


Le sette tappe in cui viene proposto il testo e che scandiranno la preziosa riflessione di don Maurizio Chiodi, mettono in luce il rapporto originario e costitutivo tra la preghiera e la fede, la famiglia come ‘luogo’ della preghiera e forma privilegiata dell’educazione alla fede, le resistenze e le obiezioni che si frappongono sul cammino di chi vuole introdursi alla preghiera, il legame tra famiglia e comunità cristiana, le forme concrete della preghiera.


Sesta tappa (Per leggere la quinta QUI)

Le forme della preghiera

Un’ultima questione, legata alle forme concrete della preghiera, è quella delle formule. Di queste va ribadita sia l’importanza sia il limite. Esse infatti sono insieme necessarie e relative, ma è certamente sbagliato pensare che non servono.
Basterebbe ricordare che Gesù stesso, dietro forte insistenza dei suoi discepoli, ci ha insegnato a pregare consegnandoci una formula, il Padre nostro (Lc 11,1-4, Mt 6,7-15). Egli stesso inoltre apparteneva a una tradizione orante, quella del popolo ebraico, che aveva durante il giorno numerosi momenti di preghiera, con le formule corrispondenti. La stessa chiesa, nei secoli, ha istituito la preghiera liturgica delle ore, mettendo in stretta relazione i tempi di una giornata con le ‘formule’ della salmodia. Di questa forma di preghiera abbiamo già parlato.
D’altra parte è pur vero che le formule non possono identificarsi con la preghiera tout court e dunque con il nostro ‘dare tempo’ a Dio, anzitutto sostando alla sua presenza. Le formule aiutano a dare corpo e concretezza alla preghiera. In questo senso esse sono una iniziazione ad essa. Esse però non annullano, ma aprono la strada a espressioni più personali. Dal canto loro, le formule hanno anche il grande pregio di essere condivise e dunque comunitarie: ci permettono di pregare tutti insieme e ci sono state consegnate da chi prima di noi le ha scoperte, lasciandole quasi emergere dal proprio cammino di fede. Proprio per questo le formule hanno il vantaggio di offrirci parole che ci istruiscono su ciò che dobbiamo chiedere. Nessuno impara a parlare se non ascoltando gli altri a parlare. Così accade anche nella preghiera e non solo per i bambini.
Certo, si deve anche riconoscere che le formule non sono tutte allo stesso modo e necessariamente buone. Perciò è necessario sapere scegliere quelle giuste e soprattutto quelle più belle da insegnare ai nostri bambini. Ce ne sono di molto istruttive. Basterebbe pensare, tra quelle consacrate dalla tradizione, alla preghiera dell’angelo di Dio o dell’Angelus o a quella del Ti adoro.

Vorrei brevemente commentare – in modo puramente paradigmatico – la formula del Ti adoro, del mattino e della sera. Queste due preghiere a mio parere contengono e suggeriscono gli atteggiamenti fondamentali legati alla preghiera cristiana. Le due formule, quella del mattino e quella della sera, hanno in comune di essere una preghiera che inizia con un atto di adorazione e di amore, e con un tono particolarmente personale e confidenziale (mio Dio): «Ti adoro, mio Dio, ti amo con tutto il cuore». Queste semplici parole richiamano alla coscienza dell’orante che Dio solo merita di essere adorato e riconosciuto come l’Unico: in ciò consiste la fede. Adorare significa affidarsi a lui riconoscendo che egli è la nostra Origine e dunque riconoscendo che tra noi e Lui c’è una differenza radicale, che tuttavia non toglie la relazione, ma la suppone, senza che questa ricada nella paura: «voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: ‘Abbà, Padre!’» (Rm 8,15). L’adorazione esprime il fascino e l’attrazione che Dio esercita nei confronti del desiderio umano, come efficacemente esordisce s. Agostino nelle sue Confessioni (1,1,1): «ci hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te». Nell’orizzonte di questa fondamentale attitudine di fede, le due formule del Ti adoro, sia quella della mattina sia quella della sera, suggeriscono poi il sentimento della gratitudine: «ti ringrazio di avermi creato, redento e fatto cristiano». Dalla fede scaturisce la gratitudine.
Il Ti adoro suggerisce il sentimento dell’offerta, alla mattina, e del perdono invocato alla sera. «Ti offro le azioni della giornata: fa’ che siano tutte secondo la tua santa volontà, per la maggior tua gloria. Preservami dal peccato e da ogni male»: l’offerta della giornata predispone ad un agire e ad un impegno obbediente al buon volere di Dio, e chiede, nella preghiera, che il proprio agire resti lontano dal male, dalla menzogna e dalla violenza.
La preghiera della sera mette in rilievo, come in un rapidissimo esame di coscienza al termine della giornata, la richiesta, rivolta a Dio, del suo perdono, insieme con il riconoscimento grato del bene compiuto durante il giorno: «perdonami il male che ho commesso e, se qualche bene ho compiuto, accettalo». «Custodiscimi nel riposo, liberami dai pericoli».
Tutto, l’offerta così come il perdono, è possibile solo con l’esperienza della grazia di Dio, che si dà proprio nelle esperienze buone della vita. La preghiera, tanto alla mattina quanto alla sera, si conclude perciò con l’affidare a Dio non solo se stessi, ma tutte le persone care: «la tua grazia sia sempre con me e con tutti i miei cari». Questa preghiera, facile anche per i bambini, è una sintesi potente, altamente efficace ed educativa, della preghiera cristiana



L’Associazione LA PIETRA SCARTATA da anni accompagna e supporta le famiglie nella vocazione a prendersi cura dei bambini abbandonati o temporaneamente allontanati dalla propria famiglia, conservando o restituendo loro la dignità di figli, mentre si rende testimonianza dell’Amore di Dio nell’accoglienza familiare affidataria o adottiva, secondo il carisma proprio del sacramento matrimoniale, vissuto nell’ambito fecondo delle relazioni coniugali.


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