Qual è l’iter per chiedere il riconoscimento della paternità o della maternità di un figlio?

Buongiorno,

qual è l’iter che bisogna intraprendere per chiedere il riconoscimento della paternità o della maternità di un figlio? E chi può farlo? Sapreste rispondermi?

Giancarlo

Caro Giancarlo,

le normative sul riconoscimento del figlio naturale sono state di recente modificate dalla legge 219/2012, che ha eliminato le disuguaglianze tra i figli prima esistenti in base al fatto che fossero nati all’interno o fuori da un matrimonio. L’articolo del Codice civile che riguarda la “Dichiarazione giudiziale di paternità e maternità” è il 269 che recita testualmente che: “La paternità e la maternità possono essere giudizialmente dichiarate nei casi in cui il riconoscimento è ammesso”; “la prova della paternità e della maternità può essere data con ogni mezzo”; “la maternità è dimostrata provando la identità di colui che si pretende essere figlio e di colui che fu partorito dalla donna, la quale si assume essere madre”; “la sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre e il preteso padre all’epoca del concepimento non costituiscono prova della paternità”.

Da tale norma si desume che il figlio nato fuori dal matrimonio non riconosciuto alla nascita da uno dei genitori può intraprendere, davanti al Tribunale, un’azione per vedersi riconosciuto lo status di figlio di quel genitore e, in questo caso, non c’è prescrizione. Ma gli altri soggetti che possono proporre un’azione di riconoscimento della paternità o maternità sono anche, in caso di morte del figlio, i suoi discendenti che possono procedere entro due anni dal decesso.

Il fatto che la prova di paternità o maternità possa essere data con ogni mezzo apre la finestra su un tema complesso: mentre la prova della maternità risulta essere più semplice, quella della paternità è complicata e, anche se oggi il test del DNA è ammesso, il presunto genitore non può esservi costretto. Nel caso di figli nati da unioni incestuose, ovvero da persone legate da vincolo di parentela in linea retta o collaterale fino al secondo grado, questi devono essere autorizzati dal tribunale per poter agire. Quest’ultimo, infatti, dovrà valutare l’interesse del figlio connesso alla necessità di evitargli qualsiasi pregiudizio, potendo dunque arrivare a vietare l’azione di riconoscimento.

Ma quindi i genitori possono sottrarsi agli obblighi che la responsabilità genitoriale impone? A tal proposito è bene richiamare la norma di cui all’articolo 279 del Codice civile, che sancisce che “in ogni caso in cui non può proporsi l’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità il figlio (naturale) può agire per ottenere il mantenimento, l’istruzione e l’educazione. Il figlio (naturale) nato fuori dal matrimonio se maggiorenne e in stato di bisogno può agire per ottenere gli alimenti, a condizione che il diritto al mantenimento di cui all’articolo 315-bis, sia venuto meno. L’azione è ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi dell’articolo 251. L’azione può essere promossa nell’interesse del figlio minore da un curatore speciale nominato dal giudice su richiesta del pubblico ministero o del genitore che esercita la responsabilità genitoriale”. Dunque no, anche se il riconoscimento non è possibile per le più svariate motivazioni, i genitori non possono comunque pensare di potersi sottrare alle proprie responsabilità.

La competenza dei procedimenti di riconoscimento, che rivestono la forma del ricorso, è ora del Tribunale Ordinario senza che assuma rilievo la maggiore o minore età del figlio.

Qualora volesse approfondire l’argomento, non esiti a contattarci al 3400088431 oppure scrivendo all’indirizzo mail cefam@coopaibc.it. A disposizione c’è anche il nostro Ufficio Diritti.

Cordiali saluti,

Staff AIBC