Le strutture di accoglienza per minori stanno affrontando una situazione sempre più difficile, tra mancanza di operatori e richieste di aiuto in crescita
In un contesto di crescente disagio minorile, le comunità per minori stanno affrontando sfide sempre crescenti. Negli ultimi due anni, molte di queste strutture hanno chiuso i battenti a causa della carenza di operatori e della pressione economica insostenibile.
La mancanza di norme
La valutazione della situazione attuale è difficile data la mancanza di un quadro normativo uniforme tra le Regioni e la mancanza di una banca dati nazionale. Secondo i dati disponibili, al 31 dicembre 2020, c’erano 3.605 strutture di accoglienza, ospitanti in totale 23.122 persone, di cui 20.377 minori e 2.745 neomaggiorenni. Tra gli under 18, vi erano 5.282 minori stranieri non accompagnati, evidenziando la complessità della situazione.
Rivedere le politiche di accoglienza
Carla Garlatti, Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, sottolinea la necessità di una revisione delle politiche di accoglienza: “Abbiamo avviato una nuova indagine che coprirà il periodo fino al 2023, comprensiva degli allontanamenti d’urgenza dalle famiglie e un focus sugli esiti delle accoglienze”. Garlatti aggiunge che la maggior parte dei minori in affidamento familiare torna alle loro famiglie d’origine, evidenziando la necessità di un sostegno mirato a queste famiglie.
I percorsi di inserimento
Un altro problema critico riguarda i neodiciottenni, per i quali l’inserimento nella società senza il supporto familiare rappresenta una sfida, soprattutto in termini di occupazione. Nonostante ciò, iniziative come quelle promosse dai “Salesiani per il Sociale” offrono percorsi di inserimento lavorativo e professionale, cercando di colmare questa lacuna.
Tuttavia, per affrontare efficacemente queste sfide, è necessario un quadro normativo uniforme e aggiornato. Le recenti “Linee di Indirizzo” per le comunità rappresentano un passo nella giusta direzione.
[Fonte: Corriere della Sera]