Disturbo dello spettro autistico. In Italia né è colpito 1 bambino su 77

Mondadori: “Dentro queste persone c’è una luce. Ed è la stessa che si riflette negli occhi delle persone che si prendono cura di loro. […] La luce di un altro modo di essere uomini”.

 Si è celebrata il 2 aprile scorso, la giornata mondiale della Consapevolezza dell’Autismo.

Istituita nel 2007 dall’Assemblea Generale dell’ONU,  la ricorrenza ha l’obiettivo di focalizzare l’attenzione della società civile sui diritti delle persone nello spettro autistico.

Secondo i dati riportati dall’Osservatorio Nazionale per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico e condivisi anche sul portale del ministero della Salute, in Italia, un bambino su 77, tra i 7 e i 9 anni,  presenta tale caratteristica.  I maschi ne sono colpiti 4,4 volte in più rispetto alle femmine.

Questi dati, sottolinea il ministero della Salute, indicano: “la necessità di politiche sanitarie, educative e sociali atte a incrementare i servizi e migliorare l’organizzazione delle risorse a supporto delle famiglie.

Ma molto importante è anche far conoscere e sensibilizzare.

In occasione della giornata internazionale, Avvenire ha pubblicato sulle sue pagine un estratto della prefazione di Arnoldo Mosca Mondadori al libro di Franca Grisoni e Adriano Treccani ( Il filo srotolato. Autismo tra fotografia e poesia, edito da Scholè), un lavoro che ha deciso di raccontare il mondo dei ragazzi autistici legando assieme immagini e poesia, perché si sa: l’arte è un veicolo formidabile per comunicare messaggi tramite canali non convenzionali, arrivando direttamente a toccare le corde più sensibili dell’animo umano.

Riportiamo di seguito alcuni brani della toccante prefazione di Arnoldo Mosca Mondadori testo, pubblicati dal quotidiano.

“Ci sono persone eroiche, che ho incontrato come un dono nella mia vita, persone che con energie misteriose riescono a rendere la vita luminosa. Di solito questa luce la si vede negli occhi. Da lì si sprigiona con una tale semplicità da rimanerne quasi sopraffatti. Quando incontro questi “eroi” della vita, intuisco anche il senso della vita stessa: la luce misteriosa che si dà agli altri come capacità di ascolto, come gesto di puro disinteresse, come “amore”, questa parola tanto abusata, che però dagli occhi di questi eroi, che papa Francesco ha chiamato i “Santi della porta accanto”, diventa qualcosa di così concreto da ridarci la speranza.

Ci sono nella mia vita due persone di questo tipo, collegate ai temi trattati da questo libro, che mi vengono subito in mente e sono unite da un comune progetto: stare accanto e insieme ai bambini con problemi di comunicazione e quindi anche con i molti bambini autistici che non si esprimono con le parole. Sono Silvia Fiore e Aurelia Rivarola, neuropsichiatra infantile del Centro Benedetta D’Intino. […]

 […] Di fronte a un operatore che riesce a interagire con un bambino inizialmente profondamente inquieto e a giocare con lui, facendo emergere la sua gioia e i suoi segnali comunicativi, ci si trova ad assistere a una “liturgia della parola”.  Il Vangelo di Giovanni comincia dicendo che la parola si è fatta carne. Ecco, qui si vede questa cosa: la parola, comunque espressa, la Comunicazione, si fa carne e umanità. Non vi è nulla di retorico, nulla di pietistico: insieme ai bambini autistici si vede, si tocca, come la parola sia qualcosa di sacro […]

 Dentro queste persone c’è una luce. Ed è la stessa che si riflette negli occhi delle persone che si prendono cura di loro. […] La luce di un altro modo di essere uomini. E senza dimenticare lo sforzo, grande, costante, che costa l’operare con loro e il cercare di entrare in comunicazione, anche se aiutati dalle intuizioni e da metodologie efficaci e validate.  Da tutto questo, ricaviamo umiltà, prima grande lezione del bambino con autismo. E da umili, ricominciamo a camminare al passo dei bambini e delle bambine che abbiamo davanti anche in queste fotografie e in queste poesie. Ciascuno unico anche nel suo “disturbo”.

 Mettersi al passo del bambino significa provare il brivido di una promessa, cioè di una parola forte quanto la vita stessa (promessa: movente, motore, motivazione, mobilità) e allo stesso tempo fragile come un filo d’erba esposto agli elementi.