Quando i figli curano i genitori. La ricerca sui giovani caregiver: sono 400 mila 

Sono quasi 400mila in Italia i giovani tra i 15 e i 24 anni che si occupano di assistere un familiare in difficoltà, spesso un genitore malato o un fratello disabile. Una ricerca dell’Università Cattolica di Milano ha esplorato le sfide e le risorse di questi ragazzi

Un fenomeno silenzioso e sempre più vasto mette a dura prova la vita scolastica, sociale e affettiva di circa 400mila ragazzi tra i 15 e i 24 anni in Italia.
I giovani caregiver sono bambini e ragazzi che si prendono cura di un familiare, perché nessun altro lo può fare o lo fa in modo adeguato.
Si tratta di una condizione che li rende diversi dai coetanei, che li costringe a crescere troppo in fretta e che li espone a numerosi rischi per il loro benessere.
Secondo le ultime stime dell’Istat, in Italia ci sono 391.000 giovani caregiver, che corrispondono al 6,6% della popolazione tra i 15 e i 24 anni. Si tratta di un numero in forte aumento, raddoppiato rispetto al 2015.

Giovani caregivers: la sfida della cura tra le generazioni

Per capire meglio questo fenomeno, la professoressa Donatella Bramanti e la ricercatrice Maria Letizia Bosoni del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica di Milano hanno condotto una ricerca preliminare, in collaborazione con alcune realtà del Terzo settore.
La ricerca, intitolata Giovani caregivers: la sfida della cura tra le generazioni, ha intervistato 14 giovani, soprattutto donne, che si prendono cura o si sono presi cura assiduamente di familiari stretti, in particolare genitori con malattia psichiatrica o neurologica degenerativa, fratelli o sorelle con disabilità e anche nonni anziani non autosufficienti.

I fattori di rischio per i giovani caregivers

L’indagine ha evidenziato i fattori di rischio e i fattori protettivi che caratterizzano l’esperienza dei giovani caregiver. Tra i fattori di rischio, ci sono le difficoltà scolastiche, dovute alle numerose assenze, agli scarsi risultati, al disinteresse e all’abbandono degli studi.
Inoltre, ci sono le difficoltà relazionali, legate all’isolamento, alla mancanza di comprensione e di sostegno da parte dei coetanei e degli adulti. Infine, ci sono le difficoltà emotive, che possono portare a sentimenti di angoscia, colpa, rabbia, vergogna e a sviluppare fragilità, patologie o dipendenze.

I fattori protettivi

Tra i fattori protettivi, invece, ci sono il desiderio di riscatto, di rivincita e di investimento su se stessi, che spinge alcuni giovani a riprendere gli studi e a cercare un lavoro. Inoltre, ci sono il legame intenso con il familiare assistito, che può essere fonte di gratificazione e di senso, e la capacità di resilienza e di autostima, che deriva dal superamento delle difficoltà e dalla consapevolezza di poter affrontare le situazioni avverse.

La necessità di un intervento

La ricerca ha anche messo in luce la necessità di intervenire a livello di sistema, per intercettare la situazione di disagio e mettere in piedi una rete di supporto per queste famiglie.
Occorre coinvolgere la scuola, il sistema sanitario di base, i consultori, i pronto soccorso degli ospedali, i servizi sociali e attivare dei canali di allerta. Inoltre, occorre offrire ai giovani caregiver degli spazi di elaborazione e di condivisione, per esempio con gruppi di sostegno, che li aiutino a trasformare la loro esperienza in un elemento di crescita.