La carica dei “bamboccioni”: sono 2,5 milioni

I giovani italiani raggiungono l’autonomia abitativa dalla propria famiglia più tardi, rispetto alla maggior parte di quelli europei, in media dopo aver compiuto i 30 anni

Tante volte dai mass-media abbiamo letto o sentito, che i giovani di oggi sono dei bamboccioni, attaccati alla gonna della mamma anche a trenta anni, che amano la comfort-zone della famiglia, piuttosto che percorrere una strada indipendente.

Ma è proprio così? o sono le circostanze della vita a obbligarli a comportarsi in questo modo?

Leggiamo in un articolo di Giuseppe Guarino, pubblicato su LUCE, che i giovani italiani, raggiungono l’autonomia abitativa dalla propria famiglia più tardi, rispetto alla maggior parte di quelli europei, in media dopo aver compiuto i 30 anni (30,2 nel 2020), ben più tardi di quanto accade nel resto d’Europa dove i ragazzi lasciano “il nido” in media a 26,4 anni. (L’età media stimata in cui i giovani lasciano la famiglia, in Francia e Germania si colloca intorno ai 24 anni).

Inoltre, nel 2019 circa la metà degli europei tra i 18 e i 34 anni (50,4%) viveva con i genitori mentre in Italia la quota sfiorava il 70%, contro il 40% di Francia e Germania. Nella fascia 16-29 anni in Italia l’85,4% viveva con i genitori mentre in Europa la media è del 69% (Dati EUROSTAT).

A cosa attribuire, questa situazione?

È necessario indagare sui motivi che l’hanno creata e che sono collegati per lo più alle condizioni sociali ed economiche delle famiglie.

Si evince dai dati Eurostat che i Paesi caratterizzati da una tardiva uscita dei giovani dalla casa familiare, sono quelli dell’Europa orientale e meridionale. Su questo fenomeno incidono molti fattori, tra cui la possibilità di partecipare a percorsi d’istruzione e formazione che è collegata strettamente al reddito individuale e familiare. Quando non si vedono prospettive nel mondo esterno, si rimane di più in famiglia.

Spesso ci si trova nella condizione che i sociologi identificano con l’acronimo NEET (che sta a indicare coloro che non studiano, non seguono percorsi formativi e non lavorano).

Queste persone molto spesso hanno un livello d’istruzione inferiore alla media. L’Italia purtroppo in questa particolare e poco lusinghiera classifica, raggiunge la vetta, raggiungendo, nel 2020, nella fascia di età tra i 15 e i 29 anni una percentuale del 23,3 (dato più alto della UE).

Se scendiamo nel dettaglio, vediamo che i giovani NEET in Sicilia raggiungono il 37,5 %, a Napoli il 22,8% contro l’8,10% di Milano.

Da IN TERRIS, veniamo informati che 2,5 milioni di giovani, in Italia sono costretti a vivere in casa. Gli uomini lasciano l’abitazione di origine a circa 28 anni, le donne a circa 25.

La maggior parte delle persone che ha lasciato la casa dei genitori, lo ha fatto per convivere con il proprio partner, specialmente a livello femminile (69,7%). La maggior parte dei giovani che sono usciti di casa, vivono in affitto (48,7%) mentre il 25,2% abita in una casa di sua proprietà.

Spesso dopo una separazione o divorzio, si torna a vivere con i genitori, specialmente gli uomini, visto che la casa per lo più rimane alla donna.

È fondamentale la realizzazione di politiche che possano dare un aiuto concreto ai nostri giovani, che li facciano uscire dalla precarietà e gli donino la speranza di un futuro migliore.