L’ineguaglianza sociale tra le cause dell’obesità infantile. L’80% dei bambini obesi resta tale anche da adulto

Secondo quanto indicato dall’ultimo report di “Okkio alla Salute” del Ministero alla Salute, ad oggi, sono 100 mila i minori che soffrono di problemi legati al sovrappeso e all’obesità

“L’80% dei bambini obesi resta tale da adulto. L’ineguaglianza sociale passa dallo svezzamento” è questo l’allarme lanciato nel corso del sedicesimo Congresso Nazionale della Federazione Italiana Medici Pediatri FIMP, che si è svolto nel mese di ottobre, a Riva del Garda.

Una nota ripresa da diversi web magazine tra i quali Affari Italiani che riporta le parole della FIMP, Antonio D’Avino, è chiara:

“Il momento in cui un’alimentazione esclusivamente lattea viene integrata con cibi solidi e semisolidi è estremamente delicato. Si tratta di un periodo di durata variabile in cui, con una progressione graduale, il lattante giunge ad una alimentazione simile a quella del resto della famiglia. Il punto è proprio come ci si nutre all’interno del nucleo familiare: l’ineguaglianza sociale incide drammaticamente sul futuro stato di salute della persona. Le buone pratiche della nutrizione si fanno perlopiù in quella finestra temporale”.

L’obesità un problema anche di ineguaglianza sociale

Sembra difficile da credere, eppure sembrerebbe che sovrappeso ed obesità siano influenzati anche dall’ineguaglianza sociale.

“Le madri giovani – spiega il presidente FIMP- meno istruite, nubili, con attività lavorativa manuale e con minor disponibilità economica hanno un rischio maggiore di interrompere l’allattamento al seno e di iniziare l’Alimentazione Complementare prima del periodo raccomandato”.

Così come: “Un altro fattore di rischio è un più breve periodo di assenza dal lavoro per maternità. Un precoce rientro al lavoro è associato a un’interruzione anticipata dell’allattamento al seno che, oltre alla precoce introduzione di una formula, si associa anche a un inopportuno inserimento di cibi solidi […]”.

Non solo: “Le famiglie svantaggiate dal punto di vista socio-economico-culturale, infatti, usano più cibi pronti, aggiungono zucchero e sale ai cibi preparati in casa, si avvalgono del fast food anche per l’alimentazione del bambino, e, mentre introducono un numero maggiore di cibi all’inizio dell’Alimentazione Complementare, a un anno di età del bambino fanno assumere una varietà di cibi inferiore rispetto ai figli di famiglie di livello socioculturale più alto”.

La soluzione è sempre la prevenzione e l’instaurazione del rapporto con il pediatria sin da prima del parto al fine di evitare comportamenti scorretti.

“Come Pediatri di Famiglia – continua D’Avino-ci impegniamo a formare e informare i genitori, sulle potenzialità protettive di ciò che mangiamo da piccoli, su quanto le scelte compiute nei primi due anni di vita pesino sull’adulto che verrà”.

Secondo quanto indicato dall’ultimo report di “Okkio alla Salute” del Ministero alla Salute, ad oggi, sono 100 mila i minori che soffrono di problemi legati al sovrappeso e all’obesità. Solo nelle scuole primarie (6-10 anni) “su un campione di 50mila bambini di terza elementare- continua il presidente FIMP-  il 20,4% è in sovrappeso e il 9,4% è obeso e il dato più grave è che l’80% dei bambini obesi resta tale da adulto”.

Ecco allora che il documento intersocietario di raccomandazioni per la prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili e per la riduzione delle ineguaglianze sociali”  può essere un ottimo punto di partenza per offrire ai medici pediatri strumenti per indicare i passaggi corretti ai genitori, con indicazioni redatte su una solida base di evidenza scientifica.