La Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione hanno dato una lettura della legge sull’adozione in casi particolari che tiene conto dell’interesse del minore, della doppia appartenenza familiare e della riconciliazione dei legami: con il genitore biologico e con il genitore adottivo
Riportiamo l’attenzione sul tema dell’adozione in casi particolari alla luce di due sentenze, una della Corte Costituzionale (n. 79/22) e l’altra della Corte di Cassazione (n. 10898/22).
Ricordiamo, come premessa, la decisione assunta dalla Corte Costituzionale n. 79/22, la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 55 della legge 4 maggio 1983 n. 184, nella parte in cui mediante rinvio al’art. 300 secondo comma cod. civ. prevede che l’adozione in casi particolari non induceva alcun rapporto civile tra l’adottato e i parenti dell’adottante.
Evitare l’istituto
Tale sentenza muove dal rilievo secondo il quale “il minore non abbandonato, i cui genitori biologici versano in condizioni che impediscono in maniera permanente l’effettivo esercizio della responsabilità genitoriale (c.d. semi abbandono permanente) può sfuggire al destino del ricovero in istituto o al succedersi di affidamenti temporanei tramite l’istituto dell’adozione in casi particolari, applicata sul presupposto dell’impossibilità di accedere all’adozione piena, impossibilità dovuta alla mancanza di un abbandono in senso stretto”.
Precisato ciò, ricordiamo inoltre che la sentenza della Cassazione n. 10898/22 prende avvio (il ricorso iniziale riguardava la richiesta di adozione in casi speciali depositata dal nuovo marito della madre della bimba), a seguito dell’impugnazione della decisione assunta in sede di appello, che ha confermato quanto già previsto dal tribunale di primo grado e cioè l’esclusione dei presupposti dell’art. 44 L. 184/83 poiché in assenza di stato di abbandono della minore, la stessa coesistenza dei rapporti tra quest’ultima, il padre e il ricorrente (nuovo marito della madre pienamente accettato dalla minore in stato di grande serenità), non corrispondesse al suo concreto interesse.
Nel caso di specie la Corte territoriale ha escluso l’adozione piena perché non ha riscontrato lo stato di abbandono della minore e ha dato rilievo alla persistenza dei rapporti tra la bambina e il padre biologico, interpretandolo come un elemento ostativo all’accoglimento della domanda di adozione, ma, secondo la Cassazione ignorando il principio di diritto giurisprudenziale che ribadisce l’importanza della continuità relazionale tra minore e genitore biologico, anche laddove questi si trovi impossibilitato all’esercizio pieno della responsabilità genitoriale.
L’interesse del minore
La Cassazione quindi, ha censurato l’operato delle corti precedenti sulla base dell’orientamento consolidato di legittimità secondo cui il giudice, chiamato a valutare lo stato di abbandono del minore e, a decidere sulla dichiarazione di adottabilità, deve accertare la sussistenza dell’interesse del minore a conservare il legame con i genitori biologici e ciò in quanto l’adozione legittimante rappresenta l’extrema ratio a cui bisogna richiamarsi solo allorquando manchi quest’interesse, tenuto conto che il nostro ordinamento prevede sia l’ipotesi in cui il rapporto tra il minore e i genitori biologici sia totalmente reciso, sia l’ipotesi in cui venga garantita la conservazione del rapporto, come nei casi contemplati dagli artt., 44 e ss della L. n. 184/1983 e in particolare l’art. 44 lett. d).
La Corte per ulteriormente motivare la propria decisione richiama alcune precedenti sentenze che cristallizzano il principio di diritto molto importante secondo cui l’adozione implica la conservazione dello status di figlio dell’adottato rispetto al genitore biologico e la necessità della continuità relazionale con lo stesso.
La doppia appartenenza
In conclusione, secondo la Cassazione, nel caso concreto, l’adozione da parte del ricorrente, della figlia della moglie, realizza appieno il “preminente interesse della minore” ( art. 57, comma primo, della L. n. 184/1983) anche attraverso la creazione di legami parentali con la famiglia del genitore adottivo e la continuità con quelli della famiglia del padre biologico. L’art. 55 della L. n. 184/1983, oggetto della declaratoria di incostituzionalità, privava il minore di quella rete di tutele scaturenti dal riconoscimento giuridico dei legami parentali. Il rispetto del principio del “preminente interesse del minore”, trova riscontro nel caso di specie, anche dalle relazioni del Servizio sociale in atti e, pertanto, la valutazione fatta dalla Corte d’appello circa l’insussistenza dei presupposti dell’adozione in casi particolari, va a scontrarsi anche con i principi contenuti nella sentenza richiamata della Consulta nella quale viene sottolineato che l’assunto secondo il quale si possa avere una sola famiglia, “appare smentita proprio dalla riforma della filiazione e da come il principio di uguaglianza si è riverberato sullo status filiationis: il figlio nato fuori dal matrimonio ha, infatti, a ben vedere, due distinte famiglie giuridicamente tra di loro non comunicanti; l’identità stessa del bambino è connotata da questa doppia appartenenza”.