Nevrosi, paure, ricordi irreali di un tempo senza mascherine. I danni del Covid che fanno implodere le famiglie

Bambini, genitori, anziani… Ognuno subisce la violenza del Coronovirus e delle relative restrizioni, che amplificano le situazioni di disagio, acuiscono le nevrosi e rinnovano la paura di non farcela più

Il lockdown è necessario per contenere il virus, su questo si basano, ormai da più di un anno, le decisioni dei Governi dei vari Paesi. Da tempo, però, si sa anche che queste chiusure, la mancanza di socialità, la limitazione dell’attività fisica, la convivenza forzata prolungata… stanno causando conseguenze importanti a livello psicologico e di rapporti familiari.

Un mondo trasformato di rapporti sull’orlo del collasso

A raccontarlo, ancora una volta, è un articolo su D la Repubblica della blogger e scrittrice Claudia de Lillo, che sottolinea come “chi stava bene, oggi sta male; chi era già in bilico, va in frantumi”. La sua non è un’analisi scientifica della situazione o un commento su numeri e statistiche, ma è semplicemente lo sguardo di una donna, e mamma, che vede quanto il mondo intorno a lei e i suoi cari si sia trasformato.

Il segno visibile è quello della mascherina, ma si tratta, appunto, solo di un segno, sotto il quale ci sono le vite di tante persone trasformate dal virus. E non in meglio. De Lillo cita la ragazza di 14 anni, amica di famiglia da sempre, presa dalla paura di tornare a scuola quando ha potuto, dopo il primo lockdown. Parla della vicina di casa, sempre discreta, che oggi urla contro chiunque si aggiri per strada dopo il coprifuoco. Parla del figlio piccolo di amici tornato a fare la pipì a letto come non accadeva da anni.

Parla, ancora, della sensazione strana di vedere la scena di un film e stupirsi che i protagonisti non abbiano le mascherine, come se il mondo di prima fosse ormai lontanissimo e, oggi, tutti fossimo vittime di una situazione che, chiude la scrittrice, che ha portato le famiglie a implodere, facendo dilagare le nevrosi e le paure.

La bellezza ci salverà?

Una piccola risposta, forse, arriva dall’atteggiamento di suo figlio, che prima del lockdown voleva smettere di studiare il pianoforte e, ora, tutti i giorni lo suona e “ci si aggrappa come a un salvagente”.

Forse la musica può essere un antidoto, seppur blando? Un buon libro? Un film in cui non si usano mascherine? “Richiamiamoci al bello”, invita la De Lillo. Non sarà la soluzione a qualsiasi male, ma forse basterà per sopravvivere senza implodere, in attesa di tempi migliori.