Adozione: decreti vincolati, siamo certi che si faccia davvero il migliore interesse del minore?

Disporre, che l’adozione debba essere veicolata entro criteri aprioristicamente determinati per limitare il fallimento adottivo equivale a dire, che se l’adozione non è subordinata ai vincoli indicati, un futuro fallimento adottivo è da imputare, a chi l’adozione l’ha realizzata, quindi all’Ente Autorizzato

C’è da rimanere basiti nelle leggere alcuni recenti decreti d’idoneità emessi dall’autorità giudiziaria italiana (v. TM Palermo – settembre 2022) che, oltre ad essere vincolati, vengono oltretutto giustificati da rimandi giurisprudenziali e da finalità “di esclusione di fallimenti adottivi”. Una motivazione del tutto superflua, visto che è d’uopo realizzare un’adozione nel migliore dei modi preservando la nuova famiglia da qualsiasi rischio di sgretolamento.

La formalizzazione di tale concetto assume, la forma di un monito che potrebbe comportare non pochi problemi per gli Enti Autorizzati.

Disporre, infatti, che l’adozione debba essere veicolata entro criteri aprioristicamente determinati per limitare il fallimento adottivo equivale a dire, in termini concreti che se l’adozione non è subordinata ai vincoli indicati, un futuro fallimento adottivo è da imputare, senza alcuna indagine, all’adozione stessa e, di conseguenza, a chi l’adozione l’ha realizzata, quindi all’Ente Autorizzato.
Mettere in relazione dei criteri prestabiliti (dedotti da una relazione dei servizi sociali formulata a distanza di uno o due anni dall’abbinamento) con un evento funesto, ipotizzabile, ma anche non realizzabile, che potrebbe avvenire a distanza di anni dall’adozione, per svariati motivi, anche imprevedibili, è di per sé porre in capo all’Ente una responsabilità (con gravi conseguenze risarcitorie) della quale ne è assolutamente esente e appare una formula ricattatoria per giustificare una decisione priva di motivazioni adeguate.

Ai.Bi. ha sempre avuto una posizione contraria a ricevere dei decreti in cui venivano posti dei vincoli per l’adozione, unicamente per ragioni di maggiore tutela del minore.

L’abbinamento tra il minore e la coppia all’interno del procedimento adottivo internazionale viene effettuato con l’intervento del Paese di origine del minore: si tratta di un incontro tra due bisogni di cui hanno una conoscenza molto più approfondita due soggetti che non sono il Tribunale per i Minori italiano (che emette i decreti), ma l’autorità straniera specificamente preposta all’adozione e in diretto contatto con gli istituti e l’Ente Autorizzato. (Precisiamo che i TM italiani non hanno competenza specifica in ambito adottivo e nemmeno la recente modifica legislativa ha previsto un organo giuridico ad hoc per l’adozione).

Compito dell’Ente Autorizzato, legislativamente previsto dalla L. 184/83, è anche quello di accompagnare la coppia in tutto il processo adottivo che inizia proprio con il conferimento dell’incarico.

La fase precedente all’avvio della procedura internazionale, unica fase giudiziale (unitamente al riconoscimento della sentenza straniera), è necessaria perché la coppia ottenga l’autorizzazione ad avviare la pratica adottiva, e si concretizza in una sorta di prima valutazione, molto sommaria e generica, ma soprattutto molto in anticipo su quello che sarà la reale situazione della coppia (e del minore) all’atto dell’abbinamento.

È l’Ente che conosce approfonditamente la coppia, che la incontra, che redige delle relazioni attraverso le proprie psicologhe, che invia periodicamente non solo la documentazione amministrativa necessaria all’iter burocratico ma anche le relazioni sullo stato della coppia, che dialoga con l’autorità straniera… Per questo nessuno meglio dell’ente conosce la coppia, così come nessuno meglio dell’autorità adottiva straniera conosce i minori adottabili. La proposta di abbinamento perviene sempre (o nella maggior parte dei casi) dall’autorità straniera e l’Ente la condivide e discute con la coppia.

Eppure quando la proposta di abbinamento ricevuta non sia in linea con “i vincoli” disposti nel decreto di idoneità, pur sapendo che l’abbinamento è stato individuato sulla base di una maggior quantità di informazioni sulla coppia e di una conoscenza approfondita del minore, l’Ente dovrebbe indirizzare la coppia verso un rifiuto (con dannose conseguenze per la coppia, per il minore e anche per l’Ente nei confronti del Paese di origine), perché l’eventuale sentenza adottiva straniera rischierebbe, in modo quasi certo, di non essere riconosciuta dal TM italiano, rendendo vana l’intera procedura adottiva.