Aumentano le denunce ma diminuiscono le richieste di accoglienza in comunità? Una contraddizione in termini

Maria Galeazzi (AIBC): “Nel periodo del lockdown venendo meno tutte quelle situazioni di sentinelle sociali, come la scuola, che faceva da controllo e segnalazione, c’è stato un calo generale di attenzione sulle fragilità”

Dall’inizio del 2020 ad oggi, nelle case di accoglienza di Ai.Bi. dislocate in Italia, si è registrato un calo del 12- 15% delle richieste di inserimento di minori e di mamme con bambini in situazione di fragilità.

A smentire la ventata di sano ottimismo che di primo acchito potrebbe subentrare nell’apprendere di tale decremento percentuale rispetto al medesimo periodo del 2019, interviene l’ombra dell’emergenza sanitaria, che dal 9 marzo al 3 giugno, ha costretto, nella fase più acuta della pandemia le famiglie in casa, chiudendo fuori dalla porta il rischio di contrarre il Coronavirus ma anche tutte quelle sentinelle sociali che permettevano, nel pre covid, di individuare ed intervenire precocemente su situazioni di disagio e di difficoltà familiare.

Un esempio estremo, può ben far comprendere la situazione. Secondo i dati riportati dal Viminale nella tradizionale riunione del comitato nazionale per l’ordine e sicurezza pubblica di ferragosto, il 69,8% degli omicidi commessi in ambito familiare ha come protagoniste le donne, valore che nel periodo dell’emergenza da coronavirus è lievitato fino a raggiungere il triste primato del 75,9%.

L’indagine ISTAT sulla violenza di genere evidenzia inoltre come nel 64,1% agli episodi di violenza contro il coniuge assista anche il figlio che inerme ed impotente porterà dentro di sé la cicatrice di quegli atti brutali fisici o verbali.

Piccole vittime di una violenza che si consuma davanti ai loro occhi quando non addirittura loro stessi diventano l’oggetto di incomprensibili ferite fisiche e verbali, fin in alcuni casi più tragici, trovare la morte per mano di chi ha donato loro la vita.

Se maltrattamenti e disagio sono purtroppo sempre esistiti, anche prima della pandemia, durante l’emergenza sanitaria sembra che, chi era in una situazione di fragilità e di minor tutela sia rimasto meno tutelato. Solo, in balia del proprio aguzzino.

Aumentano le denunce di maltrattamento: un effetto del lockdown?

“Nei mesi di lockdown tutte le situazioni che già presentavano delle fragilità, per il fatto di essere chiuse e compresse tra le mura domestiche si sono amplificate” spiega Maria Galeazzi responsabile del servizio affido di Ai.Bi. Amici dei Bambini e tra le altre numerose attività, anche responsabile del progetto degli alloggi di Brescia dedicati a mamma e bambino.

L’Istituto Nazionale di Statistica ha evidenziato come nel periodo di lockdown si sia registrato un aumento pari al 59% del numero di donne che hanno contattato il 1522 per chiedere aiuto ai centri anti violenza, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’ incremento, sottolinea l’Istat, potrebbe derivare da un dilatazione dei casi di maltrattamento come potrebbe anche essere l’ottimo risultato di una forte campagna di sensibilizzazione verso la denuncia, o più probabilmente la somma di queste due componenti.

Un aumento generale delle denunce a cui sorprendentemente corrisponde un decremento del numero di richieste di accesso nelle strutture di accoglienza. Ipotetica spia di un profondo “sommerso” di fragilità e disagio vissuto all’interno delle mura domestiche che a causa dell’isolamento non è stato precocemente individuato e segnalato ma che è esploso in tutta la sua violenza.

“Nel periodo del lockdown venendo meno tutte quelle situazioni di sentinelle sociali, come la scuola, che faceva da controllo e segnalazione, le attività sportive o parrocchiali etc… c’è stato un calo generale di attenzione sulle fragilità. Le situazioni di difficoltà sono arrivate in maniera esplosiva con una denuncia e non con una presa in carico da parte dei servizi sociali che cercano di fare un lavoro preventivo di accompagnamento, graduale – racconta Maria Galeazzi – Adesso, presumiamo che anche le prese in carico dei servizi riprenderanno in maniera più consistente e così probabilmente le richieste di accesso nelle strutture di accoglienza”.

Ai. Bi. nella sua attività al fianco dei bambini indifesi e in difficoltà familiare non si occupa solo dei piccoli lontani ma accoglie e sostiene anche in Italia i minori più fragili, per garantirgli una possibilità, un futuro. Per insegnarli a volare con le proprie ali, grazie alle famiglie affidatarie, a Casa Pinocchio, comunità educativa per adolescenti, a Casa Francesco, alloggio per l’autonomia dei neo maggiorenni e alle numerose comunità mamma – bambino come Casa Tina, Casa Irene o Casa Caterina.

Aumentano le denunce di maltrattamento. Strutture di accoglienza sono disponibili su tutto il territorio lombardo

“Le nostre strutture di accoglienza si trovano disseminate su tutto il territorio lombardo – sottolinea Maria Galeazzi – raccogliamo richieste tendenzialmente da tutta la Lombardia. Da Milano città metropolitano, ma anche Varese, Crema, Cremona, Brescia e a volte anche da fuori regione”.

Insomma se il lockdown è stato necessario per contenere la fase acuta della pandemia è anche vero che ha aggravato quelle situazioni di disagio familiare che chiusa la porta di casa e isolato il nucleo al suo interno ha fatto più fatica ad uscire fuori, rinchiudendo i soggetti deboli nella loro sofferenza. Il monito di Maria sull’argomento è chiaro:

“Attenzione non facciamo lo stesso errore. Il lockdown era necessario da un punto di vista di salute pubblica, ma purtroppo ci sono situazioni che chiuse dentro le quattro mura di casa rischiano l’esplosione. È importante per questo continuare a vegliare sulle situazioni di fragilità”.