Un bambino in affido, una famiglia che rinasce

Le storie di chi ha aperto la propria casa raccontano come accogliere significhi crescere insieme

Sono migliaia i bambini che, in Italia, sono costretti ogni anno a vivere lontani dalla propria famiglia d’origine. Dietro questa separazione ci sono spesso fragilità temporanee, difficoltà economiche, problemi relazionali o situazioni che impediscono ai genitori biologici di occuparsi dei figli. In questi casi, l’affido familiare rappresenta una risposta concreta e solidale: significa offrire a un bambino una casa, stabilità emotiva e, soprattutto, la possibilità di crescere in un ambiente sicuro e affettuoso.

Affido non significa adozione

È importante chiarire un punto fondamentale: affido non significa adozione. L’affido è un percorso a tempo determinato e, quando possibile, il bambino mantiene il legame con la propria famiglia d’origine. Per chi accoglie, si tratta di un viaggio fatto di empatia, pazienza e apertura. Molti affidatari raccontano di aver ricevuto molto più di quanto abbiano dato: hanno scoperto risorse interiori inaspettate, ampliato i confini del loro affetto e imparato a guardare la vita da prospettive nuove.
Spesso, intorno all’affido circolano pregiudizi. C’è chi crede che servano requisiti straordinari: una casa grande, una famiglia “perfetta” o una disponibilità illimitata. In realtà, ciò che conta davvero è la volontà di esserci, la capacità di ascoltare e la voglia di costruire un legame positivo. I servizi sociali ed enti come Ai.Bi. Amici dei Bambini accompagnano passo dopo passo chi intraprende questo cammino, offrendo formazione, supporto psicologico e assistenza costante.
Accogliere un bambino in affido è un gesto generoso e coraggioso. Significa prendersi cura della sua fragilità e delle sue speranze, impegnandosi a donargli normalità, amore e responsabilità. È un’esperienza intensa, talvolta complessa, ma capace di trasformare profondamente chi la vive. Non a caso molti affidatari raccontano: “Non siamo stati noi a salvare lui, ma lui ad aver salvato qualcosa in noi.”

Le parole di chi accoglie

Lo testimonia la storia di Chiara e Marco, una coppia che ha accolto Gabriele, sette anni, dagli occhi attenti e il sorriso timido: “Non eravamo certi di essere pronti. Temevamo di non essere abbastanza forti o pazienti. Poi abbiamo incontrato lui e la nostra vita è cambiata.” La loro è una scelta concreta e quotidiana, fatta di piccoli gesti, di ascolto e di amore.
Molte sono le domande che sorgono quando si parla di affido. Chi può diventare affidatario? Coppie con o senza figli, ma anche persone single. Non serve essere perfetti, serve esserci. Quanto dura l’affido? Ogni storia è unica: può trattarsi di pochi mesi, di anni o di un tempo più lungo, sempre valutato insieme ai servizi sociali. E se il legame diventa troppo forte? “È successo anche a noi – racconta Marco – ma abbiamo capito che il nostro compito non era trattenere, bensì offrire stabilità. Sapere che Gabriele oggi è sereno è stata la nostra gratificazione più grande.”
L’affido è, in fondo, un ponte: unisce bambini e famiglie affidatarie, ma anche famiglie d’origine e operatori sociali. È costruito su ascolto, rispetto e fiducia reciproca. “Ci chiedono spesso se lo rifaremmo – conclude Chiara – e la nostra risposta è sì, mille volte sì. Non è stato facile, ma è stato profondamente giusto.”