Come abbiamo affrontato il lockdown nelle nostre comunità di accoglienza?

Sara Bachiorri: “All’inizio è stato difficile far capire alle mamme che non potevano uscire. Devo però dire che le ospiti della casa dove lavoro sono state brave a comprendere il rischio”.

Sara Bachiorri ha 28 anni e da quasi 4 collabora con Ai.Bi. come operatrice di comunità all’interno delle case di accoglienza mamma – bambino, prima in casa Caterina ed oggi in Casa Tina.

Le case di accoglienza sono strutture che l’associazione Amici dei Bambini ha realizzato in Italia al fine di prevenire l’abbandono e sostenere la maternità, accompagnando le madri in difficoltà.  Permettendo loro di acquisire e rafforzare le proprie competenze genitoriali, la sicurezza e la fiducia in se stesse. Aiutandole ad essere donne e madri più consapevoli, forti ed autonome.  Mostrando loro gli strumenti idonei per recuperare la relazione  con i propri figli.

Le case di accoglienza mamma – bambino sono comunità in un contesto educativo residenziale in cui accogliamo le mamme con i propri figli che ci sono inviate dal tribunale dei minori – racconta Sara – mamme maltrattate, con dipendenze o incuria nei confronti dei minori”.

Un percorso per ricostruire il filo della relazione con il proprio bambino

Ogni donna ha una proprio vissuto. Gli operatori le accolgono, le accompagnano, le seguono lungo un percorso che durerà in media 1 anno e che permetterà loro di cercare di ricostruire il filo della relazione con il proprio bambino, ma ogni storia è a sé stante e non può essere paragonata alle altre.

“Sono sia mamme italiane che mamme straniere – spiega Sara – oggi, piuttosto che mandare subito in comunità per minori i bambini, il giudice tende a collocare insieme in comunità la mamma con i propri figli”. A dare una chance alla ricostruzione del loro rapporto insomma.

Essere operatore di comunità non è un lavoro semplice. Può essere anche molto faticoso emotivamente. Può arrivare a toccare le corde più sensibili di ogni operatore: “La relazione genitoriale è un ambito di interesse che per noi operatori può smuovere molto anche a livello personale – chiarisce Sara – Per questo secondo me  è importante che non si abbiano grandi irrisolti personali. Essere operatore di una comunità mamma – bambino significa affiancare la mamma per aiutarla e dargli gli strumenti che magari per una storia personale non ha ricevuto con l’obiettivo di farla sentire meglio soprattutto in relazione con il suo bambino”.

Un impegno importante quindi, perché improntato sulla ricostruzione e il recupero di un rapporto vitale, il legame tra un bambino con sua madre.

Coronavirus e attenzione alla sicurezza

Un lavoro che non si è fermato neanche durante il periodo dell’emergenza dovuta al coronavirus, seppur portato avanti con molte più attenzioni e difficoltà: “All’inizio del lockdown è stato difficile spiegare alle mamme che non potevano uscire – ricorda Sara– Devo però dire che le ospiti della casa dove lavoro sono state brave a comprendere il rischio, seppur con dei momenti di crisi perché anche convivere con altre mamme che non hanno scelto non è stato facile, quindi inizialmente è stata dura, perché a volte le mamme avevano un po’ la tendenza forse a sottovalutare il pericolo”.

Nei mesi dell’emergenza la quotidianità ha viaggiato su ritmi differenti e con i bimbi in casa tutto il giorno  gli operatori hanno dovuto dar fondo a tutta la loro fantasia per cercare di creare per i piccoli ospiti momenti di serenità e di svago: Le mamme non potevano uscire. Andavamo noi operatori a fare la spesa o l’acquistavamo direttamente on line  – spiega Sara – Anche avere i bambini in casa tutto il giorno è stato impegnativo. Ci siamo reinventate. Abbiamo fatto più giochi manuali e attività, cercando di coinvolgere di più i minori per permettergli di trascorrere nel modo più sereno possibile quei giorni”.

Creatività. Pazienza. Impegno. Attenzione alla sicurezza.

Sembrano essere state queste le linee guida che hanno  ispirato l’attività  degli operatori di Ai.Bi. durante la prima fase dell’emergenza e che ancora oggi continuano a mantenere nel loro lavoro: “ Anche quest’estate abbiamo cercato di tenere un profilo di sicurezza abbastanza alto – riferisce Sara – Le mamme sono uscite lo stretto necessario, magari per fare la spesa. Rispetto alla prima fase qualche uscita in più c’è stata, ma con l’utilizzo di presidi sanitari e mascherine. Abbiamo cercato di trasmettere loro l’idea che il covid non è sparito e dovevano continuare a prestare attenzione. Abbiamo tentato di non far prendere tante volte alle mamme i mezzi pubblici e di evitare i posti molto affollati”.

È stato un periodo impegnativo quello appena trascorso per Sara e per tutti gli operatori di comunità di Ai.Bi. Il loro lavoro non si è mai fermato ed è stato come sempre prezioso ed importante anche se più difficile e faticoso in questa lunga e strana estate.

 Maria Cristina Sabatini