La tremenda “fame di mamma” dei bambini abbandonati

La tragedia della piccola Diana, morta dopo essere stata abbandonata da sua mamma per 6 giorni, chiama tutti gli uomini a chiedersi quando l’adozione potrà essere considerata un diritto assoluto di ogni bambino abbandonato, al di là di ogni barriera etnica, sociale, culturale

La tragedia della piccola Diana, la bambina di 18 mesi morta dopo essere stata lasciata da sola in casa per 6 giorni, ha colpito tutti per la sua crudeltà e “insensatezza”. Chi è genitore o nonno è immediatamente inorridito immaginandosi genitore, o nonno, di una bambina cui capitasse una cosa del genere. Ma anche chi non ha figli ha percepito immediatamente l’abisso di quanto accaduto. Un abisso che non trova spiegazioni razionali e che non può essere attenuato da chi dice che “tanto i bambini piccoli non capiscono ciò che capita loro intorno”. Perché, purtroppo, non è così. Lo sa bene chi, come fa Ai.Bi. da 40 anni, gira per gli orfanotrofi di tutto il mondo e tocca con mano la tremenda “fame di mamma” che attanaglia il cuore e l’anima di ogni bambino, anche di coloro che una mamma non l’hanno mai conosciuta.
Cosa avrà passato Diana in quei tremendi, lunghissimi, infiniti sei giorni? È difficile anche solo provare a pensarci, tanto la vicenda appare terribile.
Eppure, per una piccola Diana la cui storia viene conosciuta e condivisa da tutti, quante Diana ci sono nel mondo di cui nessuno sa nulla? Quante bambine e quanti bambini stanno vivendo il tremendo dramma dell’abbandono nel silenzio generale? Quanti di loro stanno “morendo nel cuore” divorati, sfiniti, terrorizzati dalla “fame di mamma” che non trova nutrimento?

Considerare l’adozione come un diritto incondizionato di ogni bambino abbandonato

È umano, davanti alla tragedia che si è consumata, cercare di trovare delle risposte, delle motivazioni, delle attenuanti che smorzino l’angoscia. Ma la vera risposta non la si può trovare che oltre la contingenza di una singola vicenda, per quanto terribile. La si può trovare solo nella consapevolezza che i bambini non sono proprietà assoluta di chi li ha messi al mondo; appartengono a se stessi e al loro sacrosanto “diritto di essere figli”. Ovunque e comunque. Al di là del loro stesso sangue.
Invece, schiavi della cieca cultura della “sacralità” della famiglia d’origine, si cerca a tutti i costi di mantenere la relazione con i genitori naturali, anche quando questa non c’è mai stata o è stata definitivamente compromessa. A quanti drammi come quelli della piccola Diana dovremo ancora assistere impotenti, allora?
È arrivata l’ora di considerare le bambine e i bambini abbandonati come delle “vere persone” in tutto e per tutto, dotate di una loro identità definita, esclusiva; titolari del sacrosanto diritto di chiedere a noi, membri di una società che continuiamo a definire civile, la soddisfazione della loro “fame di mamma”.
Una fame che l’adozione può soddisfare, se solo venisse finalmente considerata come un diritto assoluto e incondizionato di tutti i bambini abbandonati, al di là di ogni barriera etnica, sociale, culturale. Solo allora, forse, la tragedia della piccola Diana non sarà stata inutile.