Detenute con figli in carcere. Quali soluzioni per un equilibrato sviluppo del bambino?

L’ingresso in case-famiglia della mamma e del bambino o quando non sia possibile l’affido diurno, potrebbero essere la soluzione

 Nell’ambito della famiglia e dell’infanzia, un argomento di cui si parla davvero troppo poco, è quello dei minori che vivono in carcere con la propria mamma, o nel caso in cui questa sia deceduta o “assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole”, con il proprio papà.

Il sito dell’Agia (Autorità garante dell’infanzia e dell’adolescenza) informa come dai dati del Ministero della Giustizia aggiornati al 31 maggio scorso “risultino presenti nelle strutture detentive italiane 17 detenute madri, con un totale di 20 figli minorenni al seguito”.

Gli istituti penitenziari – dichiara Carla Garlatti, autorità garante infanzia e adolescenza- seppure a custodia attenuata per detenute madri come gli Icam, non sono luoghi per bambini e non sono idonei ad assicurare un equilibrato sviluppo psicofisico. Si tratta, a volte, di bambini piccolissimi e, quindi, in condizione di estrema vulnerabilità”.

Come tutti i bambini, per poter crescere al meglio, anche questi piccoli hanno bisogno di essere quotidianamente stimolati, di socializzare, di vivere il contatto con il mondo esterno, anche per non essere intimoriti.

La legge 62 del 2011, nata, si legge sull’ Osservatorio Diritti “con l’intenzione di far uscire i bambini dagli Istituti di pena femminili promuovendo sei Istituti a custodia attenuata per madri (Icam), […] ha finito per raddoppiare la carcerazione dei più piccoli, che possono stare in queste strutture fino a 6 anni d’età, contro i 3 previsti in precedenza”.

 Cosa fare?

Nel mese di giugno, l’Autorità Garante Carla Garlatti ha richiesto con una nota, al Ministero della Giustizia e a quello delle Finanze, di “sbloccare quanto prima i 4,5 milioni di euro per accogliere i genitori detenuti con bambini in case-famiglia protette e in case alloggio”, un decreto che sarebbe dovuto essere adottato entro due mesi dall’entrata in vigore della legge di bilancio 2021 “per poter utilizzare a tale scopo 1,5 milioni di euro per ogni annualità fino al 2023”.

 E qualora non sia possibile mettere la mamma agli arresti domiciliari o in casa-famiglia?

Potrebbe arrivare in soccorso l’istituto dell’affidamento diurno. Di giorno fuori e la notte con la mamma. Una risorsa preziosa anche per favorire l’integrazione della famiglia quando si sarà scontata la pena all’interno del carcere.